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Le nostalgie ideologiche sono una trappola, occhio all’economia. L’incrocio di Giorgia

L’economia è essenziale per il Paese e per il cammino liberale conservatore del governo. Farsi sedurre da nostalgie ideologiche, alla Vannacci, potrebbe rivelarsi una trappola per tutti. Il commento di Francesco Sisci

Nelle storiche critiche contro Mao dopo la Rivoluzione Culturale, Deng Xiaoping spiegava che l’economia è “ragione dura” 硬道理. Il governo di Giorgia Meloni per quasi un anno l’ha tralasciata, trascurando Pnrr e liberalizzazioni. I mercati seguivano con apprensione, ma ancora speranzosi. La rottura è arrivata invece con la tassa sugli extra profitti bancari.

Come ha succintamente spiegato Dagospia. “Nel giro di 24 ore su tre testate finanziarie internazionali (Financial Times, Bloomberg, Cnbc) sono comparsi quattro articoli che bocciano le scelte economiche di Giorgia Meloni – l’oggetto delle critiche sono la tassa sugli extraprofitti delle banche e le mosse sul caro voli, ma è un “pizzino” generale: “la leader italiana di estrema destra sta scioccando i mercati e sconvolgendo le grandi imprese” – “le misure possono mettere a repentaglio il mercato italiano dei prestiti in sofferenza…”

Il punto è come recuperare e invertire la rotta.

Intanto arrivano guai da ogni direzione sull’economia. A gennaio del 2024 tornerà il patto di stabilità, cioè finirà il periodo di finanza elastica concesso dall’Unione Europea per affrontare il terremoto del Covid. L’economia cinese sta scivolando verso la recessione e questo influenza la Germania, già in difficoltà per il crollo della partnership economica con la Russia. Berlino potrebbe entrare in recessione nei prossimi mesi e questo trainerebbe in basso l’Italia, legata alla Germania a triplo filo.

Occorrono aiuti per le alluvioni in Emilia e Romagna ma non si sa dove trovarli. Però il Paese sembra avere rinunciato nei fatti a ricevere i fondi del Pnrr (circa 50 miliardi all’anno per quattro anni). Comunque essi sono stati già messi in parte a bilancio e spesi nel 2023. Così il bilancio che deve essere approntato in questi prossimi mesi potrebbe avere un buco di 30 miliardi.

Senza investimenti, senza liberalizzazioni, con una recessione incombente e un panorama internazionale molto volatile, non è chiaro che succederà all’economia italiana. Nel mezzo della confusione generale non ci sono le energie politiche esterne per pensare all’Italia, anche se nessuno ha un piano per affossarla.

Il problema essenziale è l’incremento del Pil. Senza investimenti, liberalizzazioni, in un clima di generale incertezza, non ci sono prospettive di sviluppo e questo avvita tutto, specie in un Paese con oltre il 150% del rapporto debito/Pil. Se manca la crescita, il debito diventa intollerabile.

Quindi è possibile che le elezioni europee del prossimo giugno si tengano in un clima molto nervoso di crisi economica. È possibile un rialzo dei tassi di interesse sul debito, anche se per ora appare improbabile un aumento dello spread con il Bund tedesco, date le difficoltà di Berlino.

Difficile che tali problemi si possano oscurare, tanto meno affrontare, con trovate mediatiche o polemiche più o meno surrettizie.

La questione di fondo va al cuore del futuro di Fratelli d’Italia (FdI) e della stabilità del governo.

FdI di Giorgia Meloni ha ottenuto il 26% alle ultime elezioni non perché nostalgica del fascismo e delle sue balzane teorie su complotti giudeo-massonici delle plutocrazie, ma perché era l’ultima carta da giocare nello sfilacciato scenario politico italiano e si è presentata come formazione conservatrice liberale.

Un conservatore liberale, Wiston Churchill, fu l’uomo che distrusse il nazi fascismo. Margaret Thatcher si impose negli anni ’80 nel Regno unito con politiche economiche vere e fortissime. Affrontò e sconfisse il finallora invincibile sindacato dei minatori del carbone, e sconvolse il mercato interno offrendo ai giovani di comprare casa con appena una busta paga e il 5% di anticipo sul mutuo.

Oggi dopo lo scivolone sulle banche, orgogliosamente rivendicato, Meloni non ha dato segnali diversi al mercato. Anzi, in occasione delle polemiche sul controverso libro del generale Roberto Vannacci, non ha difeso il suo ministro della difesa Guido Crosetto. Piuttosto c’è stata una dichiarazione di Giovanni Donzelli, vicino alla sorella Arianna Meloni, a favore di Vannacci.

Il giornale economico globale per eccellenza l’Economist è preoccupato. Vede nella difesa di Vannacci da parte di FdI l’inizio di una svolta a destra radicale del partito. Il giornale conservatore liberale considera il libro infatti come omofobo e razzista. Il premier conservatore britannico Rishi Sunak è per inciso di origine indiana.

Così le difese del libro di Vannacci rievocano quel passato nostalgico che se tornasse riporterebbe Fdi alla quota storica, intorno al 5%.

Meloni deve recidere i cordoni con le vestigia culturali nostalgiche. O riforma il partito, con una seria scuola quadri; oppure lo epura in maniera radicale assumendo quadri esterni, oppure il passato e le tendenze istintive del partito rispetto all’economia e altri temi controversi, come quelle di Vannacci, la metteranno in crescente difficoltà fino a farla cadere. Né all’estero né in Italia c’è davvero molto mercato per nostalgie illiberali sulla società o il mercato. O se lei pensa che ci sia, il FdI si pone in un’altra dimensione.

Cioè: o lei epura i nostalgici e la nostalgia dal Fdi o loro uccidono il Fdi e il suo governo attuale. Nel migliore dei casi il governo diventa un’altra cosa rispetto alle promesse iniziali.

La vicenda Vannacci ne è l’esempio. I generali avranno libertà di opinione ma mettersi al centro di una controversia che ha poco a che fare con le questioni di sicurezza nazionale e difesa, danneggia l’esercito, una delle poche istituzioni rimaste finora integre nel tritacarne delle polemiche continue e demenziali del Paese.

C’è quindi una questione di opportunità istituzionale nell’uscita del libro, come ha detto Crosetto.

Male ha fatto la sinistra a dire: non basta; malissimo ha fatto la destra estrema a difendere Vannacci.

Al di là che il governo regga o meno si è scossa la base culturale/valoriale del governo. O è un governo conservatore liberale oppure è nostalgico. Ormai le ambiguità vanno sciolte.


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