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Sul salario minimo serve l’approccio pragmatico della Costituente. Parla Pombeni

L’idea del presidente del Consiglio è arrivare, tra sessanta giorni e prima della Finanziaria, a una proposta condivisa sul salario minimo. Nella concertazione palazzo Chigi vuole coinvolgere anche il Cnel. Da Movimento 5 Stelle e Pd reazioni insoddisfatte dopo il confronto di ieri, più dialogante invece Calenda (Azione). Ora, entrambe le parti, devono abbandonare l’ideologia e lavorare sul pragmatismo. Conversazione con il politologo di Unibo

La parola chiave è confronto e l’obiettivo è quello di arrivare, anche grazie al coinvolgimento del Cnel, a “una proposta condivisa” da elaborare prima della legge di Bilancio. Deadline: sessanta giorni. Queste sarebbero le idee del premier Giorgia Meloni che, assieme a una folta rappresentanza del governo, ieri pomeriggio ha incontrato i big dell’opposizione (a eccezione di Matteo Renzi) per discutere della proposta legata all’introduzione del salario minimo. Le reazioni, a seguito del vis-à-vis, sono state differenti. Se per il leader del Movimento 5 Stelle, Giuseppe Conte, il governo “getta la palla in tribuna” e per la segretaria del Pd, Elly Schlein “non c’è una proposta dell’esecutivo, che non ha le idee chiare: noi lanceremo una raccolta di firme perché c’è un forte consenso popolare”, il più dialogante è il numero uno di Azione, Carlo Calenda.

“Per la prima volta dopo tanti anni – scrive i un post – governo e opposizione hanno discusso per due ore nel merito di una proposta sul lavoro. Per una volta si parla di numeri, contratti e dati e non di slogan e altro rumore inutile. È solo un primo passo e l’esito non è affatto scontato. Ma è un passo. Nessuno si è sbattuto la porta in faccia. Partiamo da qui”. “La difesa dei salari e del reddito degli italiani – scrive il premier in una lettera al Corriere – è la nostra priorità. Ogni proposta che va in questa direzione, trova il nostro ascolto. Non abbiamo pregiudizi ideologici: siamo pragmatici”. Ed è proprio “l’approccio pragmatico quello che serve per dirimere queste questioni. Sia da parte della maggioranza che da parte dell’opposizione”. La pensa così Paolo Pombeni, politologo e docente dell’Università di Bologna.

Professore, dopo tanto tempo governo e minoranza si trovano a discutere su un tema fondamentale come quello del lavoro. È già un fatto rilevante, no?
Impostare un confronto proficuo sul tema del salario minimo conviene sia alla maggioranza che all’opposizione. Tutti gli italiani sentono la necessità di un miglioramento delle condizioni di lavoro. Anche gli elettori di questo governo. E Giorgia Meloni lo sa bene. In qualche modo il tema del salario minimo riguarda potenzialmente molti lavori che fanno molti giovani, anche i figli del “ceto medio”. Dunque è prioritario dare loro una risposta.

Politicamente, su questo forze molto distati tra loro – Azione e il Movimento 5 Stelle – hanno trovato un punto di incontro.
Ritengo che sia dettato da una strategia politica e, parallelamente, dalla stessa consapevolezza che ha mosso il governo ad avviare il confronto a palazzo Chigi con l’opposizione: è un tema molto caldo e che riguarda una platea foltissima e variegata di persone. Ora, visto che la strada deve essere il pragmatismo, bisognerà capire in che modo mettere a terra queste proposte.

Pare che da entrambi gli schieramenti, dopo il confronto di ieri, ci sia la disponibilità a superare gli steccati ideologici. Ora che cosa succederà al salario minimo?
Se è vero che è un tema molto sentito, è altrettanto vero che rappresenta un terreno estremamente scivoloso. Vanno considerate con il giusto peso, infatti, le paure espresse da alcuni industriali molto corretti che temono, a seguito dell’introduzione del salario minimo, di peggiorare le attuali condizioni di trattamento contrattuale riservato ai dipendenti.

Si torna all’allargamento della contrattazione nazionale collettiva, che è stato un cavallo di battaglia del segretario generale della Cisl, Luigi Sbarra.
L’aumento della contrattazione collettiva è giusta e deve essere un obiettivo da perseguire anche al di là del salario minimo. Penso però, che in certi contesti come ad esempio quello degli studi professionali, l’introduzione della norma possa abbassare – legalmente – livelli di retribuzione già piuttosto bassi. Non solo. Ritengo che l’efficacia del salario minimo sia direttamente proporzionale al controllo che verrà fatto sulla sua effettiva applicazione nei posti di lavoro. Possiamo legiferare finché vogliamo, ma se non si intensificano le verifiche, gli obiettivi prefissati vengono meno.

Dopo il confronto di ieri, che comunque ha gettato le basi di un dialogo costruttivo, che esito prevede al temine dei sessanta giorni di tempo che il governo ha fissato per arrivare alla proposta condivisa?
Difficile fare una previsione di questo tipo. Mi permetto solo di avanzare un punto di vista sotto il profilo metodologico. Occorre, secondo me, rinunciare all’idea di una vittoria di una parte sull’altra. Ci deve essere una mediazione. L’approccio deve essere quello adottato dalla Costituente.



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