Un’isola sul fiume Amur indica come la Cina veda a proprio vantaggio gli equilibri di potere con la Russia. Le nuove carte geografiche diffuse da Pechino non indicano solo l’isola Bolshoy Ussuriysky, ma marcano i confini reali delle relazioni sino-russe: il limite è dettato dagli interessi cinesi, Mosca deve accettare
Nel contesto internazionale attuale, le relazioni tra Cina e Russia costituiscono un elemento di grande rilievo attorno a cui ruotano molte dinamiche geopolitiche. Vladimir Putin sarà con ogni probabilità ospite di Xi Jinping all’evento con cui la Cina riceverà gli attori della Belt & Road Initiative e festeggerà i primi dieci anni dal lancio della Nuova Via della Seta – il più rappresentativo dei progetti geopolitici del leader cinese. Altrettanto rappresentativa è stato quel “amicizia senza limiti” che aveva segnato l’ultima visita del leader russo in Cina, per i Giochi Olimpici invernali di Pechino: era febbraio 2022, pochi giorni dopo Putin avrebbe ordinato l’inizio della sanguinosa invasione ucraina. Simbolico sarà anche la probabile duplice assenza al G20: il russo non può, perché su di lui pende un mandato di cattura internazionale per crimini di guerra; il cinese forse vuole evitare il rischio di un faccia a faccia con Joe Biden (è una speculazione maligna, ma la Cina che si presenterebbe al cospetto dell’America in un’evidente situazione di inferiorità economica).
Putin e Xi hanno interessi comuni, ma anche distanze
Altrettanto simbolica è per Xi la volontà di marcare il territorio cinese partendo dalle zone più prossime alla Repubblica popolare. Si tratta di una necessità quasi esistenziale: come con il Mar Cinese (e ancora di più con Taiwan), Pechino non può arretrare di un centimetro sulle varie rivendicazioni territoriali. Rischierebbe di sembrare debole, di non poter essere interlocutore che abbina all’armonia delle relazioni una deterrenza implicita basata sulla propria forza. Indipendentemente che essa sia economica, militare, politica, culturale. E su questo si basa la narrazione.
Per tale ragione la Standard Map Service cinese, con avallo del Partito/Stato, ha presentato una serie di mappe geografiche per il 2023 in cui per la prima volta una porizione del territorio russo è indicata come parte della Cina. In particolare, l’isola Bolshoy Ussuriysky sul fiume Amur è oggetto di questa controversia. Mossa che suscita un’importante riflessione sul contesto storico e sul valore che Pechino dà attualmente ai trattati internazionali che hanno delineato le dinamiche territoriali tra i due Paesi. E dunque apre riflessioni sulla realtà concreta dei rapporti futuri.
Il Trattato del 2008 e la Nuova Mappa Cinese
Secondo un trattato del 2008 tra Russia e Cina, l’isola Bolshoy Ussuriysky è ripartita tra i due Paesi. Tuttavia, la nuova mappa ufficiale della Cina contrassegna l’intera isola come il punto più orientale del territorio cinese. La nota esplicativa sottolinea che “la mappa è realizzata in conformità agli standard nazionali per la delimitazione delle frontiere della Cina e degli altri paesi del mondo”. La scelta è significativa in quanto determina l’uso futuro di queste mappe in vari materiali mediatici, tra cui notizie, libri e report promozionali. Ossia, la mossa ha implicazione nella narrazione e dunque è un tema di carattere geopolitico profondo.
L’isola Bolshoy Ussuriysky, con una superficie di che va dai 327 ai 350 chilometri quadrati in funzione delle condizioni ideologiche dell’Amur, ha una storia di contese tra Russia e Cina sin dall’inizio del XIX secolo. Negli anni ’20 e ’30 del XX secolo, l’isola passò sotto il controllo delle truppe sovietiche. Dopo il crollo dell’Urss, rimase comunque sotto giurisdizione russa. Da allora, la Cina ha mostrato un interesse particolare per quelle terre emerse alluvionali ricche di biodiversità, contestandone lo status sin dal 1964.
Implicazioni Geopolitiche e Reazioni
Oltre all’isola Bolshoy Ussuriysky, la Cina ha contrassegnato come propri anche lo stato indiano di Arunachal Pradesh e la regione di confine di Aksai Chin. Altra mossa che ha già provocato proteste da parte del ministero degli Esteri indiano verso Pechino. Questi sviluppi innescano riflessioni sulle possibili implicazioni a livello regionale e internazionale, nonché sulle conseguenze per le relazioni tra India, Cina e Russia.
Quando nel 2008 la Russia cedette la parte occidentale dell’isola Bolshoy Ussuriysky e altri territori alla Cina, la decisione di Mosca fu vista nell’ottica di lungo termine per fluidificare relazioni stabili tra i due Paesi. Adesso la mossa cinese di indicare parte del territorio russo come proprio evidenzia la complessità delle dinamiche tra Cina e Russia. E difficilmente il Cremlino si lancerà in invettive retoriche simili a quelle indiane: semplicemente, non può perdere la Cina per questioni apparentemente minori. Pena aumentare l’isolamento, alterando i rapporti con l’unica potenza che al momento pare ascoltare Putin.
Pechino sottolinea come gli equilibri di potere con Mosca siano a proprio favore. La guerra in Ucraina ha complicato la situazione economica russa, che ora deve accettare parziali compromessi con i cinesi. È la grande preoccupazione che da anni, ben prima dell’invasione, perplime in generale i pensatori politici russi: la sinificazione sbilancia i rapporti, la crescita della Cina la pone nella condizione di poter esercitare non solo influenza ma proprio potenza nei confronti di Mosca. Quell’amicizia è illimitata solo nella narrazione — utile come leva nel comune obiettivo anti-occidentale — ma ci sono vari episodi singoli che raccontano come nel quadro generale non solo ci siano limiti, ma confini ben chiari.