Il ministro Crosetto ha dimostrato che il governo di centrodestra riesce a reggere allo stress-test. Tra Donzelli e il titolare della Difesa le posizioni non sono inconciliabili: sono il frutto di una dialettica interna di un partito che sta crescendo. Conversazione con il giornalista e scrittore Mauro Mazza
Tutto sotto controllo. Ciò che sta accadendo in Fratelli d’Italia e – soprattutto – alla sua destra, a partire dal caso Vannacci “è il sintomo di un partito in crescita che, esattamente come accadeva nella Democrazia Cristiana, si sta articolando in correnti”. Mauro Mazza, giornalista e scrittore, non vede, nello scontro tra le opinioni del ministro della Difesa Guido Crosetto e alcuni colonnelli di FdI, un principio di scissione. Anzi, dice a Formiche.net, da questa vicenda “il partito ne può uscire rafforzato”.
Mazza, quindi lei non vede nessun rischio all’interno del partito di Giorgia Meloni?
Non penso proprio possa accadere. Ma prima una premessa: a me pare che in tutta questa vicenda si stia assistendo a una forma di intolleranza assoluta rispetto a opinioni diverse dal mainstream. È la nuova frontiera della censura da parte dei sacerdoti della cultura woke. Un’intolleranza perpetrata da chi si professa tollerante. Che fine ha fatto Voltaire?
Guido Crosetto, agendo da ministro della Repubblica, ha dimostrato che il governo di centrodestra è capace di reggere allo stress-test. Molto più di altri. Lei come la vede?
Sicuramente Crosetto ha dimostrato di reggere allo stress test, anche se mi sembra più che altro uno stress dovuto a un pressing mediatico. A ogni modo ribadisco che, a mio modo di vedere, non vedo in questa dialettica interna al partito il principio di una grande contrapposizione. Anzi, in qualche modo è segno di maturità e crescita.
Come fanno a convivere due anime così differenti?
La sfida dei grandi partiti è proprio questa. Esattamente come succedeva ai tempi della Democrazia Cristiana. Arrivo a dire un’altra cosa: vedo molta meno distanza tra le posizioni di Crosetto e Donzelli rispetto a quelle che esprimevano Donat-Cattin e Andreotti. Nessuno, però, sconfessava l’altro. E ora accade la stessa cosa.
Tanti si chiedono da che parte stia Giorgia Meloni. Lei che idea si è fatto?
Alcuni hanno ipotizzato che lei, da dietro le quinte, abbia mandato avanti i suoi – Donzelli e Bignami – per assumere determinate posizioni in difesa della libertà di espressione del generale Vannacci. Non lo escludo. Ma allo stesso tempo non ha mai smentito Crosetto. Per cui, secondo me, lei si sta comportando da vera leader che coagula le diverse sensibilità e ne interpreta la sintesi.
Non le sembra che questa dialettica, interna ed esterna a FdI, rischi di assomigliare, a parti inverse, allo spauracchio del nemico a sinistra che aveva il Pci e che poi lo fece implodere? Basti prendere in considerazione le frasi che ha pronunciato Gianni Alemanno.
A me non sembra che si corra questo pericolo, posto che non tengo neanche in considerazione formazioni come Forza Nuova o CasaPound. Alemanno, in fin dei conti, è uno “di casa” per FdI. Non è un esponente di un gruppo estremista. Anzi, ci si potrebbe aspettare che un domani possa tornare tra i ranghi. Mi spingo oltre. Se verrà costituito in Italia un grande partito conservatore, mi aspetto che riesca a coagulare tantissime forze politiche, anche con sfumature di sensibilità diverse tra loro. Tanto per intenderci: da Lupi ad Alemanno stesso.