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Evergrande, lo schiaffo della Borsa. Il mattone cinese è allo stremo

L’ormai ex colosso dell’immobiliare sospende le contrattazioni a Hong Kong, dopo aver visto le sue azioni crollare di oltre il 50% in soli tre giorni. Ma è solo l’ultimo tassello di un puzzle dell’orrore che porta dritto alla liquidazione del gruppo

Se si potesse per un solo istante descrivere Evergrande, lo si potrebbe immaginare come una bottiglia in mezzo al mare, che fluttua, senza avere il controllo degli eventi. Ormai in Cina sono tutti, o quasi, consapevoli di come il principale gruppo immobiliare nazionale sia allo stremo delle forze, senza più un briciolo di speranza. Senza più la possibilità di emettere nuovo debito e rastrellare liquidità dal mercato, con i libri in Tribunale a New York e con il fondatore Hui Ka Yan agli arresti domiciliari, ormai il gong sembra suonare ogni giorno. Ora arriva anche l’ultima umiliazione, l’ultimo schiaffo: l’estromissione dalla Borsa.

Poche ore fa, Evergrande ha sospeso la quotazione delle sue azioni alla Borsa di Hong Kong. Dopo tre giorni di caduta libera che hanno abbattuto il 51% della capitalizzazione, sono stati tolti dalla contrattazione i titoli della capofila Evergrande Group e delle sue controllate nel campo dei servizi immobiliari (Evergrande Property Services) e nei veicoli elettrici (Evergrande Nev). Mercoledì 27 le azioni del costruttore avevano chiuso a 32 centesimi di dollaro hongkonghese, equivalenti a 0,039 euro. A luglio del 2020, prima che esplodesse il debito da 327 miliardi di dollari accumulato in anni di forsennata corsa ad aprire cantieri mentre il mercato cinese delle case e dei grattacieli per uffici era ormai saturo, il titolo Evergrande valeva 25,80 dollari di Hong Kong (3,14 euro).

E così, tutto pare crollare, mentre Pechino e il partito stavano a guardare, inermi. Persino ad agosto non si era mossa una foglia, quando l’ormai ex colosso di Shenzhen aveva chiesto a un tribunale di New York di poter accedere a una legge fallimentare statunitense simile all’amministrazione straordinaria italiana, per cercare di evitare la liquidazione. Speranza vana visto che proprio il 30 ottobre è prevista un’udienza al tribunale di Hong Kong che potrebbe comunque costringerla alla liquidazione.

Chissà se Xi Jinping pensa ancora che la soluzione sia nominare qualche improvvisato uomo della Provvidenza. Lan Foan è stato nominato capo del partito presso il ministero delle Finanze cinese, in un momento in cui Pechino lotta per ridurre il debito pubblico locale e per aumentare le entrate fiscali in modo da riportare la crescita economica su una traiettoria sostenibile. Lan, 61 anni, ha preso il posto di Liu Kun, secondo una dichiarazione rilasciata venerdì dal ministero delle Finanze. È anche pronto a succedere a Liu come ministro delle finanze. Liu ricopre entrambe le posizioni dal 2018 e compirà 67 anni entro la fine dell’anno, ben oltre la normale età limite della pensione di 65 anni per i dipendenti pubblici di grado ministeriale.

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