Una soluzione definitiva, anche con la responsabilità assunta da un Paese forte, non sembra più procrastinabile, dal momento che già l’Ue deve affrontare il protrarsi della guerra in Ucraina, le fibrillazioni in Nagorno-Karabah e le conseguenze (anche geopolitiche) della crisi energetica. Un altro fronte irrisolto sarebbe troppo
Ieri una sparatoria tra la polizia e uomini armati di etnia serba, con 4 morti. Oggi l’intervento dei blindati per mettere in sicurezza e perquisire un villaggio nel nord del Kosovo. Banjska può rappresentare il punto del non ritorno della tensione fra Serbia e Kosovo: lo scontro tra la polizia e il gruppo che si era barricato in un monastero serbo-ortodosso arriva dopo un lungo braccio di ferro tra le due parti, invitate dall’Ue a rientrare in una fase di normalità politica e sociale. Ma le ferite della guerra nella ex Jugoslavia continuano ad essere preda di attenzioni esterne, che investono tempo e risorse anche al fine di destabilizzare l’Ue.
Gli arresti
I tre serbi erano stati arrestati in Kosovo mercoledì scorso con l’accusa di aver commesso crimini di guerra. Vucic subito aveva invitato tutti i rappresentanti internazionali a reagire, “a fare tutto ciò che è in loro potere affinché i serbi possano sopravvivere sul territorio del Kosovo e Metohija, affinché le persone che non sono colpevoli di aver fatto nulla a nessuno vengano rilasciate nelle loro case”. Tra l’altro la questione era stata sollevata anche all’Assemblea generale dell’Onu a New York, nelle stesse ore in cui la polizia kosovara teneva i tre in custodia cautelare: tra loro pare ci fosse anche un uomo anziano, malato di cancro, oltre ad un ex poliziotto e sfollato, arrestato nel comune di Zvecan.
Una soluzione definitiva, con anche la responsabilità assunta magari da un Paese forte, non sembra più procrastinabile, dal momento che già l’Ue deve affrontare il protrarsi della guerra in Ucraina, le fibrillazioni in Nagorno-Karabah e le conseguenze (anche geopolitiche) della crisi energetica. Un altro fronte irrisolto sarebbe troppo.
Lo scontro
Nonostante la comunità albanese sia di fatto maggioranza dei quasi 2 milioni di abitanti del Kosovo, la comunità serba che vive nella parte settentrionale non accetta la dichiarazione di indipendenza del Kosovo del 2008 e considera Belgrado capitale. Il primo ministro del Kosovo Albin Kurti ha accusato la Serbia di finanziare e inviare uomini armati in Kosovo, mentre Aleksandar Vucic, presidente serbo, ha negato le accuse. Nel mezzo il numero uno della politica estera europea, Josep Borrell, secondo cui è di primaria importanza normalizzare i legami tra Serbia e Kosovo, accusando Kurti di non aver preso provvedimenti per dare ai serbi maggiore autonomia. Ma secondo il ministro degli Esteri del Kosovo, Donika Gervalla-Schwarz, Borrell non esprime sostegno alla polizia né definisce gli aggressori “terroristi”.
Inoltre la politica del governo del Kosovo di affermare l’autorità su tutto il Paese ha provocato la reazione dei serbi in loco che pretendono anche maggiore autonomia. In precedenza i rappresentanti serbi nel nord del Paese si erano dimessi per protestare contro il divieto delle targhe emesse dalla Serbia, ma alle elezioni locali della scorsa primavera si è verificato il boicottaggio da parte della maggioranza della popolazione serba. Con meno del 4% di affluenza sono stati eletti alcuni sindaci di etnia albanese.
Qui Roma
Della questione hanno discusso al telefono il vice presidente del Consiglio e ministro degli Affari Esteri Antonio Tajani, il Presidente della Repubblica di Serbia, Aleksandar Vučić, e con il Primo Ministro del Kosovo, Albin Kurti. “L’Italia segue con forte preoccupazione i recenti sviluppi nel nord del Kosovo e condanna con la massima fermezza l’attacco armato contro la Polizia kosovara perpetrato nella notte tra sabato e domenica, che è costato la vita a un agente” ha commentato Tajani, aggiungendo che “d’intesa con il Ministro della Difesa Guido Crosetto, siamo disposti a valutare proposte di rafforzamento del dispositivo della Kfor. Faremo di tutto per favorire presenza anche ai confini, per evitare nuovi scontri”.
Il vice premier ha ribadito che “l’Italia resta impegnata in prima linea per la stabilità dei Balcani e per la normalizzazione dei rapporti tra Serbia e Kosovo”. L’obiettivo è dare piena e immediata attuazione a quanto richiesto il 19 settembre dagli Stati membri Ue con dichiarazione rilasciata dall’Alto Rappresentante Borrell. “Il controllo delle frontiere tra Kosovo e Serbia è un impegno dell’Italia. L’Italia vuole la pace”, ha ribadito Tajani.