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L’Italia non può permettersi di diventare sorvegliata speciale dei mercati

Le banche non sono intoccabili, tassarle non è sbagliato, ma c’è modo e modo. I mercati andavano informati per evitare il crollo della Borsa. Il governo non può fare dichiarazioni centriste ma farsi muovere da riflessi populisti appena c’è del nervosismo. Per attivare la crescita bisogna usare il Pnrr e spingere riforme per le liberalizzazioni. Il corsivo di Francesco Sisci

L’idea politicamente non era male: in qualche modo istigare tutti contro le banche cattive, così da una parte tagliare l’erba sotto i piedi alla sinistra, dall’altra parte raccogliere un po’ di fondi per i previsti buchi in bilancio e poi ancora cancellare dall’attenzione collettiva la controversia delle dichiarazioni di Marcello De Angelis, portavoce della regione Lazio, sulla strage di Bologna.

Solo che l’idea, applicata senza troppo discernimento, ha messo il governo in rotta di collisione con la lobby più potente del paese e la forza più potente del mondo, le banche e i mercati. Poiché ha preso di sorpresa i mercati e fatto perdere miliardi a investitori stranieri, quando l’Italia ha bisogno di loro come il pane, questi se la sono legata al dito.

Inoltre il fatto che quasi tutti abbiano inneggiato alla Meloni e solo pochi siano stati prudenti sulla manovra con le banche, squalifica, rispetto al mondo, non solo il governo ma il parlamento. Se Roma vuole trattare i mercati come li tratta la Nord Corea, i mercati la tratteranno come la Nord Corea.

Ciò non significa che le banche siano intoccabili, che tassarle sia sbagliato, ma c’è modo e modo. I mercati andavano informati per evitare il crollo della Borsa, cosa che peraltro non fa bene a nessuno. Le banche si potevano tassare ma non così e non senza informazione.
Allora il governo che si spaventa di lobby insignificanti come quelle dei tassisti e degli spiaggisti invece ha fatto il gradasso con i mercati che da sempre possono travolgere qualunque governo, compreso il più potente di tutti, quello Usa messo in ginocchio l’ultima volta nel 2008.

Il risultato banale è che il Financial Times dice che il governo di Giorgia Meloni ha subìto un colpo alla sua credibilità. Ciò non significa che lo spread si impenna d’ora in poi, che il Paese è a un passo dall’abisso. Ma l’Italia diventa sorvegliata speciale in un momento di grande incertezza nazionale e internazionale.

Nessuno in Occidente ha voglia di far crollare l’Italia, ma se l’Italia si facesse crollare da sola pochi piangerebbero. C’è troppa confusione in giro per salvare Roma adesso. In più magari Mosca, nel mezzo di una guerra soffocante, avrebbe interesse a una bella manovra diversiva che le tolga pressione dal fronte. Una crisi in Italia che aumenti le difficoltà dell’Europa occidentale potrebbe tornare utile.

Il coro intorno alla decisione delle banche implica che il parlamento italiano ha perso idea di come si gestisca il mercato. Si è perso il centro politico. Questo centro politico va ricostruito per prima cosa mentalmente. Il governo non può fare dichiarazioni centriste ma farsi muovere da riflessi populisti appena c’è del nervosismo. Il mercato non è il dominio della plutocrazia, è uno strumento di sviluppo per tutti.

Il punto reale è: come si attiva la crescita (senza cui il paese si sfascia)? Servono due cose su cui il governo non si muove con la decisione delle banche: bisogna usare il Pnrr e spingere riforme per le liberalizzazioni.

Se il governo non fa né l’uno né l’altro e si ingegna con trovate, diventa rischioso per tutti.
Signora Meloni noi crediamo in lei, lei, la prego, creda un po’ nel mercato.

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