La Turchia e il Kazakistan avviano un progetto condiviso per la costruzione di nuove navi da guerra, a sostegno delle ambizioni geopolitiche di Astana nel Caspio. Questa dinamica si incastra perfettamente nel processo di riavvicinamento generale portato avanti da Istanbul nei confronti dei Paesi del bassopiano turanico, cercando di attirarli nella sua orbita. E di allontanarli da quella di Mosca
Sin dai tempi sovietici Mosca ha sempre dominato le acque del Mar Caspio, considerato quasi alla stregua di un mare interno. Tuttavia, negli ultimi anni la Flottiglia del Caspio della Marine Militare Russa sembra avviata a perdere la sua supremazia in queste onde. Non tanto a causa di Paesi litoranei come Turkmenistan o Iran, le cui piccole flotte a sono state sviluppate principalmente per assolvere a funzioni di ricerca e soccorso o di protezione delle infrastrutture energetiche offshore, quanto piuttosto per le ambizioni di altri attori. Come ad esempio il Kazakistan.
Pur non avendo ricevuto alcun vascello in seguito alla dissoluzione dell’Unione Sovietica, Astana si è da subito prodigata per dotarsi di una marina militare capace di operare nel bacino del Caspio, acquistando navi prodotte da Paesi stranieri o costruendole con l’ausilio di aziende produttrici estere. Come risultato, la flotta militare del Kazakistan è divenuta la più numerosa tra tutte quelle degli stati litoranei, Russia compresa. Anche se quest’ultima continua a detenere il primato in termini di potenza di fuoco, la Flotta di Astana sembra essere più adatta alle condizioni operative di un bacino idrico segnato dall’insabbiamento, grazie alle piccole dimensioni e alla capacità di navigare in acque meno profonde. E mentre la Russia destina sempre meno risorse alla Flottiglia del Caspio, il Kazakistan incrementa il numero di effettivi. Affidandosi a partner non usuali.
Dopo aver collaborato per anni con la Federazione Russa nei progetti di costruzione di nuove unità per la marina militare (con l’ultimo accordo siglato nel 2010), Astana ha deciso di guardare altrove. Risale a pochi giorni fa la notizia dell’intesa raggiunta tra il produttore kazako Zenith e le controparti turche ASFAT e YDA Group per la costruzione di nuovi vascelli nell’impianto cantieristico di Uralsk. Sebbene questa rappresenti la prima forma di cooperazione in ambito navale tra Turchia e Kazakistan, essa si inserisce in un più ampio sistema di collaborazione tra industrie turche e kazake nel settore della difesa e della sicurezza.
Che a sua volta si inserisce in un più generale progetto di rafforzamento dei legami economico-militari promosso da Istanbul nei riguardi dell’intero Turkestan. Le ambizioni panturaniche del presidente turco Recep Tayyip Erdoğan sono ben note, e agiscono da propulsore della politica estera turca sul fianco orientale del Paese. Il sostegno all’Azerbaijan durante il conflitto in Nagorno Karabakh e l’avvicinamento ai paesi “Stan” all’indomani dello scoppio della crisi in Ucraina ne sono un esempio perfetto, anche perché tutte queste iniziative condividono il minimo comune denominatore di andare a detrimento degli interessi di Mosca nella regione. Facilitando lo sganciamento kazako dalla Russia nel settore dell’industria della difesa Istanbul sostiene di conseguenza l’autonomia diplomatica dello stato dell’Asia Centrale.
Tuttavia, queste operazioni vanno considerate per quel che sono: piccoli tentativi di erodere la supremazia russa nella regione. Non solo mosca continua a rappresentare un partner fondamentale sul piano diplomatico per Astana e le altre capitali dell’area, ma essa rimane in assoluto la potenza militare dominante. Al tempo stesso però non è impossibile dire che nel medio-lungo periodo l’effetto domino di tutte queste iniziative, così come l’evolversi del contesto geopolitico globale, porti ad una trasformazione dello scenario locale, con una Federazione Russa in una posizione di forze decisamente inferiore rispetto a quella attuale.