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Grano e diplomazia, perché i porti croati possono sbloccare l’impasse. Parla Politi

Conversazione con il direttore della Nato Defense College Foundation: “Nel nostro Adriatico è difficile che ci siano azioni ostili. Certo, se qualche gruppo di reduci estremamente distruttivi come quelli che hanno distrutto Nord Stream uno e Nord Stream due si mettesse in testa di posare delle mine, allora sarebbe un’altra partita”

Nel nostro Adriatico è difficile che ci siano azioni ostili, dice a Formiche.net il direttore della Nato Defense College Foundation, Alessandro Politi. Certo, se qualche gruppo di reduci estremamente distruttivi come quelli che hanno distrutto Nord Stream uno e Nord Stream due si mettesse in testa di posare delle mine, allora sarebbe un’altra partita.

Il coinvolgimento della Croazia è reale, fattibile, concreto?

Ammesso che poi funzioni, serve per mostrare una strada alternativa al grano ucraino, che il porto di Odessa venga bombardato ancora o meno. Da un punto di vista politico e negoziale è un modo per dire ai russi che esiste un piano B. Inoltre i convogli terrestri potrebbero essere bersagliati dai russi: oltre il confine sarebbero al sicuro, ma prima? Bombardare i convogli di grano fa parte dell’indebolimento del potenziale economico al servizio dello sforzo bellico avversario. Già nel Medioevo non si bruciavano i raccolti di grano?

Crede al ruolo di Erdogan all’interno di un accordo ucraino-turco?

Al ruolo di Erdogan credo, ma non come porto per esportare il grano ucraino. Credo al ruolo di Erdogan come mediatore perché nel frattempo Putin si è accorto che, con la dinamica questo accordo, potrebbe essere ancora più dipendente dalla Cina e dalla Turchia di prima. La Cina è un soggetto che acquista moltissimi idrocarburi russi. La Turchia è uno dei pochissimi paesi importanti con cui la Russia ha un dialogo politico di alto livello. Quindi diciamo che i mercati, per ora, non credono che Putin persisterà nel suo diniego. Di contro se gli ucraini devono negoziare con i russi, la prima cosa da fare è riprendere la fascia intorno a Mariupol perché non possono essere dipendenti da un solo porto.

Qualora si concretizzasse la questione croata, come cambierebbe il ruolo dell’Adriatico? Ci sarebbe un coinvolgimento dell’Italia quanto a sicurezza e difesa?

È chiaro che l’Adriatico diventa importante, sapendo che i russi come Stato certamente non intraprenderemo nessuna azione ostile in quel mare. Se lo facessero, rischierebbero di alienarsi le simpatie che ancora hanno in alcuni settori d’Italia. Il governo italiano è assolutamente ortodosso sul sostegno all’Ucraina, ma non è un governo che vuole la sconfitta totale dei russi. Nel nostro Adriatico è difficile che ci siano azioni ostili. Certo, se qualche gruppo di “reduci estremamente distruttivi” come quelli che hanno distrutto Nord Stream 1 e Nord Stream 2 si mettesse in testa di posare delle mine, allora sarebbe un’altra partita. Non si potrebbe escludere la presenza di sabotatori nei porti croati. Il primo risultato sarebbe quello di far aumentare i prezzi in chiave destabilizzante.

Tre anni fa l’esplosione nel porto di Beirut: se non si sbloccherà l’accordo sul grano, il primo Paese che pagherà da un punto di vista sociale oltre che alimentare la crisi del grano sarà il Libano?

Non solo, penso a Libia, Tunisia, Siria. In quei Paesi c’è una tale necessità di sopravvivere che tutto il resto viene dopo, anche perché a volte a quelle latitudini non solo non hanno più la capacità di pianificare, ma non hanno nemmeno le capacità di mettere in azione i loro piani perché non hanno i mezzi. Toccherà come al solito all’Onu cercare di limitare i danni come potrà.

Come giudicare l’azione diplomatica del Cardinale Zuppi? Ha prodotto risultati?

Lo sforzo di Zuppi non solo è nella migliore tradizione vaticana, ma anche nella migliore tradizione italiana. L’Italia è stato il primo Paese a presentare un piano di pace ma tutti lo hanno criticato perché era presentato da Di Maio, questo mi pare un alquanto miope. È evidente, e questo lo sa benissimo la segreteria di Stato, che tentare un’esplorazione di pace durante una guerra è estremamente complicato. Però c’è la convinzione molto forte del pontefice che la pace non è un optional. La pace è importante per gli equilibri dell’intero continente e non solo. Quindi dubito che il cardinale Zuppi sia stato mandato semplicemente per smarcare una casella; la sua missione è stata una missione molto pubblica, mentre la diplomazia vaticana è abituata a fare le azioni nel più assoluto silenzio. Evidentemente questo non era possibile. Adesso la cosa più realistica che ci si possa aspettare dalla mediazione è di sviluppare un seme di pace, che è stato gettato in un momento opportuno perché tutti hanno capito che l’azione militare ormai ha dei costi crescenti e dei rendimenti decrescenti tanto per i russi quanto per gli ucraini.

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