Skip to main content

Quale ruolo avrà l’Intelligenza artificiale nelle guerre del futuro

La “guerra a velocità estrema” può abbreviare notevolmente il tempo della stessa ed essa può finire prima che ci sia un rimbalzo nella solita opinione pubblica, anche perché c’è il rischio che i cittadini, se toccati negli affetti, potrebbero mutare la loro posizione sugli eventi bellici e ritirare il consenso. L’analisi di Giancarlo Elia Valori

Uno degli argomenti più preoccupanti dell’intelligenza artificiale e che essa può anche fornire a terroristi, hacker informatici, malavita organizzata, ecc. nuovi strumenti di criminalità. Ad esempio, i terroristi possono manipolare a distanza droni o veicoli senza pilota per eseguire attività di assassinio e sabotaggio contro obiettivi e gli hacker possono utilizzare armi di big data per eseguire offensive su larga scala più complesse e automatizzate su infrastrutture critiche.

Esempi spesso citati includono attacchi di droni militanti alle basi militari russe di Hmeimim e Tartus in Siria; l’attacco di droni al presidente venezuelano Nicolas Maduro a un discorso; il virus informatico WannaCry – responsabile di un’epidemia su larga scala avvenuta nel maggio 2017 su computer con Microsoft Windows: il virus in esecuzione cripta i file presenti sul computer e chiede un riscatto di alcune centinaia di dollari per decriptarli – ecc.

Lo studioso canadese, di origine indiana Armitrav Acharya –professore illustre di Relazioni Internazionali all’American University di Washington DC – nel suo articolo del 2017, After Liberal Hegemony: The Advent of a Multiplex World Order (in “Ethics & International Affairs”, 31 [3], pp. 271-285), ha avanzato il concetto di “mondo multiplex”.

L’Occidente si è reso conto della minaccia all’ordine internazionale liberale quando Donald Trump è stato eletto presidente degli Stati Uniti d’America ed il suo declino è stato evidente anche al culmine dell’era Obama-Clinton (cfr. anche di Giacomo Gabellini, Krisis. Genesi, formazione e sgretolamento dell’ordine economico statunitense, Mimesis, Sesto San Giovanni [MI], 2021: Premio Voltaire per la saggistica 2021-22). Acharya sostiene che ciò che sta seguendo è la fine dell’ordine mondiale dominato da Washington, ma non è un ritorno al multipolarismo come presumono molti esperti. Il mondo del sec. XXI, politicamente e culturalmente diverso ma interconnesso economicamente e istituzionalmente, sarà molto differente dal mondo multipolare che esisteva prima dell’implosione dell’Unione Sovietica.

La Repubblica Popolare della Cina e l’India sono attualmente le maggiori potenze; e la globalizzazione non finirà, ma assumerà una nuova forma, spinta più dall’Est che dall’Ovest e più dai collegamenti Sud-Sud che Nord-Nord, per non dire poi delle imposizioni neocolonialistiche Nord-Sud.

Il sistema di governance globale si frammenterà, con nuovi attori e istituzioni che intaccheranno il vecchio sistema basato sulle Nazioni Unite. I valori e le istituzioni liberali non scompariranno, ma dovranno coesistere e intrecciarsi con le idee e le istituzioni di altri, specialmente quelle avviate dalla Repubblica Popolare della Cina. Questo “mondo multiplex” – come appunto lo definisce l’autore – comporta sia rischi che opportunità per la gestione della stabilità internazionale.

Per cui – sostiene l’autore – invece di lamentarsi del superamento del vecchio ordine liberale, l’Occidente dovrebbe accettare le nuove realtà e cercare modi alternativi per garantire la pace e la stabilità in collaborazione con le potenze emergenti, e – aggiungo io – smetterla una volta per tutte di ritenere di essere il depositario di verità, democrazia e libertà imponendole con bombe, massacri e sangue “siccome ha funzionato per Germania, Italia e Giappone”, considerate ancora nemiche ai sensi dell’Art. 53, in vigore, dello Statuto delle Nazioni Unite.

Non v’è dubbio che nel mondo prospettato da Armitrav Acharya l’intelligenza artificiale aumenterà la composizione “molteplice” del mondo, compreso il decentramento del potere politico, l’emergere di attori più diversificati e persino la differenziazione della politica e dell’ideologia, generando così esigenze di governance più inclusive a plurilivello.

Lo sviluppo e l’applicazione della tecnologia dell’intelligenza artificiale ha ulteriormente consolidato l’importante posizione della scienza e della tecnologia nella competizione internazionale. Pochi anni fa nel rapporto A 21st Century Science, Technology and Innovation Strategy for America’s National Security – emesso dal Comitato per la patria e la sicurezza nazionale del Consiglio nazionale della scienza e della tecnologia, presso l’Ufficio esecutivo del presidente degli Stati Uniti d’America – si è affermato che la scienza e la tecnologia sono diventate la componente più critica di un Paese nella competitività internazionale. Non c’è sicurezza nazionale senza innovazione tecnologica. La capacità degli Stati Uniti d’America di mantenere i propri vantaggi nella competizione internazionale dipende in gran parte dalla sua forza innovativa in campo tecnologico. Molti studiosi ritengono che l’essenza della guerra commerciale sino-americana sia una guerra tecnologica, e il nuovo great game tra Repubblica Popolare della Cina e Stati Uniti d’America ha assunto un ruolo guida nei settori di scienza e tecnica.

Gli Stati Uniti d’America hanno successivamente vietato la vendita di chip a due società cinesi e, inoltre, hanno pubblicamente impedito ai Paesi alleati di adottare la tecnologia 5G di Huawei in Cina. In seguito l’Ufficio dell’industria e della sicurezza del Dipartimento del Commercio degli Stati Uniti d’America ha elencato quattordici “tecnologie emergenti rappresentative” proposte per il controllo, tra cui la classificazione tecnica e il controllo dell’intelligenza artificiale e dell’apprendimento automatico sono fra i più dettagliati.

È prevedibile che nell’era dell’intelligenza artificiale, la concorrenza internazionale sulla tecnologia diventerà più intensa e anche l’esito della competizione influenzerà ampiamente la direzione del panorama internazionale.

L’intelligenza artificiale può portare una serie di shock alle attuali norme internazionali. In primo luogo, l’intelligenza artificiale ha il potenziale per cambiare la connotazione e la forma della guerra. Lo studioso statunitense Steven Pinker – professore di psicologia all’Università di Harvard – ha sottolineato la tendenza storica alla riduzione della violenza diretta umana l’uno contro l’altro (baionettizzazione per intenderci) e ha ritenuto che oggi potremmo trovarci nell’era più pacifica della storia umana. Wang Jisi – presidente dell’Intituto di studi internazionali e straregici dell’Università di Pechino – invece ha fornito cinque spiegazioni pratiche per la riduzione delle guerre in larghissima scala nel mondo di oggi (col trasferimento di essere in zone periferiche), tra cui: il costo e il prezzo che un grande Paese può pagare per lanciare una guerra è molto più alto dei possibili benefici (vedi l’attuale guerra russo-ucraina), e i mezzi non bellici possono ottenere ciò che era conquistato attraverso la guerra, come avveniva in passato, I vantaggi includono un aumento della comprensione reciproca tra i Paesi e l’istituzione generale di meccanismi di prevenzione e controllo delle crisi, la creazione di un meccanismo internazionale per un reale controllo degli armamenti e la popolarità della pace come valore internazionale.

Lo sviluppo dell’intelligenza artificiale può ridurre le preoccupazioni degli attori statali e non statali nella scelta se utilizzare mezzi militari per risolvere i conflitti. Almeno dai risultati della deduzione teorica, l’intelligenza artificiale può ridurre i vincoli alla guerra dai tre livelli di: decisori, esercito e opinione pubblica, e abbassare la soglia della guerra.

Inoltre le armi senza equipaggio consentono agli attori della guerra di ridurre le vittime previste quasi a “zero” e avere un’opinione pubblica senza lutti in famiglia e facile al voto “pro”.

La rapida iterazione della tecnologia dell’intelligenza artificiale e l’uso diffuso di nuovi materiali ridurranno notevolmente il costo fisico della guerra, aumentando l’applicabilità economica della guerra e persino diventando redditizia. Ciò rende i decisori più tentati e meno apprensivi a fare la guerra, specie con la predetta opinione pubblica favorevole che non paventa morti in casa.

La possibilità di combattere “oltre il raggio visivo” e l’emergere di soldati robot libererà ulteriormente i soldati psicologicamente dal senso della paura del cessar di vivere.

Nelle guerre future, i soldati potrebbero non aver bisogno di andare sul campo di battaglia e le attività di combattimento possono essere completate da “generali dell’intelligenza artificiale” che comandano armi automatiche senza pilota attraverso algoritmi preprogettati. La “guerra a velocità estrema” può abbreviare notevolmente il tempo della stessa ed essa può finire prima che ci sia un rimbalzo nella solita opinione pubblica, anche perché c’è il rischio che i cittadini, se toccati negli affetti, potrebbero mutare la loro posizione sugli eventi bellici e ritirare il consenso.



×

Iscriviti alla newsletter