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Milley da Francesco, un colloquio importante per Ucraina e crisi africane

Di questo colloquio tra il papa e il generale è certamente importante sottolineare che, conversando con la stampa che lo segue, il generale Milley non si è limitato a parlare di soddisfazione, di profondità del colloquio e delle osservazioni che gli sono state fatte, ma anche che non hanno parlato solo di Ucraina, bensì anche di Africa

Il generale a quattro stelle Mark Milley, accompagnato dalla consorte e dalla stampa al seguito, si è recato in Vaticano nelle ore trascorse, dove è stato ricevuto da papa Francesco. Il capo dello Stato Maggiore degli Stati Uniti, che fu nominato da Donald Trump, è al centro degli avvenimenti di questi giorni: la controffensiva ucraina che non sfonda, come lui aveva capito tempo fa, gli F-16, che, sono sempre sue parole, non saranno l’arma magica per risolvere il conflitto, la necessità di avviare un negoziato, di cui ha parlato dopo essersi impegnato per armare Kyiv.

In tutto questo non sembra esserci contraddizione, Milley oggi sembra esprimere la linea di chi vede il negoziato possibile proprio per le scelte che lui ha gestito sin qui. E militarmente parlando ha un senso. Ma tra circa un mese lui dovrà lasciare il suo incarico, e così il colloquio con papa Francesco sembra acquisire maggiore senso, non minore. Il tempo stringe per molti a Washington, a cominciare da Joe Biden. Non solo per la rotazione ai vertici del Pentagono, ormai imminente, ma anche per la campagna elettorale, anch’essa alle porte. Così il cattolico Milley va in Vaticano e il papa – a differenza di quanto avvenne con il trumpiano Pompeo, capo del Dipartimento di Stato al tempo e portatore di un diktat anti-cinese per la Santa Sede – lo riceve, esprimendo tutta la sua preoccupazione per un conflitto che si sta dimostrando dall’altissimo costo anche in termini di vite umane, di soldati dell’una e dell’altra parte oltre che, tragicamente, di civili.

Washington guarda con attenzione al papa, forse si potrebbe supporre più di Mosca, l’unica capitale protagonista del conflitto dove l’inviato del papa, il cardinale Zuppi, non è stato ricevuto dal presidente, cioè da Putin. Diversamente è andata a Kyiv e Washington. Eppure la lettura più ricorrente è che le resistenze a tentare percorsi di pace vengano da questi due versanti e questo non deve disturbare, perché il papa tutto può essere fuorché il chierichetto di Biden. Non lo è, non può esserlo e non vuole esserlo, perché la sua Chiesa è globale, non più occidentale.

La richiesta esplicitata dal cardinale Zuppi di un maggiore impegno europeo per la pace potrebbe far risaltare il senso delle affermazioni recenti del generale Milley: cioè non confondere la pace con la resa e non confondere i desideri con la realtà.

Milley con quanto ha detto nei giorni precedenti la sua visita in Vaticano è parso indicare una realtà diversa da quella dei cow-boy all’assalto di cosacchi e forse è la politica americana a spiegarlo, più che altre valutazioni. Per il papa che ha sempre sostenuto che la realtà è superiore all’idea il generale Milley potrebbe essere stato il giusto interlocutore, pur appartenendo a un mondo operativo davvero molto lontano più che diverso dal suo. Ma non è certo questa lontananza a poter far ipotizzare un rifiuto dell’incontro da parte di Francesco, anzi, forse è vero il contrario. Ma questo mese che resta a Milley per guidare le Forze Armate del suo Paese cosa potrà consentirgli di fare? I giorni sembrano molto importanti, più importanti che pochi. E le intenzioni della difficilmente interpretabile Mosca saranno decisive. Come quelle di Kiev, non sempre in sintonia con Milley, ovviamente. Tanto è vero che il generale oltre a definire gli F16 non l’arma magica, avrebbe fatto intendere – secondo alcune fonti giornalistiche – che armamenti offensivi non sono oggi ciò che serve a Kiev. Milley ha salutato il Vaticano e sarà interessante vedere quando il cardinal Zuppi si recherà, come è nelle sue intenzioni, a Pechino.

Ma di questo colloquio tra il papa e il generale è certamente importante sottolineare che, conversando con la stampa che lo segue, il generale Milley non si è limitato a parlare di soddisfazione, di profondità del colloquio e delle osservazioni che gli sono state fatte, ma anche che non hanno parlato solo di Ucraina, bensì anche di Africa. E sebbene non abbia specificato di quale delle tante afriche si sia parlato è evidente che i rilevantissimi avvenimenti militari nel Sahel e segnatamente in Niger, come negli altri Paesi limitrofi interessati da recenti golpe, avranno certamente avuto una fetta rilevante dell’attenzione, come le loro conseguenze sugli equilibri nordafricani e sulle dimensioni del dramma migratorio.


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