Washington vuole evitare di creare i presupposti di una nuova rottura dei contatti con Pechino. Gli Usa temono che Xi Jinping si chiuda, isolandosi. Per questo chiedono a Rahm Emanuel di limitare la sagacia contro la Cina
L’amministrazione di Joe Biden avrebbe espresso preoccupazione sul comportamento di Rahm Emanuel, ambasciatore degli Stati Uniti in Giappone, particolarmente attivo sui social media — specialmente X (ex Twitter), anche attraverso l’account dell’ambasciata, che ha il bollino utilizzato per quelli governativi.
Emanuel sta picchiando duro sul leader cinese Xi Jinping. Ma l’amministrazione vive una fase ibrida: da un lato agisce con scelte decise, per esempio quelle sull’export control, che innervosiscono Pechino; dall’altro punta a migliorare le relazioni, anche in vista di un possibile incontro tra Biden e il leader cinese Xi Jinping.
Mentre i commenti di Emanuel hanno destato perplessità tra alcuni funzionari, stando a quanto dicono anonimamente ad alcuni media americani, Washington potrebbe voler frenare per una preoccupazione di carattere a più lunga gittata. Il timore è che le uscite caustiche dell’ambasciatore creino il presupposto per far saltare l’incontro Xi-Biden, previsto in occasione dell’Apec di San Francisco a novembre, e che da questo si apra uno scenario di chiusura ulteriore della Cina. Scenario preoccupante, anche perché Xi sta saltando altri appuntamenti come il G20 e l’assise generale dell’Onu.
Intervento del Consiglio di sicurezza nazionale
Secondo le informazioni della NBC, a intervenire sono stati i funzionari del Consiglio di sicurezza nazionale — guidato da Jake Sullivan, che ha recentemente incontrato il capo della diplomazia cinese a Malta per parlare di come continuare i contatti Washington-Pechino. Avrebbero avvisato lo staff di Emanuel che le sue dichiarazioni rischiano di compromettere gli sforzi dell’amministrazione per ricucire le relazioni tese con la Cina.
Il Consiglio di Sicurezza Nazionale ha sottolineato l’importanza di mantenere un tono diplomatico nelle interazioni con la Repubblica popolare, spiega NBC. Lo stesso presidente Biden ha assunto un tono più conciliante nei confronti della Cina nel suo recente discorso all’Assemblea Generale delle Nazioni Unite.
Le critiche di Emanuel sui social media
Nelle ultime due settimane, Rahm Emanuel, ex capo dello staff della Casa Bianca e falco obamiano, ha criticato apertamente il presidente Xi e ha speculato in modo sarcastico sulla gestione dei principali collaboratori del leader cinese usando l’hashtag “#MysteryInBeijingBuilding”.
Venerdì 8 settembre, il diplomatico aveva paragonato la situazione nel gabinetto di governo cinese a un romanzo di Agatha Christie, riferendosi alla scomparsa dalla scena pubblica del ministro degli Esteri, Qin Gang, di quello alla Difesa, Li Shangfu, e alle epurazioni tra i vertici della Difesa. Sono post come questo a essere ritenuti incoerenti con la messaggistica diplomatica dell’amministrazione.
La difesa di Emanuel
Pechino chiaramente non ha accolto di buon grado i messaggi di Emanuel. Tuttavia finora non ha diffuso dichiarazioni specifiche e non sta usando la questione in senso più ampio contro Washington.
Un portavoce di Emanuel ha contestato le notizie sul rimprovero per le attività sui social media dell’ambasciatore, definendole “assolutamente non vere”. Kurt Campbell, assistente del segretario di Stato con delega all’Asia orientale e al Pacifico, ha elogiato le prestazioni di Emanuel nel suo ruolo, ma non ha commentato con la NBC se continuerà a postare sulla leadership cinese.
Sfide diplomatiche
Il problema è anche di ordine più delicato: se Emanuel tiene quella linea sui social, ossia pubblicamente, come saranno le sue posizioni in consessi riservati e più delicati? Controllate oppure ancora più spinte?
Inoltre, il Giappone, stretto alleato degli Stati Uniti, condivide le preoccupazioni per il crescente dominio della Cina nella regione indo-pacifica, ma mantiene anche un delicato equilibrio nel suo approccio a Pechino. L’obiettivo nipponico è di evitare di alterare bruscamente le interconnessione esistenti e di non sembrare troppo pregiudizievole (e in sostanza piegato sugli Usa) con le altre nazioni regionali, a cui Tokyo vuol parlare anche come riferimento alternativo allo scontro Washington-Pechino. Ospitare un ambasciatore statunitense dai toni sferzanti potrebbe essere un problema anche per il keigo diplomatico gradito dai giapponesi.