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Ecco come il nuovo drone dell’Usaaf impatta sul campo di battaglia

Drone Valkyrie

Il Pentagono vede nello sviluppo dei nuovi velivoli guidati dall’intelligenza Artificiale la chiave per mantenere la sua storica superiorità. Tramite questi macchinari l’Usaaf riuscirebbe a coniugare qualità e quantità, e a mantenere estremamente alte le sue capacità operative globali

Estate 2023, base aerea di Eglin, Florida. Ross Elder, maggiore dell’United States Army Air Force (Usaaf), decolla con il suo F-15 per un volo di addestramento. In cielo, il velivolo di Elder viene affiancato dal suo nuovo gregario. Ma nel secondo apparecchio non c’è nessun pilota. O meglio, nessun pilota umano.

Il XQ-58A “Valkyrie”, prodotto dall’azienda statunitense Kratos, è ancora un prototipo, ma le sue potenzialità sono molto promettenti. A partire dalle caratteristiche tecniche: ampissima portata, capacità stealth e possibilità di impiego di missili a lungo raggio. Caratteristiche a cui si aggiunge il vero game-changer, ovvero la guida dell’Intelligenza Artificiale. “È una sensazione molto strana. Sto volando accanto a qualcosa che prende le sue decisioni da solo. E non è un cervello umano” è il commento di Elder riportato dal New York Times. Nei piani dell’Usaaf, il Valkyrie dovrebbe agire come un “braccio robotico” del centro decisionale, ovvero del pilota. Che sarebbe in ogni caso il decisore ultimo, soprattutto per quel che riguarda le azioni cinetiche, e quindi potenzialmente letali. In un ruolo di totale supporto: così come nella mitologia norrena le Valchirie cavalcavano accanto ad Odino, così il nuovo drone è progettato di cavalcare accanto al pilota.

Pur essendo ancora nelle prime fasi del suo sviluppo (motivo per cui l’utilizzo del condizionale d’obbligo), la tecnologia dell’Intelligenza Artificiale in generale, e il progetto Valkyrie nello specifico, rappresentano un’opportunità che il Pentagono non può permettersi di perdere. La spiegazione è semplice: l’attuale composizione delle forze aeree di Washington, nella quale si può facilmente notare un predominio assoluto della qualità sulla quantità, potrebbe, una volta messa alla prova sul piano pratica, rivelarsi inadatta a sostenere un confronto militare con attori ostili, e in primis con la Repubblica Popolare Cinese. Seppur incapace (almeno al momento) di sviluppare apparecchi aerei così sofisticati da pareggiare in efficienza quelli statunitensi, la People’s Liberation Army Air Force sta aumentando costantemente il numero di apparecchi in servizio, in contrapposizione al trend seguito dall’Usaaf che invece preferisce ridurre il numero di velivoli operativi, purché questa riduzione non infici la sua efficienza generale. Inoltre, vi è il rafforzamento della military posture che Pechino sta portando avanti nel teatro indo-pacifico, che sul piano pratico si traduce nella proliferazione di installazioni radar e sistemi missilistici anti-aerei. Il risultato combinato di questi due fattori è un livello di accessibilità in decisa diminuzione per le forze aeree americane a settori di estrema rilevanza, come il Mar Cinese Meridionale o lo stretto di Taiwan.

Proprio per evitare il verificarsi di un simile scenario, il Dipartimento della Difesa di Washington ha deciso di puntare sugli Uncrewed Combat Aerial Systems (Ucas), a cui alcuni esperti del settore fanno non a caso riferimento come ad un “affordable mass”, una massa sostenibile. Sostenibile innanzitutto a livello economico: mentre il costo di produzione di un singolo F-35 si aggira intorno agli 80 milioni di dollari, la costruzione di un esemplare di Valkyrie comporta una spesa totale di circa 3 milioni di dollari. Con le stesse risorse, anziché un singolo apparecchio se ne possono produrre quasi 30. Ma la sostenibilità va oltre: il sistema di guida basato sull’IA fa sì che, in caso di abbattimento, non venga messa a repentaglio la vita di un pilota, sempre più preziosa in un contesto di società post-eroica dove la tolleranza alle perdite in situazioni belliche diminuisce sempre di più, ma anche di alta sofisticazione delle tecnologie. I lunghi periodi di addestramento necessari a maneggiare efficacemente gli apparecchi moderni (il caso degli F-16 destinati a Kyiv ne è soltanto un piccolo reminder) rendono sempre più prezioso il know-how di un pilota esperto, già decisivo nel 1940 durante la Battaglia d’Inghilterra, ancora più fondamentale nel ventunesimo secolo. Soprattutto considerando come questi droni, seppure in grado di muoversi e di operare autonomamente, restino comunque dipendenti dal volere del pilota, che può ordinare loro di compiere determinate azioni in base all’evolversi della situazione tattica.

La produzione in serie degli Ucas garantirebbe all’Usaaf un numero di apparecchi sufficientemente elevato per operare con successo in contesti di pesante attrito, come quello che si delinea nella regione indo-pacifica. E la sola possibilità di poter realizzare una simile operazione avrebbe un impatto rilevante sugli equilibri di potere tra Pechino Washington, nonché nella capacità di deterrenza di quest’ultimo nei confronti dell’avversario asiatico. Ma risulta difficile credere, di fronte a questa eventualità, che il Dragone se ne starà con le mani in mano.



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