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In Gabon le forze armate mettono fine al regime di Ali Bongo

Le forze Armate del Gabon sono intervenute per dichiarare nullo l’esito delle elezioni, considerate fraudolente, e porre fine al regime guidato da Ali Bongo. Anche se non si registrano violenze, l’apprensione della comunità internazionale rimane alta

Nelle prime ore di mercoledì 30 agosto, la commissione elettorale del Gabon ha diffuso i risultati delle elezioni presidenziali svoltesi il sabato precedente, decretando la vittoria del presidente uscente Ali Bongo con più del 64% dei consensi. Pochi minuti dopo l’annuncio, un gruppo di alti ufficiali delle forze armate è comparso in diretta sul canale nazionale Gabon 24: i militari, dopo essersi presentati come “Comitato di transizione e il ripristino delle istituzioni” ed aver affermato di rappresentare l’intero apparato di sicurezza del Paese, hanno dichiarato invalido il risultato delle consultazioni elettorali, annunciando la chiusura dei confini e la dissoluzione delle istituzioni statali (governo, senato, assemblea nazionale, corte costituzionale e commissione elettorale).

“Oggi il Paese sta attraversando una grave crisi istituzionale, politica, economica e sociale. In nome del popolo gabonese […] abbiamo deciso di difendere la pace ponendo fine all’attuale regime”, sono state alcune delle parole pronunciate in diretta televisiva dagli ufficiali.

Il Paese dell’Africa centrale è stato governato per più di mezzo secolo dalla “dinastia” Bongo, con il padre di Ali, Omar Bongo, rimasto al potere dal 1967 al 2009, anno della sua morte. Sin dall’ascesa al potere di Omar Bongo, il Gabon ha sempre assunto una posizione diplomatica molto vicina a quella di Parigi, interessata a mantenere l’accesso alle abbondanti risorse petrolifere e minerali presenti sul suolo gabonese; tuttavia, negli ultimi anni questa vicinanza diplomatica è andata scemando, con l’avvicinamento del Gabon ad altri attori internazionali come Cina e Turchia.

Malgrado quest’abbondanza di risorse, la popolazione del Paese è rimasta costantemente in uno stato di povertà, con più di un terzo degli abitanti incapaci di accedere ai servizi essenziali. In totale contrasto con la situazione dell’elites al potere, accusata spesso di appropriamento indebito delle ricchezze del paese, così come di influenzare il processo elettorale nel paese nel corso delle varie consultazioni svoltesi sino ad ora, che hanno sempre vito uscire trionfante Ali Bongo.

Un trend che si è riconfermato anche in quest’occasione. Le elezioni dichiarate invalide dai militari si sono infatti svolte in un contesto di totale chiusura e assenza di trasparenza, caratterizzata dall’assenza di osservatori elettorali internazionali e di organi di stampa stranieri, così come dal blocco totale di internet e dall’imposizione di un coprifuoco. Questi provvedimenti sono stati giustificati dalle autorità gabonesi per combattere “il pericolo di diffusione di false informazioni e di manipolazione” e la “mancanza di obiettività ed equilibrio” dei media stranieri. Il comitato elettorale di Bongo ha respinto le accuse di frode elettorale mosse contro di loro prima che le forze armate mettessero in atto il colpo di Stato.

Subito dopo l’annuncio dei militari alcuni sporadici colpi d’arma da fuoco sono risuonati nelle strade della capitale Libreville. Tuttavia, le poche fonti che riuscivano a comunicare dal Gabon affermavano che al mattino la situazione sembrava molto calma, con la popolazione locale non impegnata in celebrazioni di sorta, né tantomeno in forme di protesta. Poche ore dopo, la rete internet è stata ripristinata in tutto il paese. Al momento non si hanno informazioni sulla sorte del Presidente Bongo.

Quello del 30 agosto non è il primo tentativo di colpo di Stato nella storia recente del Gabon. Già nel 2019 un gruppo di militari si era sollevato contro il Presidente Bongo, prendendo il controllo di una stazione radio statale. Tuttavia, il colpo di Stato era rientrato dopo poche ore dal suo inizio, in seguito ad una repressione violenta.

Intanto, la situazione continua ad essere monitorata in modo costante dalle cancellerie del resto del mondo. Il ministro degli Esteri Antonio Tajani avrà modo di discutere della questione durante la sua permanenza a Toledo in occasione del meeting informale tra i ministri degli Esteri dell’unione Europea (noto come “Gymnich”), dove ai temi della crisi ucraina e di quella nigerina si aggiungerà quella del Gabon. “L’Italia continua a essere impegnata per una soluzione diplomatica della crisi in Niger e anche della più recente in Gabon, lavorando in stretto coordinamento con i partner. É fondamentale che i Paesi europei mantengano una piena unità d’intenti nella ricerca di una via d’uscita pacifica che assicuri pace e stabilità all’intera regione del Sahel, lavorando d’intesa coi partner regionali” sono state le parole con cui il vice-Premier e Ministro degli Esteri ha commentato la vicenda.

Nel frattempo, tramite un post sul social X (nuovo nome di Twitter) la Farnesina ha invitato alla prudenza i connazionali presenti sul posto, e a contattare l’Unita’ di Crisi al numero +39 06 36225 per qualsiasi emergenza o segnalazione.

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