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Così la Cina puntella le banche russe (ma rischia di sbagliare i conti)

Gli istituti del Dragone continuano a inondare la Federazione di denaro, per sostituirsi alle banche russe ed espandere il dominio dello yuan. Ma Mosca rischia di perdere la sovranità finanziaria, mentre la de-dollarizzazione rimane un mito

L’estate del 2023 che volge al termine, verrà ricordata per il collasso del rublo. Al Cremlino si sono vissuti attimi di terrore quando a cavallo di Ferragosto un dollaro americano è arrivato a valere 100 rubli, facendo vivere per un momento a Vladimir Putin l’incubo della Germania degli anni venti, quando si giocava a carte con le mazzette di marchi iper-svalutati. Il colpo di mano sui tassi, con il diktat alla Banca centrale russa (mal digerito dal governatore Elvira Nabiullina) ha ridato fiato alla valuta nazionale, ma il problema non è risolto. Anzi.

Perché più del dollaro, la vera minaccia per il rublo è lo yuan. Debole a sua volta verso il biglietto verde (che mantiene ben saldo il ruolo di baricentro monetario globale) ma senza dubbio più in salute della valuta russa. E ora la questione monetaria finisce alla prova delle relazioni geopolitiche tra i due Paesi. Alleati sì, ma non troppo. Lo dimostrano alcuni dati pubblicati dal Financial Times, dai quali si evince chiaramente un aspetto, anzi due. Primo, la Cina e le sue banche stanno finanziando la guerra di Mosca in Ucraina e questo è un punto a favore dell’alleanza tra Russia e Cina. Ma, ed ecco il rovescio della medaglia, lo yuan sta lentamente invadendo lo scacchiere valutario asiatico.

Da un’analisi sull’ampliamento delle esposizioni bancarie cinesi verso Mosca, emergerebbe come le banche cinesi hanno infatti girato miliardi di dollari di prestiti alle controparti russe, con l’intento, al netto del finanziamento del conflitto, di rafforzare la circolazione dello yuan nello scacchiere globale dei cambi. Tema assai sensibile, che guarda in ultima istanza all’assalto al primato del dollaro, per come se n’è parlato anche durante l’ultimo vertice dei Brics che ha allargato lo schieramento degli emergenti. In questo modo, gli istituti cinesi si sono sostanzialmente sostituiti a quelli occidentali, divenendo finanziatori dell’economia russa.

L’analisi sull’esposizione debitoria delle principali banche cinesi, si riferisce ai 14 mesi terminati a marzo ed evidenzia come Industrial and Commercial Bank of China, Bank of China, China Construction Bank e la Agricultural Bank of China abbiano fatto lievitare l’esposizione complessiva verso la Russia da 2,2 miliardi a 9,7 miliardi di dollari. Tradotto, se prima dell’invasione dell’Ucraina, oltre il 60% dei pagamenti per le esportazioni russe venivano fatti usando il dollaro e l’euro, mentre lo yuan copriva meno dell’1% ora secondo i dati della banca centrale russa, la quota di euro e dollari è scesa a meno della metà dei pagamenti delle esportazioni, mentre lo yuan è salito al 16%, anche grazie all’azione cinese.

Problema: possono due monete deboli scalzare una moneta forte? Lo yuan che è aggrappato alla crescita cinese, non gode di ottima salute, proprio per i mali del Dragone. E allora se due debolezze non fanno una forza, la de-dollarizzazione del mondo rimane una utopia.

 

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