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Il grano e le speranze di Kyiv adesso passano dal Danubio

Razoni grano Ucraina

In seguito alla fine dell’accordo sul grano, si cercano vie alternative per far arrivare i prodotti ucraini sul mercato globale. E al momento, l’opzione del Danubio sembra essere quella più adatta

Mentre nella prima fase del conflitto ucraino il Mar Nero svolgeva un ruolo marginale come teatro del confronto tra la Russia e l’Ucraina, col passare dei mesi questo specchio d’acqua ha cominciato a rivestire un’importanza sempre crescente rispetto alle dinamiche militari, politiche ed economiche della guerra. In seguito al ritiro della Federazione Russa dall’accordo sul grano, nelle ultime settimane il Ponto Eusino ha assistito ad un notevole incremento delle attività belliche, con Mosca impegnata a stabilire un blocco navale pressoché totale dei porti ucraini e Kyiv che lotta sia per vanificare questo sforzo che per infliggere pesanti danni alla flotta nemica. Anche se alcune proposte in tal senso sono già state avanzate, in questo contesto risulta difficile pensare di proseguire con il trasporto di beni alimentari ucraini. Per questo motivo si stanno cercando soluzioni alternative.

Un funzionario dell’amministrazione statunitense ha infatti riportato di alcune discussioni in corso per sviluppare un percorso fluviale: l’11 agosto, rappresentanti degli Stati Uniti, della Moldova e della Romania si sarebbero incontrati nella città di Galati proprio per discutere i dettagli dell’operazione. Questo piano, sostenuto anche da Washington, prevederebbe uno sviluppo di infrastrutture tale da permettere all’Ucraina di trasportare a partire da ottobre 2023 ben quattro milioni di tonnellate di grano al mese lungo il Danubio, fino ai porti romeni situati lungo il delta. Da qui, le navi potrebbero salpare secondo le “rotte standard” grazie alla copertura difensiva offerta loro dalla partecipazione della Romania alla Nato. Un attacco contro queste navi significherebbe di fatto un’aggressione ad un paese membro, con una conseguente attivazione dell’Articolo 5 dell’Alleanza. A Galati era presente anche Magda Kopczynska, alto funzionario della Commissione europea per i trasporti, la quale ha dichiarato che si sta valutando anche la possibilità di esportare il grano ucraino attraverso i porti polacchi, baltici e adriatici, ma che “il collegamento con il Danubio si è dimostrato il più efficiente”.

A dimostrarlo sono i dati: nel primo semestre del 2023, quasi 11 milioni di tonnellate di prodotti agricoli ucraini sono transitate per questo tratto, quasi quanto gli 11,5 milioni di tonnellate trasportati in tutto il 2022. Numeri importanti, che hanno ovviamente attirato l’attenzione di Mosca. Nelle prime ore di mercoledì 16 agosto, a pochi giorni di distanza dalla riunione tenutasi a Galati, i russi hanno sferrato una attacco con alcune ondate di droni contro le infrastrutture portuali ucraine sul Danubio, danneggiando alcuni magazzini e silos di grano. Un attacco coerente con la loro strategia di blocco navale, che conferma le potenzialità che questa via potrebbe avere. Motivo che spinge tanto Mosca a bloccare questa rotta quanto gli alleati occidentali ad aprirla.

L’Ucraina è infatti uno dei principali esportatori di grano, mais e olio di girasole, e l’interesse internazionale nel mantenere aperti i canali commerciali con Kyiv sono molto forti. Secondo il Dipartimento di Stato, i prezzi dei prodotti alimentari sono aumentati del 10% da quando la Russia è uscita dall’accordo sul Mar Nero il mese scorso. Cifre importanti, ma relativamente basse se paragonate agli aumenti verificatisi nei primi mesi successivi allo scoppio del conflitto. Tramite questi nuovi canali, la speranza è quella di riuscire a far fluire nella rete commerciale globale sia i raccolti estivi che quelli del prossimo autunno.

Viceversa, l’obiettivo della Russia è quello di bloccare queste vie di comunicazione commerciali, sia per privare Kyiv di preziose risorse economiche che gli permettono di portare avanti lo sforzo bellico, sia per aumentare la pressione internazionale per una risoluzione del conflitto che sia il più veloce possibile, anche al costo di sacrificare parti del territorio ucraino.

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