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Banche e voli, nessuno statalismo ma uno Stato “regolatore”. Parla Di Gregorio

Nessuno scivolamento a sinistra, semplicemente la visione economica di uno Stato che controlla e in alcuni casi interviene nei meccanismi del mercato. Gli ultimi provvedimenti del governo su banche e voli colpiscono i potentati economici a favore dei cittadini, togliendo argomenti all’opposizione. La lettura del professore di comunicazione politica all’Università della Tuscia

Prima la decisione di tassare gli extraprofitti degli istituti di credito. Misura difesa con le unghie dalla premier Giorgia Meloni ieri in un video. Poi, la norma per contrastare il caro-voli che fa infuriare l’amministratore delegato di Ryanair, Eddie Wilson. Anche la Commissione Europea ha chiesto chiarimenti sul provvedimento, puntualizzando comunque che a stabilire i prezzi deve essere il (libero) mercato. Insomma, ci si chiede, il governo sta virando verso una direzione più socialisteggiante, marginalizzando la componente liberale? “No, è una linea di politica economica molto coerente con la tradizione di Fratelli d’Italia: una visione dello Stato come regolatore”. È la lettura di Luigi Di Gregorio, docente di comunicazione politica all’università della Tuscia.

Professore, non c’è una componente statalista in queste misure varate dall’esecutivo?

Una premessa. Da ormai diverso tempo la politica economica di destra e la politica economica di sinistra sono difficilmente distinguibili. Così come la politica estera. Ormai per risalire alla connotazione identitaria degli schieramenti occorre valutare le questioni più legate ai diritti e in particolare a quelli civili. Differentemente da quanto accadeva una volta, quando l’orientamento sulla politica economica era un elemento fortemente caratterizzante. Nel merito, non si tratta di statalismo. Questi interventi rappresentano la conferma di una linea da tempo adottata in particolare dall’“ultima” Lega e da Fratelli d’Italia.

A un prima lettura, tuttavia, possono apparire come provvedimenti “di sinistra”. 

Sì, ma è una lettura un po’ datata. In realtà l’idea del governo è quella di colpire i grandi potentati economici (in cui rientrano anche le grandi compagnie aeree), promuovendo delle misure a favore di famiglie e cittadini comuni. E questa è una delle ragioni per le quali il voto “periferico” si è progressivamente spostato verso destra e il Pd è diventato il partito della Ztl.

Non le pare che questa direzione rappresenti un rischio per la componente liberale del centrodestra?

Forza Italia si è smarcata, ma non tanto per creare problemi alla maggioranza quanto perché in questo momento – in particolare dopo la morte del Cavaliere – ha la necessità di distinguersi e trovare argomenti diversi. Non so poi, elettoralmente, quanto paghi. In generale, non solo in Italia, la visione della destra iper-liberista ha sempre meno “spazio” politico. E questa è una conseguenza del fatto che il mercato, negli anni e in particolare dopo la grande crisi del 2009, ha mostrato tutti i suoi limiti. Dalla distribuzione della ricchezza alle bolle finanziarie.

Se la “rivoluzione liberale” è un retaggio del passato, elettoralmente paga la visione di uno stato che interviene nei meccanismi del mercato?

Certo. La decisione di tassare gli extraprofitti delle banche è stata molto apprezzata dagli italiani. Non solo. Penso che molti cittadini abbiano fatto il ragionamento sui tassi che ha fatto il premier nel suo video.

Sui rialzi?

Sì. Le persone, legittimamente, si interrogano sul perché a fronte di continui rialzi sui mutui (che comportano rate più onerose) non ci sia un parallelo rialzo sui tassi applicati ai conti correnti.

Una mossa politicamente furba, insomma. 

Una mossa che toglie molto terreno alle opposizioni. E che, in fondo, rivela la provenienza politica di Giorgia Meloni: la destra sociale. Peraltro, va detto, che questa “virata” verso una visione più “sociale” anche in ambito economico non è propria solo del nostro Paese, ma è un processo comune a tanti partiti di destra a livello europeo. Ma questo, torno a ribadirlo, non significa essere diventati improvvisamente degli statalisti. Significa avere l’idea di uno Stato che debba controllare e, laddove ne ravveda la necessità, intervenire.

L’ira di Ryanair sul caro voli, non le pare un po’ strumentale (oltre che eccessiva l’accusa al governo di aver emanato un “decreto sovietico”)?

Francamente mi fanno sorridere le dichiarazioni di Wilson, che chiede maggiore concorrenza quando la compagnia aerea di cui è ceo è stata più volte punita in Europa dall’antitrust per comportamento anti-concorrenziale.

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