La banca centrale e le autorità cinesi hanno espanso (ancora) le misure a sostegno della moneta e del mercato immobiliare, dove il colosso Country Garden ha ammesso il rischio default. Ma i problemi sono più endemici e potrebbero richiedere interventi (ancora) più decisi
Tempi di tensione nell’Impero di Mezzo. Venerdì il governo cinese ha messo in campo un’altra serie di misure per ridare fiducia al mercato. Tra le preoccupazioni su più fronti – disoccupazione in aumento, rischio deflazione, domanda anemica e fuga di capitali esteri – spiccano quelle per il settore immobiliare: mercoledì, dopo aver annunciato un crollo da sette miliardi di dollari in un semestre (a fronte di debiti immensi), il gigante del mattone Country Garden ha ammesso che rischia il default.
Nei giorni scorsi Pechino aveva già autorizzato un pacchetto di azioni tempestive per tamponare i problemi economici, tra cui un maxi-fondo da quasi 150 miliardi di dollari per incoraggiare investimenti e consumi e misure a sostegno del mercato immobiliare. Ma evidentemente non sono bastate, tanto che la Banca Popolare Cinese ha dichiarato venerdì di voler ridurre le riserve di valuta estera che le istituzioni finanziarie sono tenute a detenere (dal 6% al 4%). Una mossa per sostenere il renminbi, che nel 2023 è slittato di 5% contro il dollaro.
Nel mentre, le autorità di Pechino e Shanghai hanno anche deciso di abbassare una serie di tassi di interesse relativi al mattone, tra cui quelli minimi sui mutui per chi acquista la prima casa. Le due città più grandi della Cina si sono accodate alle scelte di a Guangzhou e Shenzhen, riporta il Financial Times, altri due centri urbani di fondamentale importanza per il tessuto economico del Paese – dove l’industria immobiliare rappresenta più di un quarto dell’attività economica complessiva.
Come la concorrente Evergrande, che dopo anni di crisi ha presentato istanza di fallimento ad agosto, anche Country Garden scommetteva sulla continua espansione per ripagare il proprio debito, generando una galassia di investimenti speculativi e finendo per disseminare case già acquistate e mai completate per tutto il Paese. Ma ora che l’economia cinese è in rallentamento, la scommessa non paga più. E l’eventuale crollo del colosso, che è il costruttore più grande del Paese per fatturato, rischia di riverberare nel resto dell’economia – aggravando il paniere di preoccupazioni in grembo al Partito comunista cinese.
Resta da vedere se le nuove misure si riveleranno efficaci sul lungo termine, contribuendo a risollevare l’economia cinese nel suo complesso, o saranno solo una boccata d’ossigeno provvisoria. Il sentimento non è dei migliori: osservando gli scossoni, l’agenzia di rating Fitch ha rivisto al ribasso le sue previsioni sulla crescita del Pil cinese – da 5,6% a 4,8%. Altre banche di investimento hanno downgraded il tasso di cambio del renminbi in dollari, e i mercati si sono dimostrati molto meno entusiasti dei titoli immobiliari cinesi, rileva FT.