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La fine di Prigozhin continua a non convincere. Ecco perché

La notizia della morte del leader Wagner non ha convinto tutti. Mentre alcuni segnali sembrano indicare che Prigozhin sia veramente morto, altri indizi suggeriscono il contrario. Un effetto voluto?

Alcune fonti parlano di un missile, mentre altre di un ordigno nascosto dentro ad una cassa di vino. L’unico dato certo è che mercoledì 23 agosto un Embraer Legacy Jet si è schiantato nella regione di Tver, causando la morte di tutti i passeggeri. E anche sul fatto che a bordo ci fosse, come affermato dalle autorità russe, il leader di Wagner Yevgeny Prigozhin è tutto da dimostrare. Non vi è infatti stato modo per fonti indipendenti di verificare quanto riportato dalle autorità, né avvicinandosi al sito dello schianto né tramite accesso diretto ai cadaveri.

“È stato annunciato che a bordo c’era un passeggero di nome Yevgheny Prigozhin. Ma è anche noto che diversi individui hanno cambiato il loro nome in Yevgeniy Prigozhin, come parte dei suoi sforzi per nascondere i suoi viaggi. Quindi, finché non avremo la certezza che si tratta del Prigozhin giusto, non stupiamoci se a breve comparirà in un nuovo video dall’Africa”, sono le parole con cui Keir Giles, senior consulting fellow presso Chatham House e grandissimo esperto di Russia, ha commentato a caldo la notizia dell’incidente di mercoledì. La supposta morte del leader della Wagner ha sin da subito portato al sollevarsi di molteplici dubbi, anche a causa di segnali contrastanti. Alcuni dettagli simbolici, come la data dell’incidente (avvenuto esattamente due mesi dopo il tentativo di colpo di stato da parte della Wagner) o la vicinanza del luogo dove l’aereo è precipitato ad una delle residenze ufficiali di Vladimir Putin (attorno alla quale risulta dispiegata un’intera divisione di sistemi missilistici contraerei S-300), rendono più verosimile la tesi di un abbattimento volontario atto a “punire” il gerarca ribelle. E anche la rimozione di Sergei Surovikin, generale noto per la sua vicinanza a Prigozhin, da comandante delle VKS (le forze aerospazioali della Federazione Russa) avvenuta poche ore prima dell’incidente avalla la tesi dell’effettiva eliminazione dello “Chef di Putin”.

Ma, nonostante questi indizi, in molti continuano a dubitare che Yevgeny Prigozhin sia veramente morto. I lunghi silenzi di Putin al riguardo, la mancanza di prove oggettive che dimostrino la presenza del leader della Wagner sul velivolo schiantato, così come l’atterraggio nei pressi di Mosca di un altro aereo apparentemente appartenente a Prigozhin in concomitanza con lo schianto del primo: tutti piccoli motivi di dubbio sull’effettiva fine di un personaggio legato profondamente a Putin. Così profondamente da riuscire ad uscire indenne da un gesto, quello della “Marcia per la libertà” del 24 giugno scorso, assimilabile più ad un colpo di stato che ad una forma di protesta. Apparentemente esiliato in Bielorussia, pochi giorni dopo la “rivolta” Prigozhin ricompare direttamente al Cremlino, nella stessa stanza con Vladimir Putin. Poche settimane dopo, durante il summit con i paesi africani organizzato da Putin stesso a San Pietroburgo, una foto ritrae il leader della Wagner stringere la mano ad uno dei partecipanti al meeting. Al netto di ciò, è comunque possibile che Prigozhin sia stato messo a tacere definitivamente?
Possibile, ma non probabile.

Così come è possibile che l’incidente aereo sia stato messo in scena per facilitare un “passaggio di potere”. Vanda Felbab-Brown, esperta di Brookings Institution, ha sottolineato come potrebbe essere utile per il Cremlino ristrutturare il sistema di controllo sulle attività finora gestite da Prigozhin:”Piuttosto che liquidare completamente Wagner in Africa e in Medio Oriente, i servizi segreti russi epureranno i vertici di Wagner per indebolire le affinità con la precedente struttura di comando e rafforzare i legami con il Cremlino. Una tale ristrutturazione sarebbe coerente con l’azione del presidente russo Vladimir Putin nei riguardi di Wagner in Russia e Ucraina, dove ha trasferito alcuni quadri sotto le forze armate russe, disarmandone altri e permettendo ad altri ancora di operare nel formato semi-indipendente esistente, ma sotto una nuova leadership”.

Anche il fattore della deniability è un possibile filtro con cui approcciarsi alla questione: per molti anni Wagner ha operato per conto e con il supporto del Cremlino, nascondendo però ogni tipo di legame tra la dirigenza russa e quella della Private Military Company per evitare contraccolpi diplomatici e al tempo stesso facilitare l’azione di Wagner in Africa, Medio Oriente e America Latina. Secondo lo stesso principio, Prigozhin potrebbe aver inscenato la sua fine per catapultarsi fuori dalle dinamiche di potere russe, rafforzando la posizione di Vladimir Putin e tornando a fare quello che faceva prima della guerra in Ucraina: gestire l’impero wagnerita in Africa, anche per conto del Presidente stesso.

Tesi che potrebbero quasi avere il gusto del complottismo. Ma non in Russia, quella Russia che già Winston Churchill aveva definito come “un rebus avvolto in un mistero che sta dentro ad un enigma”. E che non crede alla morte di Prigozhin. “Penso che sia assolutamente inevitabile che il 50% della popolazione sarà sempre convinto che è scappato e che fosse questa la sua via d’uscita” dichiara al riguardo il giornalista russo Andrey Soldatov.


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