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Mosca e Teheran sempre più vicine grazie alla nuova fabbrica di droni in Bielorussia

Pochi giorni fa è stato siglato l’accordo tra rappresentanti di Minsk e Teheran sulla costruzione di un nuovo impianto di produzione di droni in territorio bielorusso. Nel solco di un percorso avviato già all’indomani dell’invasione dell’Ucraina, con benefici notevoli sia per Mosca che per Teheran

La cooperazione militare tra Russia e Iran sembra avviarsi a raggiungere nuovi livelli. Il 31 luglio, durante una visita nella capitale Teheran, il Ministro della Difesa bielorusso Viktor Khrenin avrebbe firmato un accordo con Mohammad Reza Ashtiani, titolare dell’equivalente dicastero iraniano, per potenziare la cooperazione militare, anche tramite la costruzione di un impianto di produzione in territorio bielorusso dei droni Shahed, che la Federazione Russa sta utilizzando in modo estensivo all’interno della sua Operazione Militare Speciale.

Una notizia che non arriva come un fulmine a ciel sereno, ma come l’ultimo episodio della lunga serie di espansione della catena produttiva dell’Iran Aircraft Manufacturing Industrial Company (Hesa), principale produttrice iraniana di Uncrewed Aerial Systems (Uas), nello spazio post-sovietico: già nel maggio di quest’anno l’intelligence ucraina aveva affermato che alcuni ingegneri di Teheran si erano recati sul suolo bielorusso proprio per studiare le possibilità di adattamento di alcune fabbriche site nell’area di Gomel alla produzione delle tanto richieste loitering munitions; mentre a giugno è stata l’amministrazione americana a rivelare che Teheran e Mosca stessero collaborando nella costruzione di un impianto di fabbricazione di droni nei pressi di Yelabuga, nella repubblica russa del Tatarstan. E a Dushanbe, capitale del Tagikistan, già dal maggio 2022 si producono gli Ababil-2 dell’Hesa.

Mosca trae un enorme vantaggio logistico dalla presenza di siti di manifattura dei droni iraniani in prossimità (o all’interno) del suo territorio, non dovendo così sobbarcarsi né i costi né i rischi del trasporto attraverso il bacino del Mar Caspio. Una rotta sotto l’occhio dei servizi di intelligence e dalle forze armate di Washington, come dimostra la pubblicazione da parte statunitense delle mappature dei percorsi di droni dalla Russia all’Iran, percorsi che transitano proprio attraverso il Mar Caspio.

Ma questa cooperazione permette anche a Teheran di godere di una serie di benefici. In primis quelli di carattere prettamente economico: secondo quanto riporta il Secret Intelligence Service di Sua Maestà, in cambio dei suoi droni l’Iran starebbe cercando di ottenere denaro contante dalla Federazione Russa, per far fronte alle sue drastiche difficoltà economiche: secondo quanto riportato dallo stesso Centro Statistico Nazionale il tasso d’inflazione del paese mediorientale sfiora i 48 punti percentuali.

Inoltre, la teocrazia islamica ha da guadagnare anche sul piano militare. L’anno scorso alcuni media occidentali avevano suggerito che in cambio dei propri Uas, l’Iran avrebbe ricevuto in cambio dalla Federazione Russa una fornitura dei caccia Sukhoi Su-35 (nome in codice Nato: “Flanker”) per rinforzare i suoi arsenali. Mentre sono più recenti le ipotesi che Mosca abbia fornito a Teheran strumenti per la guerra cibernetica, o che abbia addirittura fornito al paese partner alcuni armamenti occidentali catturati in Ucraina, preziosi bottini di guerra su cui avviare un processo di reverse engineering. E non si può escludere che anche il programma missilistico iraniano abbia beneficiato della collaborazione con il Cremlino, anzi. Poche settimane fa le forze armate iraniane hanno svelato di aver sviluppato un vettore ipersonico: il fatto che la Russia, uno dei paesi leader in questo campo, possa aver aiutato Teheran è un’opzione tutt’altro che improbabile.

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