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Ecco come l’algoritmo di TikTok fomenta le proteste

La Bbc ha preso in esame diversi casi di cronaca e ha notato che la piattaforma di ByteDance riesce a raggiungere molti più utenti rispetto alle altre. Il social cinese ha avuto un ruolo di primo piano nelle proteste degli ultimi mesi: non solo nelle manifestazioni più naturali, come quella per la morte del giovane Nahel in Francia, ma anche quelle più assurde, come i saccheggi a Oxford Street

Dopo la morte del giovane Nahel M. per mano di un agente di polizia, di fronte alle proteste che montavano in tutta la Francia il presidente Emmanuel Macron aveva pensato a un’idea che ha fatto piuttosto rumore. “Considero la possibilità di sospendere i social media. Bisogna riflettere sul loro utilizzo trai più giovani e sui divieti da mettere in atto. Quando le cose sfuggono di mano, forse bisogna mettersi nella posizione di regolamentarli o bloccarli”. Parole che si erano trascinate dietro non poche polemiche, come inevitabile che fosse. Reprimere le proteste bloccando i social network è infatti una misura forte, che sfiora i limiti della democraticità. Ma su una cosa la Bbc sembra dare ragione al capo dell’Eliseo: i social network possono far proliferare la rabbia e incitare a comportamenti antisociali. E per darne prova si è preso come esempio TikTok, il cui algoritmo e design incentivano le persone a vedere video o altri contenuti che normalmente non verrebbero consigliati, incentivandoli a replicare o a prender parte di ciò che osservano.

Di casi che dimostrerebbero questa tesi ce ne sono diversi. Nel novembre dello scorso anno, a Moscow nell’Idaho, quattro studenti vennero trovati morti, uccisi a coltellate nella casa in cui vivevano in affitto vicino al college. Chi fosse l’omicida non è stato chiaro fin dal principio, così sono emerse teorie speculative per cercare di trovarne uno. Il livello di engagement di TikTok su storie come queste aumenta infatti l’interesse degli utenti a creare contenuti collegati.

Il caso è montato in modo differente in base al canale: se su YouTube le visualizzazioni dei contenuti creati erano arrivate a 80mila, su TikTok si aggiravano su due miliardi. Questo perché sul social cinese, quel video non viene solo sponsorizzato ad amici e followers, ma spammato a tutti gli utenti che potrebbero esserne interessati, con maggiore velocità rispetto agli altri social. Con risultati anche drammatici. Chiedere a Jack Showalter, “il ragazzo con la felpa con il cappuccio”, accusato ingiustamente di essere l’assassino – non lo era.

Un altro caso di cronaca è montato su TikTok: la scomparsa di Nicola Bulley, avvenuta nel piccolo villaggio di St Michael’s on Wyre nel Lancashire. Molte persone hanno iniziato a pubblicare video su questa vicenda, compresa Heather che aveva inventato un racconto sulla migliore amica della donna sparita nel nulla. Nonostante ciò, nel giro di tre giorni ha raggiunto 3,6 milioni di visualizzazioni. Nelle prime settimane della sua scomparsa, l’hashtag su Nicola Bulley è stato ottenuto 270 milioni di visualizzazioni sul social di ByteDance, un’enormità rispetto alla concorrenza. Per la cronaca: Bulley è stata ritrovata in un fiume non troppo lontano dal luogo dove era scomparsa, morta probabilmente per cause accidentali.

Da tenere dentro al discorso c’è anche la protesta che ha montato in diversi college inglesi, quando al Rainford High School nel Merseyside erano state misurate le lunghezze delle donne indossate dalle studentesse. Sentendosi umiliate, hanno protestato pubblicizzando il loro dissenso – pacificamente e non – su TikTok, facendolo diventare virale: da una scuola si è passati a sessanta nel giro di tre giorni e poi a cento dopo una settimana. Il motivo è semplice e riguarda il fatto che agli account di giovani utenti venivano sottoposti i soliti video di sport e videogiochi e, subito dopo, delle proteste in corso.

Sempre per colpa di TikTok sono montati anche i saccheggi nei negozi di Oxford Street, nel cuore di Londra. L’algoritmo che ha iniziato a circolare invitava a radunarsi nella celebre via della capitale alle ore 15 e derubare i prodotti del negozio sportivo JD robbery e di quelli limitrofi coprendosi il viso ma senza portarsi dietro armi. Il che ha portato a scene di panico e scontri con le forze dell’ordine.

Di questo racconto c’è un punto di fondo che forse spiega il perché TikTok diventa megafono di certe storie. La sicurezza del social network riguarda i contenuti dannosi, ma non è preparata per prevenire episodi come quelli sopra descritti. Un portavoce della società ha anche tentato di minimizzare, sottolineando la normalità che certi temi rivestono. Il problema è che la velocità di diffusione è totalmente differente rispetto ad altri canali.

Questi rappresentano uno strumento utilissimo per l’attivismo sociale, coadiuvato nella sua fase preparatoria. Senza social network, magari, il movimento Fridays for Future non avrebbe avuto la stessa popolarità. Ma allo stesso tempo rischiano di fomentare rivolte, delle volte anche insensate come quelle londinesi. Ecco, è lì che bisognerà intervenire.

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