Mentre si aspetta l’imminente riunione dell’Ecowas sul Niger, sullo sfondo continuano le manovre diplomatiche. Se Europa e Africa stentano a trovare punti di contatto, Washington ha già individuato la figura che potrebbe rivelarsi la chiave della situazione
Per l’evolversi della situazione in Niger, al momento la data clou rimane quella di giovedì 10 agosto. È in questa data infatti che i Paesi dell’Ecowas si riuniranno nella città nigeriana di Abuja per discutere su come procedere riguardo all’ultimatum lanciato ai golpisti nigerini, ultimatum scaduto dalla mezzanotte di domenica 6 agosto. Anche se non è stata ancora esclusa formalmente, risulta difficile pensare che la Comunità degli Stati dell’Africa Occidentale deciderà di ricorrere all’opzione militare, considerando la fragile situazione economica, sociale e securitaria della regione del Sahel. Oltre all’intervento armato rimane comunque sul tavolo la possibilità di istituire ulteriori sanzioni economiche contro Niamey, meno rischiosa della prima ma non esente da possibili effetti collaterali. E anche se al momento non sembrano esserci i prerequisiti necessari, non è detto che non si possa trovare una soluzione diplomatica.
Dopo aver respinto i primi tentativi di contatto nelle ore successive al golpe, la giunta militare nigerina continua a rimandare il contatto con una rappresentanza dell’Ecowas, adducendo motivi di sicurezza e ordine pubblico. Ma allo stesso tempo, i generali sembrano ver lanciato un segnale di distensione con la nomina di Ali Mahaman Lamine Zeine, già in passato ministro delle Finanze e figura con una discreta caratura internazionale, come nuovo Primo Ministro. Con questa nomina, il capo della giunta militare Omar Tchiani spera di legittimarsi e di guadagnare margine di manovra all’interno delle trattative che tutte le parti sembrano essere interessate a intavolare.
“Non stiamo collaborando con le autorità illegittime attualmente al potere in Niger. Ma crediamo che ci sia spazio per uno sforzo di mediazione. Senza speculare oltre”, ha affermato in una conferenza stampa tenutasi l’8 agosto a Bruxelles il portavoce della Commissione Europea Peter Stano. Non è tuttavia noto quali siano, e se siano già esistenti in concreto, i canali sfruttati dall’Unione Europea per dialogare con i golpisti nigerini.
Caso esattamente opposto a quello di Washington, che ha già trovato la sua figura di riferimento. Si tratta del generale di brigata Moussa Salaou Barmou, uno degli organizzatori del golpe e nuovo capo di stato maggiore della difesa della giunta di Niamey. Nonché laureato presso la prestigiosa National Defense University di Washington D.C. e comandante delle forze speciali del Niger, ruolo che lo ha tenuto a strettissimo contatto con gli ufficiali statunitensi dislocati nel suo paese; un rapporto così stretto da invitare gli stessi ufficiali americani a cene informali a casa sua. Qualche mese fa, Barmou era stato definito da un membro dell’apparato della difesa americana come “l’uomo giusto”. E per alcuni potrebber ancora esserlo.
Infatti è stato proprio Barmou il rappresentante della giunta militare con cui si è incontrata Victoria Nuland, sottosegretario di Stato per gli affari politici del governo degli Stati Uniti, durante la sua missione in Niger per cercare di stabilire un contatto con l’esecutivo militare. Nonostante Nuland stessa abbia sottolineato come il dialogo sia stato faticoso, non ha tuttavia escluso un proseguimento degli sforzi. “Siamo stati costretti a dipendere dal signor Barmou per chiarire, ancora una volta, qual è la posta in gioco”, ha dichiarato al suo ritorno il Sottosegretario di Stato, che non è riuscita a convincere il suo interlocutore a farla incontrare con Tchiani, né a trovare un terreno condiviso su cui costruire i negoziati. Pur avendo denotato al generale nigerino come il mantenimento di un regime antidemocratico causerebbe una netta riduzione del sostegno americano all’apparato securitario del suo paese, un tema di cui il nuovo capo di stato maggiore conosce bene la rilevanza.
Ma l’opzione Barmou rimane comunque la più valida. Anche secondo alcuni funzionari della sicurezza dell’Africa occidentale, che vedono come fondamentale il successo di Washington nel portare Barmou dalla loro parte. Un alto ufficiale di una forza armata locale ha detto che gli sforzi diplomatici americani rimangono la migliore speranza per un risultato “senza spargimento di sangue”. E anche in grado di evitare ulteriore caos nella regione, che spianerebbe la strada ai gruppi terroristici locali e non solo. Poche ore fa, il Segretario di Stato Antony Blinken ha lanciato un monito su come una situazione di instabilità in Niger spalancherebbe le porte al gruppo Wagner. Uno scenario che in molti, non solo nelle capitali occidentali, vorrebbero evitare a tutti i costi.