Il dispiegamento di aerei e l’addestramento congiunto tra Italia e Giappone contribuiscono significativamente all’incremento delle competenze operative. Non bisogna però sottovalutare anche il significato politico dell’operazione che vede Tokyo ormai appartenere alla comunità delle democrazie sviluppate. Il punto del generale Vincenzo Camporini, già capo di Stato maggiore della Difesa e dell’Aeronautica
Il 2009 fu un anno difficile per l’economia mondiale, e italiana in particolare, e la parola d’ordine per chi gestiva fondi pubblici era “tagliare”. La Difesa fu fortemente penalizzata e si cercò di risparmiare l’impossibile; un provvedimento fu quello della revisione dello schieramento degli addetti militari: alcune sedi vennero accorpate, altre vennero semplicemente chiuse. Tra quelle da chiudere venne presa in considerazione la sede di Tokyo, in quanto i rapporti tra i due Paesi in tema di difesa erano da anni praticamente inesistenti, sia dal punto di vista della cooperazione militare sia da quello industriale. L’importanza dei rapporti bilaterali, tuttavia, era tale da far scartare l’idea ed oggi, a distanza di pochi anni, dobbiamo esserne oltremodo lieti.
Non solo in questo periodo è radicalmente mutato il quadro strategico, ma si sono via via incrementati i rapporti bilaterali, prima con il forte interesse giapponese alla produzione elicotteristica nazionale e poi con lo stabilirsi di relazioni tra i rispettivi vertici della difesa, grazie anche alle occasioni di incontri in fori multilaterali.
Da qui la decisione di Tokyo di inserire allievi piloti militari e istruttori giapponesi nei corsi di addestramento avanzato (Fase IV) presso l’International flight training school (Ifts) che l’Aeronautica militare ha costituito a Decimomannu in partnership con Leonardo.
La decisione giapponese di guardare alla Gran Bretagna e all’Italia per lo sviluppo del proprio futuro sistema da combattimento aereo, il Global combat air programme (Gcap), ha ulteriormente consolidato i crescenti rapporti fra i nostri Paesi in un’ottica di mutua fertilizzazione tecnologica, ma con importantissime conseguenze dal punto di vista operativo: disporre dello stesso sistema d’arma comporta la necessità di un continuo scambio delle rispettive esperienze, al fine di ottimizzare l’output capacitivo offerto dal sistema.
È in questa prospettiva che deve essere guardato il rischieramento sulla base di Komatsu, sulla costa occidentale del Giappone, di un gruppo tattico dell’Aeronautica militare italiana, comprendente quattro F35, un Caew, tre aerorifornitori KC-767A e un C130J, perché soltanto con queste attività congiunte si può sviluppare quella conoscenza reciproca, anche a livello personale, che rende possibile lo scambio di esperienze e di conoscenze e l’affinamento delle tattiche di impiego.
Il rischieramento in sé costituisce un prezioso momento addestrativo, per la complessità logistica della sua organizzazione e della sua esecuzione; e il patrimonio di esperienza che se ne trarrà darà un contributo significativo all’affinamento delle necessarie capacità operative.
Non bisogna certo sottacere anche il significato politico dell’operazione: si è ormai radicato il concetto dell’appartenenza del Giappone alla più ampia comunità delle democrazie sviluppate, con rapporti organici anche nell’ambito militare. Ed è altrettanto chiaro che una delle aree del globo dove si stanno concentrando gli ingredienti per una drammatica crisi è incentrata nelle immediate vicinanze del Giappone che si trova periodicamente ad assistere alle prodezze missilistiche della Corea del Nord e che non può non guardare con estrema preoccupazione alla progressiva nazionalizzazione del Mar della Cina Meridionale da parte di Pechino, con tutte le conseguenze sull’agibilità delle rotte commerciali vitali per Tokyo.
Ovviamente ciò non significa che ci debba essere un coinvolgimento diretto dei Paesi europei, ma che ci si debba impegnare per aiutare le potenze regionali ad acquisire le necessarie capacità militari, questo sì.
Da ciò l’opportunità di forme di addestramento congiunte che possano migliorare la capacità di reazione di ciascun componente.
In quest’ottica, l’effettuazione di esercitazioni complesse con l’impiego di mezzi dell’ultima generazione assume una duplice valenza: quella tecnico-militare e quella di mutuo supporto politico. Per questo motivo l’iniziativa dell’Aeronautica militare, così come quella similare della nostra Marina, merita pieno apprezzamento e costituisce un valido investimento delle risorse necessarie.