Un mix di alta validità scientifica e tecnologica e impegno economico. Questa è stata la ricetta del successo della missione lunare indiana secondo il presidente dell’Agenzia spaziale italiana (Asi), Teodoro Valente. E l’Italia? Con un prossimo bilaterale negli Usa è pronta a crescere ancora di più nella competizione spaziale internazionale
La premier Giorgia Meloni, lo ha definito “un successo storico nell’esplorazione spaziale”, che rappresenta “la realizzazione di un grande impegno scientifico, industriale e organizzativo, ma anche del sogno di una comunità nazionale e della volontà umana di andare sempre oltre”. Stiamo parlando dell’ultima missione lunare indiana che ha permesso al Paese di unirsi alla ristretta élite di potenze spaziali che hanno realizzato un atterraggio lunare. Un risultato senza precedenti che può essere d’esempio anche agli altri Paesi. Delle ragioni che hanno portato a questo risultato, delle criticità in orbita e delle prospettive future per l’Italia nell’esplorazione spaziale ne abbiamo parlato in esclusiva con il presidente dell’Agenzia spaziale italiana (Asi), Teodoro Valente.
Presidente, quali ritiene siano state le principali ragioni dietro il successo della recente missione lunare indiana Chandrayaan-3, considerando i fallimenti passati e le sfide tecniche dell’allunaggio che sappiamo essere sempre complesso?
Per quanto riguarda gli imprevisti, le attività dello spazio e per lo spazio sono sempre state – e continueranno a essere – attività ad alto rischio. Le criticità quindi non si possono escludere in linea di principio, ma certamente si può cercare di minimizzarne la presenza. È importante però che esse non rappresentino dei momenti di stop and go per quanto riguarda le attività di cui stiamo discutendo.
Tra le ragioni del successo indiano vi è sicuramente l’alta validità scientifica e tecnologica della comunità spaziale indiana, e vi è poi da considerare l’impegno economico del sistema Paese sul tema dello spazio. Se non erro il budget stanziato dall’India per lo spazio, per l’anno fiscale 2022-2023 ammonta a più di un miliardo e mezzo di dollari: si parla quindi di cifre particolarmente significative. Nel mentre, prima di raggiungere tale traguardo, mi fa piacere ricordare, a testimonianza nuovamente del valore scientifico e tecnologico della comunità spaziale indiana, che il Paese ha sviluppato capacità di lancio autonome e ha lanciato in orbita circa 33 satelliti, destinati alle telecomunicazioni, all’osservazione della terra e alle attività di navigazione.
L’India ha dimostrato quindi notevoli capacità tecnologiche con il successo di Chandrayaan-3. Come pensa che questo successo possa influenzare la posizione del Paese nel panorama dell’esplorazione spaziale internazionale?
Sicuramente lo influenzerà positivamente. Basta ricordare che con quest’ultima missione l’India è diventato il quarto Paese – dopo gli Stati Uniti, l’ex Unione Sovietica e la Cina – che è riuscito a portare a termine un allunaggio controllato. È dunque certamente un elemento di grande successo e rappresenta a mio giudizio anche una spinta per le attività di tutti gli altri Paesi. Bisogna tener presente a tal proposito che l’India è uno dei Paesi firmatari degli accordi Artemis con gli Stati Uniti, un altro insieme di attività che mirano a riportare l’essere umano sulla Luna dopo più di cinquant’anni dal primo allunaggio.
Quali sono i rapporti bilaterali che legano il nostro Paese all’India nello spazio?
Come Italia, abbiamo dei forti legami con l’Agenzia spaziale indiana. Abbiamo infatti sottoscritto un accordo quadro che risale al 2000, e quindi già articolato da tempo, e vi è poi un accordo sulla cooperazione nel campo delle scienze spaziali e delle tecnologie dell’esplorazione, che va a integrare l’accordo quadro. Abbiamo firmato insieme anche un memorandum of understanding per l’installazione di uno strumento italiano, di nome Rosa, a bordo di un satellite indiano. Non solo, nel 2007 il satellite scientifico italiano Agile è stato il primo satellite europeo a essere lanciato con un vettore indiano. Mentre ad oggi abbiamo implementato dei gruppi di lavoro congiunti su diverse tematiche quali l’osservazione della Terra, l’esplorazione e i nanosatelliti. Possiamo quindi affermare di avere degli ottimi rapporti, che sicuramente intensificheremo nei prossimi anni.
La Russia dal canto suo ha subito una serie di ritardi e problemi tecnici nella realizzazione della missione Luna-25. Quali lezioni crede che la comunità spaziale internazionale possa trarre da questo fallimento in termini di pianificazione e gestione delle missioni lunari?
Innanzitutto, non sappiamo ancora bene, al di là di quelle che sono le indiscrezioni, le motivazioni per le quali ci sia stato questo fallimento da parte della Russia. In secondo luogo, ribadisco che le criticità vanno messe in conto, ovviamente è opportuno e necessario minimizzarle con tenacia, perseveranza e impegno nell’ambito di tutte le attività spaziali, a partire dalla formazione, dalla ricerca e dallo sviluppo tecnologico che rappresentano la chiave di successo per le attività spaziali.
L’Italia è membro dell’Agenzia spaziale europea (Esa) e ha una lunga tradizione di partecipazione all’esplorazione spaziale. Come vede le prospettive italiane all’interno dell’Esa in termini di contributi futuri alle missioni lunari e ad altre iniziative di esplorazione spaziale?
L’Italia è il terzo Paese contributore economico per quanto riguarda il budget dell’Esa ed è il primo Paese sottoscrittore dei cosiddetti programmi opzionali. Pertanto l’impegno economico del governo italiano, e della comunità scientifica come braccio operativo, è assolutamente rilevante. Il collocamento a livello internazionale dell’Italia, non solo europeo perché abbiamo rapporti con tante altre agenzie spaziali, compresa l’India stessa, è assolutamente di primo livello perché il nostro Paese è uno dei pochi in Europa in grado di presidiare tutta la filiera delle attività che riguardano lo spazio, quali l’accesso alle orbite, la navigazione, le telecomunicazioni e l’osservazione della Terra ecc. Siamo quindi fortemente impegnati in tutto ciò e continueremo ad esserlo. Inoltre, siamo anche noi come l’India sottoscrittori del programma Artemis, nell’ambito del quale confidiamo, grazie al nostro tessuto industriale e alla nostra comunità scientifica, di dare un contributo di primo rilievo. E non si tratterebbe di una novità, basti pensare alla Stazione spaziale internazionale, dove circa il 50% dei moduli sono di costruzione italiana. La nostra tradizione è dunque lunga, forte e consolidata e gli sforzi sono tali da consentire di poter rimanere allo stesso livello, ma anche in prospettiva di incrementare la partecipazione italiana.
Oltre alla partecipazione nell’Esa, l’Italia collabora infatti attivamente anche con la Nasa. Quale ruolo crede che l’Italia possa giocare nei progetti futuri della Agenzia americana, come il ritorno umano sulla Luna nel programma Artemis?
Al momento stiamo discutendo sul Gateway, sui moduli abitativi lunari, sulla parte di controllo delle comunicazioni ecc. Sono tutte discussioni già avviate e che vedono ad oggi una significativa, rilevante e qualificata presenza dell’Italia per il tramite della nostra industria nazionale. Da ottobre, se non vi sono modifiche nei programmi, farò visita negli Stati Uniti con una prima componente di Pmi e qualche grande impresa e parteciperò a un incontro bilaterale con la Nasa. Al di là degli incontri istituzionali che avverranno già nel prossimo convegno dell’International astronautical congress, che si terrà a Baku a inizio ottobre.
Alla luce dei recenti sviluppi nell’esplorazione spaziale e nella competizione crescente tra i diversi Paesi, quali strategie ritiene che l’Italia dovrebbe dunque adottare per mantenere e rafforzare la sua posizione in questo specifico segmento del settore spaziale?
La strategia è quella a cui stiamo dando corso in questo momento, che consiste nel continuare a mantenere rapporti forti e consolidati, sia in ambito Esa che in ambito bilaterale; anche perché i costi associati a questa tipologia di attività sono sufficientemente elevati e spesso non compatibili con le risorse che un singolo Paese può mettere a disposizione. C’è quindi necessità di un consesso internazionale che affronti congiuntamente le tematiche spaziali, e infatti non a caso non a caso soventemente si parla di “diplomazia spaziale”, cioè la parte che riguarda le relazioni con gli altri Paesi, che è assolutamente essenziale per poter ideare, sviluppare e portare a termine dei programmi spaziali di successo.