Un governo che guardi all’intera a legislatura, dopo aver soddisfatto il suo impegno alla riduzione del cuneo fiscale e aver tenuto conto delle esigenze indifferibili a difesa dei più deboli, deve concentrare la sua azione, in vista della sfida dei prossimi anni, non già sulla spesa ma sulla creazione di un’atmosfera favorevole all’iniziativa economica privata. Il commento di Luigi Paganetto, autore insieme al Gruppo dei 20 dell’Università Tor Vergata del libro “Spostare il baricentro (del Pnrr)”
Il governo sta preparando in questi giorni la manovra per la legge di bilancio con la preoccupazione, data l’esiguità delle risorse disponibili, di non riuscire a provvedere alle molte esigenze che gli sono prospettate dalla sua stessa maggioranza, oltre quelle necessarie a soddisfare l’ineludibile conferma del taglio del cuneo fiscale sui redditi da lavoro.
Si cercano le risorse necessarie nelle pieghe del bilancio, si torna a parlare di “spending review” ma, soprattutto, si comincia a guardare a Bruxelles nella speranza di poter ottenere, in questa fase di transizione verso le nuove regole di stabilità e sviluppo, le deroghe necessarie ai vincoli che torneranno in vigore, in una forma o nell’altra, nei prossimi mesi.
Si dimentica così che un governo di legislatura come quello che è uscito dalle elezioni dello scorso anno deve guardare non solo alle scelte annuali di bilancio ma anche al cambiamento complessivo che si vuole imprimere al Paese nel corso del suo intero mandato, come è d’atro canto spesso rivendicato dalla presidente Meloni e dai suoi più autorevoli componenti.
Il tema del cambiamento dominerà le elezioni europee del prossimo giugno. Gli uomini della politica saranno chiamati al compito assai impegnativo, di spiegare ai cittadini europei come le scelte in materia di clima e transizione energetica sono legate al cambiamento economico in atto non solo in Europa e come esse siano la strada per un maggior benessere complessivo.
A quest’appuntamento occorre arrivare preparati mettendo il Paese nelle migliori condizioni per partecipare ad una sfida che vedrà l’Europa competere con il resto del mondo, quello sviluppato e quello rappresentato dai Brics che ha fatto sentire con forza la propria voce proprio in questi giorni.
Le nuove tecnologie per l’energia, le auto elettriche, l’efficienza energetica, le reti informatizzate di distribuzione elettrica sono legate agli interventi sul clima diretti alla riduzione della CO2.
La scelta della Commissione Ue di associare le politiche climatiche con lo sviluppo economico si rivela quanto mai opportuna nel cambiamento globale che il mondo sta attraversando. La politica industriale avviata dalla Commissione con un’attenuazione delle regole degli aiuti di Stato che bon rinuncia ai principi della concorrenza, segue l’approccio l’interventista che si è imposto a livello internazionale. Gli Usa l’hanno adottato con l’Inflation Reduction Act (Ira). L’Ue, in una dimensione minore, con il Chips Act.
È chiaro a tutti che l’aspettativa dei governi è che ne nasca maggior sviluppo e occupazione. È sulla capacità del nostro Paese di partecipare con successo a questa sfida che si misurerà l’intera politica di legislatura.
Per ottenere quesiti risultati occorre trovare quegli spazi di bilancio che oggi mancano al nostro Paese ma soprattutto proporsi a livello europeo con quella credibilità che sui mercati finanziari è una condizione essenziale per partecipare alle attività d’investimento.
Le nuove regole Ue in materia di stabilità e sviluppo saranno a quel momento con molta probabilità già approvate. La ricerca oggi di una maggiore capacità di spesa attraverso un maggior deficit è in contraddizione con l’esigenza di partecipare con successo, domani, alla gara che conta, quella della maggior crescita di reddito, occupazione e benessere dei prossimi anni. Per farlo occorre far si che si creino il clima e le condizioni necessarie ai nuovi investimenti, sia favorita l’assunzione di rischio e contrastate, con le necessarie liberalizzazioni, le perduranti tendenze corporative presenti nella nostra economia. È necessario sostenere la creatività laddove essa si manifesta e non solo nelle imprese per consentire a tutti di dare il proprio contributo al cambiamento. Non bisogna mai dimenticare che viviamo in un mondo in cui lo sviluppo dipende sempre più dall’innovazione e, dunque, dalla creatività.
Di fronte alla dimensione della gara che condizionerà la crescita dei prossimi anni, non basta, naturalmente, il solo impegno nazionale. Si può e deve chiedere un intervento del bilancio Ue. Ma la probabilità per il nostro Paese di trovare ascolto in Europa crescerà a misura della responsabilità che mostreremo nella gestione della politica di bilancio di quest’anno e della nostra attenzione alla competitività della nostra economia.
Ecco perché un governo che guardi all’intera a legislatura, dopo aver soddisfatto il suo impegno alla riduzione del cuneo fiscale e aver tenuto conto delle esigenze indifferibili a difesa dei più deboli, deve concentrare la sua azione, in vista della sfida dei prossimi anni, non già sulla spesa ma sulla creazione di un’atmosfera favorevole all’iniziativa economica privata, favorendo creatività, concorrenza e assunzione di rischio, puntando ad una partecipazione efficace del nostro sistema produttivo alla sfida rappresentata dalla politica industriale europea.