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Operazione Economica Speciale. La nuova manovra di Mosca contro l’Occidente

La sospensione da parte di Putin degli accordi internazionali sulla doppia tassazione rappresenta l’ultima contromossa del Cremlino alle sanzioni occidentali. Ma se nel breve periodo questa mossa sembra avere dei benefici immediati per Mosca, in ottica strategica potrebbe condannarla a un destino tutt’altro che voluto

Il presidente Vladimir Putin ha firmato nelle scorse ore un decreto di sospensione di alcuni trattati in materia fiscale con quei Paesi che vengono definiti come “ostili”, secondo quanto riportato dall’agenzia RIA Novosti.

Il provvedimento è stato adottato dal presidente della Federazione Russa “in base alla necessità di prendere misure urgenti in relazione alla commissione da parte di alcuni Stati stranieri di azioni ostili contro la Federazione Russa, i suoi cittadini e le persone giuridiche”, come si legge nel testo del decreto presidenziale, che congela i trattati internazionali relativi al sistema di doppia tassazione in numerosi ambiti della dimensione fiscale, che comprendono beni mobili e immobili, dividendi, interessi, redditi da servizi e diritti d’autore, royalties, redditi da lavoro dipendente e tassazione del capitale.

La sospensione di questi accordi fa sì che i redditi di cittadini stranieri in territorio russo, così come gli utili prodotte da aziende estere all’interno dei confini della Federazione Russa, vengano tassati sia dal Paese d’origine che dal Paese ospite. Gli impatti pratici di una simile decisione sono rilevanti: tornando a tassare queste fonti economiche estere in territorio russo, Putin può raccogliere risorse importanti da destinare al conflitto in corso in Ucraina, andando a sottrarli a proprio a coloro che si sono opposti al colpo di testa di Mosca.

Ad essere colpiti dal decreto del Cremlino non sono soltanto i Paesi membri dell’Unione e gli Stati Uniti, ma anche Regno Unito, Corea del Sud, Australia, Giappone, Singapore, per un totale di 38 stati in totale dei 78 con cui Mosca aveva stipulato un accordo simile. Nei fatti, tutti quei Paesi che hanno aderito al regime di sanzioni imposto contro Mosca all’indomani dell’avvio dell’Operazione Militare Speciale nel febbraio del 2022. Questo decreto è solo l’ennesimo tentativo di rispondere alle pressioni economiche internazionali, sperando di erodere il consenso interno di quegli stati che hanno deciso di allinearsi al fianco di Kiev.

Ma se nel breve periodo questa mossa porta dei guadagni netti al Cremlino, nel lungo periodo la questione è totalmente diversa: grazie al continuo botta e risposta di sanzioni e contro-sanzioni vengono ulteriormente scoraggiate future opportunità di collaborazione economica tra Federazione Russa e Occidente. In questo modo non si riducono soltanto i guadagni per entrambe le parti coinvolte, ma si recidono ulteriormente quei legami commerciali capaci di promuovere una distensione e un processo negoziale; inoltre, si rende sempre più difficile ricostruire un rapporto come quello prebellico con la Russia, spingendo sempre di più il Cremlino verso il Dragone. Una soluzione, questa, di cui soltanto Pechino beneficerebbe veramente.



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