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Vi spiego perché (ancora) non c’è alternativa a Meloni. La versione di Orsina

“Il governo Meloni è molto più che la migliore possibilità: è l’unica. Oggi non ci sono alternative”, spiega il politologo a Formiche.net. “Chi porterebbe il Paese al voto? Chi si prenderebbe tale responsabilità? Non ci sono opzioni politiche anche dopo le europee e non vedo nemmeno ipotesi di un calo elettorale di Fratelli d’Italia”

Giorgia Meloni deve essere interpretata all’insegna del pragmatismo molto più che dell’ideologia: è affrettato dire che dietro il silenzio sul generale Vannacci e dietro la scelta sulle banche si possa leggervi un ritorno a una cultura di destra sociale. Lo dice a Formiche.net il prof. Giovanni Orsina, direttore della Luiss School of Government e autore per Rubbettino di “Una democrazia eccentrica. Partitocrazia, antifascismo, antipolitica”, secondo cui non ci sono altre opzioni politiche a questo governo.

Qualcuno dice che dietro il silenzio sul generale e dietro la scelta sulle banche si possa leggervi un ritorno a una cultura di destra sociale. È così?

Per il momento, la ritengo una conclusione affrettata. Il provvedimento sulle banche non è una mossa in direzione di una destra liberale, ma di una destra sociale, su questo non c’è dubbio. Ma pesano pure delle componenti di natura congiunturale e il clima “populista” complessivo: per questo mi parrebbe esagerato leggervi un ritorno strutturale alla destra sociale. A mio avviso, Meloni deve essere interpretata all’insegna del pragmatismo molto più che dell’ideologia. Di riflessi dirigisti e statalisti, per altro, questo governo ne ha mostrati tanti, non c’è certo soltanto il tema delle banche. Direi insomma che c’è una generale cultura statalista e dirigista che si incontra con un clima storico favorevole e con una serie di esigenze di natura pragmatica. Troppo poco, per il momento, per scomodare la destra sociale.

Da queste colonne l’ex direttore del Tg2, Mauro Mazza, ha osservato che il ministro Crosetto ha dimostrato che il governo di centrodestra riesce a reggere allo stress-test. Ha ragione?

Ci sono, in quella vicenda, degli elementi importanti di ambiguità. Ma si tratta di questioni molto più generali del semplice rapporto fra Fratelli d’Italia e la propria storia: come gestire una delle tensioni di fondo della nostra epoca, di un clima storico nel quale i centri di produzione e diffusione di cultura sono per lo più spostati su posizioni – diciamo così – politicamente corrette, mentre gli elettori mandano al potere un governo di destra anche perché si ribellano contro il politicamente corretto. Si tratta di un nodo centrale che vale per tutte le destre, non soltanto per quella italiana. E il problema, a ben vedere, più ancora che dei governi di destra, è proprio di quei centri di produzione e diffusione di cultura, che hanno perduto di capacità egemonica nei confronti di settori consistenti della popolazione.

Quale il passo successivo?

Il passo è che a destra parte il colpo, com’è accaduto col generale: poiché il governo non ha la forza di contrapporsi al progressismo di quei centri di produzione e diffusione di cultura in forme articolate e ragionate, dal retroterra della maggioranza ogni tanto decolla un fuoco d’artificio. Facendo felici gli elettori in rivolta da un lato e i progressisti dall’altro, che trovano confermati tutti i propri stereotipi sul becerume della cultura di destra. E facendo un po’ meno felice il governo. Che comunque è perfettamente in grado di sopravvivere a queste questioni – per così dire – balneari, anche perché a breve dovrà occuparsi di temi molto più rilevanti come la legge di bilancio.

Vi è l’esigenza politica di curare il fronte destro, in vista delle elezioni europee? Si parla di Vannacci candidato in un possibile movimento di destra promosso da Gianni Alemanno.

A me sembra che il fronte destro di Alemanno per il momento sia non sia un problema. Potrebbe semmai diventarlo la concorrenza di Salvini, che ha una forza ben maggiore. Ma al netto di tutto ciò, la mia impressione è che Meloni da qui alle elezioni europee non cambierà linea: il suo gruppo conservatore terrà aperto il dialogo col Partito Popolare da un lato, ma rimarcando la propria identità di destra dall’altro. E credo che lei continuerà pragmaticamente a giocare la partita volta per volta, perché la mia convinzione è che tutti i giochi europei si faranno dopo il voto. L’interesse del premier è quello di tenersi più porte aperte.

Il governo Meloni resta la migliore opzione nel campo politico domestico secondo lei?

È molto più che la migliore: è l’unica. Oggi non ci sono alternative. Chi porterebbe il Paese al voto? Chi si prenderebbe tale responsabilità? Non ci sono opzioni politiche anche dopo le europee e non vedo nemmeno ipotesi di un calo elettorale di Fratelli d’Italia. E poi mi chiedo: se FdI andasse giù, chi si prenderebbe quei voti? Salvini, Tajani, Renzi, Alemanno? In bocca al lupo.

@FDepalo

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