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L’ora delle infrastrutture. La carica di Salvini e Ferraris da Rimini

Al Meeting di Comunione e Liberazione il ceo di Ferrovie e il ministro dei Trasporti ribadiscono l’opportunità di cogliere il momento per ammodernare un Paese che ha un disperato bisogno di grandi opere. Purché si spenda bene

Ci sono momenti nella storia di un Paese in cui bisogna avere il coraggio di investire, possibilmente bene. Questo è uno di quelli, a sentire chi in Italia rappresenta il mondo delle infrastrutture, dentro e fuori il palazzo. Ovvero il ceo delle Ferrovie, Luigi Ferraris, e Matteo Salvini, ministro dei Trasporti. I quali, dal palco del Meeting di Rimini, hanno spiegato perché l’Italia non può perdere la coincidenza con la crescita.

“In Italia le infrastrutture sono state concepite e realizzate mediamente 50-60 anni fa e in 60 anni di cose ne sono accadute”, ha messo subito in chiaro l’ex ceo di Terna, intervenuto a un dibattito proprio insieme al leader della Lega. “Oggi siamo in una fase storica irripetibile in cui si sta implementando la programmazione e la realizzazione. Noi come Ferrovie abbiamo la responsabilità di realizzare questi progetti in modo ordinato, mettere in piedi un piano con una visione decennale”. Parole che arrivano a pochi giorni dall’annuncio di Piazza della Croce Rossa di puntare 200 miliardi di euro solo sull’Italia, nell’ambito di un piano industriale che punta a triplicare il fatturato del gruppo.

“Bisogna immaginare come sarà il nostro Paese domani e che fabbisogni avrà e di qui nasce piano decennale: la Napoli-Bari, il terzo valico, l’alta velocità sono l’inizio di un percorso che deve vedere un aumento almeno del 20% della capacità di trasporto passeggeri. Ma serve uno sforzo ancora più forte nella capacità di trasporto merci dove rischiamo di rimanere ingolfati se non ci muoviamo subito”. Tra i problemi per la realizzazione delle opere, Ferraris ha sottolineato “il tema competenze su cui dobbiamo lavorare. Se siamo stati fermi per anni sulle infrastrutture le competenze si perdono”.

Immediata la grancassa di Salvini. Che, nel ricordare come le ultime grandi opere risalgano ai governi Berlusconi, ha spostato l’asse del discorso sul Pnrr. “Abbiamo il dovere di spendere tutto e bene, proprio perché non sono soldi regalati. Come ministero riteniamo siano una grande occasione, non solo: abbiamo confermato la disponibilità a spendere anche di più”. Immancabile un riferimento alla madre di tutte le suggestioni del governo Meloni, il Ponte sullo Stretto di Messina.

“Ci metto tutto me stesso, con riunioni quotidiane, perché al padiglione del Mit che troverete al Meeting nell’estate del 2024, spero, ci siano le telecamere sui cantieri che nel frattempo saranno aperti dopo 52 anni. L’anno prossimo di questi tempi l’obiettivo è avere una telecamera che collega Rimini con Messina e con Villa San Giovanni”. Nel complesso, “contiamo che la prima pietra del ponte sullo Stretto possa essere posata tra un anno e siamo convinti che il progetto, che aveva già superato tutti i passaggi tecnici e burocratici, debba solo essere aggiornato”.

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