Skip to main content

Ecco a che punto è la gara tra Usa e Cina per militarizzare l’IA

Quello militare è uno degli aspetti principali nella competizione tecnologica tra Washington e Pechino, competizione in cui l’IA svolge un ruolo da protagonista. Tra investimenti massicci e progressi sostanziali, i due attori globali cercano di arrivare al traguardo prima dell’avversario

Che l’Intelligenza Artificiale rappresenti uno dei fronti più caldi all’interno dell’ampia competizione tecnologica in corso tra la superpotenza statunitense e quella cinese, non vi è alcun dubbio: chi per primo riuscirà a gestire e sfruttare efficacemente e in modo ottimale le potenzialità di questa disruptive technology guadagnerà un vantaggio decisivo nei confronti dell’avversario, vantaggio che sarà sfruttabile in tutta una serie di settori differenti.

Tra questi non manca, ovviamente, quello militare. Gli sforzi per sviluppare tecnologie belliche basate sull’intelligenza artificiale vanno avanti oramai da decenni; tuttavia, se fino a pochi anni fa questi sforzi apparivano come marginali, i progressi ottenuti durante gli ultimi mesi e l’impiego nel conflitto ucraino di apparecchi parzialmente basati sull’IA hanno ridato forza allo sviluppo di simili tecnologie, tanto a Oriente che a Occidente. A dimostrarlo sono i numeri: gli sforzi del Center for Security and Emerging Technology, un gruppo di lavoro facente capo alla Georgetown University di Washington, hanno mostrato che circa un terzo di tutti i contratti d’appalto militare non secretati negli Stati Uniti e in Cina (relativi a un periodo di otto mesi compresi nel 2020) riguardava o veicoli intelligenti e autonomi o Strumenti di intelligenza artificiale per l’intelligence, la sorveglianza e la ricognizione. Lo stesso studio ha evinto come i progetti militari legati all’IA rappresentassero la maggioranza anche analizzando singolarmente i programmi di Stati Uniti e Cina.

Investimenti importanti (stimabili in termini di miliardi di dollari) dunque, destinati alla ricerca e allo sviluppo ma anche alla realizzazione di prototipi e di esperimenti operativi. Nell’Aprile di quest’anno Stati Uniti, Regno Unito e Australia hanno portato avanti un’esercitazione congiunta in cui sono stati impiegati sciami di droni che impiegavano l’Intelligenza Artificiale per tracciare veicoli terrestri come carri armati, cannoni semoventi e veicoli blindati. Durante l’esercitazione, gli organizzatori hanno dichiarato di aver addestrato i droni mentre erano in volo, trasmettendo aggiornamenti ai programmi di puntamento dell’intelligenza artificiale. Pochi mesi prima di quest’esercitazione, la Defense Advanced Research Projects Agency (Darpa), ente di coordinamento per lo sviluppo di nuove tecnologie in seno alle forze armate degli Stati Uniti, ha appaltato un contratto per la realizzazione di un progetto di “sciame di sciami”, che potrebbe potenzialmente combinare sciami di droni a guida artificiale nella dimensione aerea, marittima e terrestre. Mentre è di qualche settimana fa la notizia della creazione da parte del Pentagono di una task force atta a studiare l’adozione dell’Intelligenza Artificiale all’interno del Dipartimento della Difesa.

Ma anche dall’altra parte del Pacifico simili meccanismi si sono messi in moto. I media governativi cinesi riportano infatti di un recente esperimento realizzato dall’Università nazionale cinese di tecnologia della difesa, in cui uno sciame di decine di droni avrebbe superato i segnali di disturbo aiutandosi a vicenda. In un secondo momento, senza l’aiuto di un operatore umano, questo sciame avrebbe trovato e distrutto un obiettivo dirottando su di esso una loitering munition compresa all’interno dello sciame stesso.

I recenti progressi nell’IA non hanno infatti aumentato solamente le aspettative per le possibili applicazioni belliche, ma hanno anche suscitato timori che gli Stati Uniti possano rimanere indietro rispetto alla Cina. Timori che il presidente di una sottocommissione del Comitato per i servizi armati della Camera Mike Gallagher ha espresso nel luglio scorso, quando ha affermato che “se la Cina vincerà la competizione sull’IA “probabilmente userà questa tecnologia per scopi malvagi”.

Timori rafforzati, volutamente o meno, dalla Repubblica Popolare stessa, che nel 2021 ha mostrato ufficiali dell’Esercito Popolare di Liberazione impegnati a studiare le potenzialità dei big data e dell’IA nell’individuazione dei punti critici dell’apparato militare statunitense in preparazione di una serie attacchi chirurgici realizzati in maniera simultanea.

Non è ancora chiaro dunque se questa competizione vedrà uscire come vincitrice Washington o Pechino. Ma quel che appare oramai come certo è che chi riuscirà per primo ad integrare efficacemente l’IA nel proprio apparato militare svilupperà un vantaggio decisivo, con importanti ricadute anche sul piano politico internazionale.


×

Iscriviti alla newsletter