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I mali dell’Occidente e quella sfida che i Brics non possono vincere. Parla Tremonti

Colloquio con l’ex ministro dell’Economia, oggi presidente della Commissione Esteri alla Camera. La scienza è l’ingrediente fondamentale per la crescita, ma non esiste scienza laddove non c’è libertà. Per questo non mi aspetto una sconfitta dell’Occidente. E poi Cina e India mancano di unità perché sono in opposizione tra loro

L’Occidente, quello industrializzato, avanzato e ben ancorato al dollaro americano e agli equilibri sanciti da Bretton Woods, non può certo ignorare la sfida dei Brics riuniti, proprio in questi giorni, a Johannesburg. Cinque economie (Russia, Cina, India, Sudafrica e Brasile) un tempo emergenti, oggi qualcosa di più, decisamente più solide tanto da valere il 26% del Pil globale. Anche se non mancano gli acciacchi, a cominciare proprio dalla Cina. In mezzo, quel Sud Globale che fa gola tanto agli Stati Uniti, quanto alla Cina e all’India, questa sì la vera rivale del Dragone, sempre che non l’abbia già battuto anche sul ring della crescita, dopo il sorpasso sulla natalità.

E qui viene il punto. Può l’Occidente, che proprio nei giorni scorsi ha dovuto ingoiare il downgrade dell’economia americana per mano di Fitch, essere sconfitto oggi o domani dal blocco contrapposto? Difficile dirlo, ma per il momento non appare un’opzione. E questo per un motivo molto semplice, spiega a Formiche.net chi conosce fin troppo bene la materia, tanto da avervi dedicato più di un saggio: Giulio Tremonti, ex ministro dell’Economia nei governi Berlusconi, oggi presidente della Commissione Esteri della Camera e padre non certo putativo di svariate riforme, da quella fiscale fino ad arrivare a quella che traghettò Cassa Depositi e Prestiti fuori dalla Pa. A chi si contrappone all’Occidente e ai suoi alleati, manca un elemento essenziale. La libertà.

Flashback. Il G7 ha origine nel 1975, in una fase storica in cui l’Occidente è assediato. A quell’altezza di tempo l’ondata comunista pareva capace di irradiare il mondo, da Est verso l’America meridionale, verso l’Africa, verso l’Asia e oltre la Cina. La reazione, davanti al camino del castello di Rambouillet, fu che l’Occidente si strinse a difesa dei suoi valori. D’altronde all’epoca c’erano statisti e non turisti della storia. Subito dopo il G5 divenne il G7″, premette Tremonti.

“Per ironia della storia la debolezza stava nel fatto che il comunismo si stava sgretolando nel suo stesso luogo di origine, cioè la Russia. Ora, cosa è stato il G7? Un corpus politico unificato da tre codici: uno politico, la democrazia; uno linguistico, l’inglese; uno economico, il dollaro. Nel G7 stavano meno di 800 milioni di persone, ma il grosso dell’umanità, molti miliardi di individui, ruotava intorno allo stesso G7. Era il Washington consensus la sorgente primaria dell’ideologia della globalizzazione”.

Ma poi, qualcosa cambiò. Ed è lo stesso Tremonti a raccontare come andarono i fatti. “Poi arrivò la crisi finanziaria, nel 2008, ma contro le apparenze non era solo una crisi finanziaria, era soprattutto una crisi politica. Lo spostamento della fabbrica in Asia arricchiva le élite, le banche, le multinazionali ma impoveriva la classe operaia dell’Occidente. Già nel 1995 scrissi in tal proposito “Il fantasma della povertà”. Tra il 2008 e il 2010 emerse, al posto del G7, il G20, come luogo di unione politica a fronte della crisi, e questo nonostante le differenze tra i Paesi. Questo modello funzionerà almeno per due anni ma poi, superata l’emergenza, tutto tornerà come prima, anzi peggio”, spiega l’ex ministro e giurista.

“In Occidente si è finiti per fare l’opposto rispetto a dopo il 1929, quando si punivano i banchieri colpevoli e si facevano regole che limitavano il potere delle banche e si introduceva la commissione di vigilanza, ovvero la Sec. Dopo il 2008 non si è fatto nulla di questo: si sono premiati i colpevoli, si è stampata moneta, si sono violate tutte le regole da billion a trillion, senza considerare che dal 2012 la Banca centrale ha violato anch’essa certe regole. Quanto alla Cina, regime comunista, oggi si fanno politiche keynesiane: grandi investimenti pubblici nelle città cosiddette centrali. Faccio notare che una delle società che hanno realizzato questi investimenti (Evergrande, ndr) aveva una incorporazione in Delaware, paradiso fiscale americano, l’altra ha un nome inglese, Country Garden”, chiarisce Tremonti.

Che poi stringe il campo. “La mutazione che è avvenuta nel capitalismo, con il passaggio da billion a trillion, con una massa sconfinata di derivati, con l’apparizione, dominante, dei fondi speculativi e con i pc che permettono movimenti di denaro istantanei ha portato lo stesso capitalismo a perdere la sua essenza. Un capitalismo non fatto più da grandi banche, controlli e fondi pensioni, ma dominabile dal rischio e dall’anarchia dell’egoismo”. Non è finita, c’è un secondo punto, più geopolitico e che tira in ballo direttamente i Brics.

“Non vedo grande unità, nemmeno nell’opposizione all’Occidente, in quanto mi pare che nei Brics domini l’opposizione tra loro, in particolare tra Cina e India. E poi non vedo grandi prospettive di sviluppo, il quale passa dalla scienza e la scienza passa per la libertà. In India di libertà ce ne è in un certo grado, ma non certo in Cina. Trovo quindi difficile vedere un grande futuro per i Brics, un sistema nei quali Russia e Cina sono la parte principale, o almeno pensano di esserlo, ma ambedue senza libertà”.



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