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Dagli extra profitti alle liberalizzazioni, come spinge il governo la crescita economica?

La crescita è importante in tutte le economie del mondo ma è vitale in Italia con un rapporto debito pubblico/Pil del 150%. Cioè se c’è crescita il debito diminuisce, i tassi di interesse si abbassano e si innesca un circolo virtuoso di sviluppo. Se manca la crescita succede il contrario… Il commento di Francesco Sisci

Anche alla luce dell’improvvisa decisione per la tassa degli extra profitti delle banche la domanda è basilare: come pensa il governo di spingere la crescita economica italiana?

Martedì le quotazioni in Borsa delle grandi banche, prime vittime della decisione, sono crollate, e si affaccia un interrogativo più grande sullo stato delle finanze italiane.

Infatti, la crescita è importante in tutte le economie del mondo ma è vitale in Italia con un rapporto debito pubblico/Pil del 150%. Cioè se c’è crescita il debito diminuisce, i tassi di interesse si abbassano e si innesca un circolo virtuoso di sviluppo. Se manca la crescita succede il contrario.

Ora il governo ha, giustamente, chiuso con gli sprechi del Reddito di cittadinanza e compagnia. Allo stesso tempo però non appare finora alacre a inseguire i fondi del Pnrr. Poi si mostra ritroso a favorire le liberalizzazioni (quella sui taxi o le spiagge, per esempio) né è particolarmente attivo per le semplificazioni burocratiche che potrebbero dare una marcia in più alle imprese.

Certo il Pnrr e le liberalizzazioni non sono a costo politico zero, anzi. Essi vanno a colpire interessi piccoli e grandi che non intendono cambiare lo status quo, e anzi vogliono durare un giorno in più come certi malati terminali. Quindi, il governo, è comprensibile, è restio a scontentare una parte del suo elettorato.

D’altro canto però, senza redditi gratis-gratis, senza Pnrr e senza liberalizzazioni e sburocratizzazioni, la crescita non può venire da alcuna parte. Cioè per migliorare i conti servono investimenti produttivi o facilitazioni a nuovi sviluppi d’impresa, e magari entrambi. Senza l’uno o l’altro il Pil si asciuga e il debito cresce in proporzione e in assoluto. È quello che sta per accadere nel Paese.

Per fortuna ci sono aiuti indiretti altrove. La Germania, da sempre il motore della Ue, è in gravi difficoltà, praticamente un passo dalla recessione. Aveva scommesso sul gas russo e sul mercato cinese, entrambi l’hanno tradita, per motivi diversi. Perciò con Berlino in crisi non sale lo spread degli interessi tra titoli del tesoro tedeschi e italiani — la forbice potrebbe rendere insolvente l’Italia.

L’opposizione pare assente. Gli americani, ultimo grande “influencer” delle questioni nazionali, hanno quello che vogliono, l’appoggio all’Ucraina. Di più non chiedono, visto che l’Italia è troppo complicata e ha troppo poco peso per interessarsene al di là di un tanto. Quindi il premier Giorgia Meloni può stare tranquilla. Per ora.

Ciò non toglie che i problemi economici rimangono e si approfondiscono col tempo. Cioè, se il rapporto debito/Pil torna a crescere tutte le questioni di ieri ricompaiono con gli interessi e senza i fondi e la spinta del Pnrr.

Il Pnrr invece era l’occasione per spingere ad abbassare quel rapporto e far partire le liberalizzazioni.

Un governo di destra, liberale, con una maggioranza schiacciante e senza opposizioni avrebbe dovuto approfittarne e iniziare a cambiare l’Italia. Così finora non è stato. Non si sa se lo sarà nel prossimo futuro.

Per carità, le ragioni per non affrontare questi nodi sono certamente moltissime e preponderanti rispetto ad altre prospettive molto più incerte. Forse è poi giusto così. Basta saperlo.

Un campanello d’allarme però è la tassa sugli extra profitti bancari. Qualcosa non gira e andrebbe affrontato con sistematicità. Magari la misura sulle banche poi è una prima misura liberale per limitare il potere delle banche cresciuto in questi anni. Dovremo vedere.


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