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Più della retorica anti-occidentale, i Brics devono pensare allo sviluppo. L’analisi di Hung Tran

I Brics “possono svilupparsi e diventare efficaci se si concentrano su questioni pratiche che potrebbero portare benefici per la crescita dei Paesi in via di sviluppo invece di diventare un forum per la retorica anti-Usa e anti-Occidente”, spiega Tran (GeoEconomics Center, Atlantic Council)

“Dovremmo consentire a più Paesi di unirsi alla famiglia Brics, al fine di rendere la governance globale più giusta e ragionevole”, ha detto il leader cinese, Xi Jinping, durante il summit che il raggruppamento composto da Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica sta tenendo a Johannesburg. Tre dozzine di Paesi hanno espresso interesse ad aderire ai Brics nel corso degli ultimi anni, e il gruppo è impegnato nel trovare il giusto equilibrio tra l’ammissione di nuovi membri (che potrebbe rafforzare il peso economico e l’influenza politica dell’organizzazione) e il rischio di diluire il sistema facendolo diventare troppo multilaterale.

Come allargare il gruppo?

La Cina ha le sue ragioni per spingere, altri componenti frenano. C’è un problema sul cosa dovrebbe significare un allargamento, emerso palesemente durante il vertice sudafricano. “I Brics al momento e in qualsiasi espansione futura sono costituiti da diversi Paesi con diversi interessi nazionali e traiettorie di sviluppo”, spiega Hung Tran del GeoEconomics Center dell’Atlantic Council. “Tuttavia, possono svilupparsi e diventare efficaci se si concentrano su questioni pratiche che potrebbero portare benefici per lo sviluppo ai Paesi in via di sviluppo invece di diventare un forum per la retorica anti-Usa e anti-Occidente”.

Un blocco contro il G7

La vigilia del summit è stata segnata da due complessità collegate. La prima, tecnica, sollevata da India e Brasile contro i desideri di allargamento della Cina: aprire alle richieste di adesione presuppone la definizione di criteri, dicono gli indiani e i brasiliani (e in misura meno esplicita anche i sudafricani). Il punto, è questa la seconda complessità, è che per i cinesi quelle adesioni hanno un valore più politico perché, come titolava il Financial Times, “China urges Brics to become geopolitical rival to G7”.

Desiderio condiviso

“Il G7 è diventato più efficace nel coordinare le proprie opinioni e politiche per affrontare i problemi globali, in particolare in vista di importanti incontri internazionali come quelli del G20”, commenta Tran con Formiche.net. “È quindi naturale che i principali Paesi in via di sviluppo del Sud del mondo vogliano coordinare le loro opinioni al fine di rafforzare le loro posizioni nei confronti di quelle del G7. Questo è un desiderio condiviso di tutti i membri dei Brics e di molti altri nel Global South. Quindi, man mano, e se, i Brics diventano più coerenti e in grado di modellare un’agenda comune, essenzialmente su come soddisfare le esigenze di sviluppo dei Paesi in via di sviluppo, diventeranno una controparte del G7”.

Contro i gruppi esclusivi

“Le norme internazionali dovrebbero essere scritte e sostenute da tutti i paesi sulla base degli scopi e dei principi della Carta delle Nazioni Unite, piuttosto che dettate da coloro che hanno i muscoli più forti e la voce più forte”, ha aggiunto il leader cinese. I Paesi Brics secondo Xi dovrebbero scegliere “in modo indipendente il percorso di sviluppo”, muoversi “insieme verso la modernizzazione, essere compagni sulla strada dello sviluppo e della rivitalizzazione e opporsi al disaccoppiamento e alla rottura delle catene degli approvvigionamenti e alla coercizione economica”. Parla dei problemi a cui la Cina potrebbe andare incontro se i processi di re-shoring – in ottica friend-shoring – e di de-risking dovessero andare in porto. Stati Uniti, Unione europea e Paesi like-minded (come Giappone, Canada, Corea del Sud, Taiwan, Regno Unito) stanno valutando come diminuire le proprie dipendenze dalla Cina – anche sull’onda di quanto successo riguardo alla dipendenza energetica sviluppata da alcuni nei confronti della Russia.

È in arrivo una nuova Bretton Woods?

Il presidente cinese ha inoltre invocato una riforma delle regole della finanza internazionale. È un altro dei temi che esce dal summit, soprattutto sotto forma di narrazione, spesso spinta da critici dell’Occidente (anche in Occidente, dove ancora quelle critiche possono essere espresse), riguarda l’idea che i Brics possano spingere per riformare l’insieme di regole economiche-finanziarie internazionali note come Accordi di Bretton Woods. “Riformare o rilanciare un nuovo sistema e le nuove istituzioni di Bretton Woods richiederebbe una forte fiducia e cooperazione internazionale, soprattutto tra i principali paesi del mondo”, spiega l’esperto di geoeconomia del think tank statunitense. “Questo requisito manca, invece abbiamo un’escalation della concorrenza e della tensione geopolitica. Quindi nessun nuovo Bretton Woods in vista, per ora”.


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