Secondo Dubowitz e Goldberg, della Foundation for Defense of Democracies, l’accordo a tre Riad-Washington-Tel Aviv sarebbe un passo storico nelle relazioni regionali, ma si porta dietro il rischio di una richiesta atomica da parte dei sauditi. Per Parsi (Quincy Inst.) serve valutare i rischi di squilibri con l’Iran
L’amministrazione Biden sta cercando di minimizzare le voci riguardanti un accordo tra Stati Uniti e Arabia Saudita per stabilizzare i rapporti con Israele. L’intesa è data per imminente, forse in arrivo a fine anno, ma il capo delle comunicazioni strategiche del Consiglio per la Sicurezza Nazionale statunitense, John Kirby, ha affermato che, nonostante il presidente Joe Biden abbia autorizzato discussioni di alto profilo con i leader sauditi, le indiscrezioni sulla firma di un accordo hanno creato una sbagliata sensazione di certezza. Affermazioni che a loro volta hanno invece lasciato un alone di incertezza.
Il contesto
In quello stesso giorno, il Wall Street Journal ha rivelato che Arabia Saudita e Stati Uniti hanno tracciato una “mappa generale” per un accordo di normalizzazione con Israele. Dei dettagli non c’è certezza assoluta, ma i sauditi avrebbero cercato impegno da parte di Tel Aviv per promuovere un futuro stato palestinese, mentre in cambio, gli Stati Uniti avrebbero richiesto il distanziamento economico e militare dall’influenza della Cina, l’alleato di lunga data dell’Arabia Saudita. Un’intesa di questo tipo, sostenuta dalle dinamiche dell’industria del petrolio, potrebbe influenzare drammaticamente i mercati globali.
L’analisi della FDD
Secondo Mark Dubowitz, il Ceo della Foundation for Defense of Democracies, che in passato è stata criticata per aver tenuto una linea troppo dura con l’Iran (convitato di pietra dell’eventuale accordo Riad-Washington-Tel Aviv), sottolinea che l’accordo potrebbe essere un catalizzatore per la pace e la stabilità nella regione. Tuttavia, solleva un’allarmante considerazione: l’Arabia Saudita potrebbe richiedere il diritto all’arricchimento dell’uranio, innescando una corsa al nucleare in Medio Oriente. Richard Goldberg, senior adviser di Fdd, concorda su questa strada minata da una richiesta chiave: l’Arabia Saudita vuole il nucleare sul proprio territorio. Tuttavia, Washington potrebbe mettere fine a queste contese, dimostrando coerenza con le sanzioni Onu e l’opposizione all’arricchimento dell’uranio in qualsiasi forma, è la conclusione dell’Fdd.
Il dibattito sulla Palestina
Non di meno peso è il dibattito sulla creazione di uno stato palestinese. Le audaci richieste dell’Arabia Saudita creano una scena in cui le priorità israeliane e palestinesi si intrecciano in un gioco diplomatico ad alta tensione, spiega Fdd. Le parole del primo ministro israeliano, Benjamin Netanyahu, durante un’intervista esclusiva a Bloomberg, gettano ulteriore argomenti sul tavolo, delineando la sfida che i negoziatori devono affrontare. Netanyahu si è detto disponibile infatti a fare concessioni ai palestinesi, ma sottolineando che non ci sarà niente che possa mettere a rischio integrità e sicurezza di Israele. Dichiarazione vaga nei dettagli, ma piuttosto chiara nello spirito.
Le complessità dell’intesa
Allo spettro della proliferazione nucleare e la complessità delle relazioni con i palestinesi, va aggiunta la dimensione geopolitica in gioco. L’Iran ha una sua parte nella storia, in quanto Teheran potrebbe sentirsi minacciato dall’intesa, come sottolineato in un thread su X da Trita Parsi, vicepresidente del Quincy Institute ed esperto d’Iran criticato per essere troppo aperto nei confronto della Repubblica islamica. In questo quadro, l’armonizzazione tra Arabia Saudita, Stati Uniti e Israele si presenta come un intricato enigma che richiede una risposta convincente. Il destino di questa trama diplomatica, che si snoda tra richieste e strategie, rimarrà un argomento di discussione affascinante nei corridoi del potere internazionale.