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Basta col mito del salario minimo. La sponda di Confindustria a Meloni

Carlo Bonomi, alla sua ultima assise dopo quattro anni alla guida dell’associazione, dice che la contrattazione è la chiave di volta per la lotta alla povertà, mentre sul sostegno a Kyiv gli imprenditori sono fieri del premier. Mattarella attacca gli over the top e stringe la mano a Marina Berlusconi

Cinquanta secondi di applausi finali non erano scontati, specialmente se a battere le mani era una buona fetta di governo, incluso il premier Giorgia Meloni, alla sua prima assemblea di Confindustria e il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, che ha incassato l’ennesima standing ovation. A dimostrazione che il feeling degli industriali con il il Capo dello Stato non è mai venuto meno. Ma è un fatto che la platea, presente tra gli altri anche Marina Berlusconi, si è subito scaldata, regalando al presidente Carlo Bonomi, quasi un minuto di battimani.

Sarà perché il leader degli imprenditori era alla sua ultima assise, dopo aver guidato l’associazione per quattro anni difficili, segnati dalla pandemia, dall’impennata dei prezzi e dal difficile passaggio dell’Europa dalla stagione dell’austerity a quella degli investimenti. O più semplicemente perché nelle quasi 40 pagine di relazione Bonomi ha trovato più di una saldatura con l’esecutivo.

Sì, perché nella grande sala del Parco della Musica dedicata ad Ennio Morricone, la sensazione è che stata quella di una più che velata convergenza tra le esigenze degli imprenditori e l’azione del governo, il che non è certo la regola, anzi. Esecutivo rappresentato per l’occasione, oltre che da Meloni, da una nutrita pattuglia di ministri, guidata dal vicepremier e ministro degli Esteri, Antonio Tajani e dal ministro per le Imprese e made in Italy, Adolfo Urso, dal ministro dell’Ambiente, Gilberto Pichetto Fratin e da quello della Cultura, Gennaro Sangiuliano, unitamente ai presidente di Camera e Senato, Lorenzo Fontana e Ignazio La Russa.

BASTA COL MITO DEL SALARIO MINIMO

La prima saldatura riguarda uno dei temi più caldi del momento, bandiera dell’opposizione e prossima all’approdo in parlamento: il salario minimo. La posizione del governo è nota, il salario minimo non è la cura per il lavoro. E anche Confindustria sembra esserne convinta. “C’è un legame indissolubile tra salari e produttività. La Costituzione ci obbliga a riconoscere al lavoratore un salario giusto, ma questa funzione è affidata, per quanto concerne il lavoro subordinato, alla contrattazione collettiva”, ha chiarito Bonomi.

“La mera introduzione di un salario minimo legale, non accompagnata da un insieme di misure volte a valorizzare la rappresentanza, non risolverebbe né la grande questione del lavoro povero né la piaga del dumping contrattuale né darebbe maggior forza alla contrattazione collettiva. Il settore industriale negli ultimi vent’anni ha avuto dinamiche retributive di gran lunga superiori a quelle registrate dal resto della nostra economia”.

NEL NOME DELL’UCRAINA

Altro anello di congiunzione tra imprese e Palazzo Chigi, il sostegno all’Ucraina, costi quel che costi. “Confindustria si riconosce integralmente nei numerosi interventi di condanna che il presidente della Repubblica Mattarella, ha compiuto sull’invasione dell’Ucraina. Siamo fieri che il presidente del Consiglio Meloni, abbia espresso con assoluta fermezza, a nome dell’Italia nel consesso internazionale, il sostegno senza se e senza ma al pieno ripristino dei diritti del popolo ucraino”.

Bonomi ha poi affermato che “facciamo nostre le parole pronunciate dalla presidente Ursula Von der Leyen a New York il 21 luglio scorso: L’Ucraina non sta combattendo solo per la propria libertà. L’Ucraina sta combattendo per la libertà di ogni Paese, perché questo è il principio della Carta delle Nazioni Unite. Nessuno vuole la pace più del popolo ucraino. Ma una pace duratura può essere costruita solo sulle fondamenta del diritto internazionale”.

IL PAESE INVECCHIA

Fin qui le sponde delle imprese al governo. Poi ci sono le urgenze, da affrontare, tutte insieme. A cominciare dal progressivo invecchiamento della popolazione, che stressa come non mai i conti pubblici.  “Siamo di fronte a una preoccupante prospettiva di inverno demografico, è necessario affrontare la questione del welfare state e, in particolare, della sua sostenibilità”, ha avvisato Bonomi. “La sostenibilità delle misure pubbliche destinate all’assistenza, alla sanità e alla previdenza è argomento che impone una riflessione a tutto tondo poiché il nostro sistema democratico trova nel welfare state un suo elemento identitario, il tema della sua sostenibilità deve diventare un assillo per tutti. Tutto ciò chiede misura, equilibrio ed equità”.

Secondo Bonomi “si tratta di affrontare con serietà e determinazione il tema della diseguaglianza nelle sue quattro più evidenti declinazioni: tra generazioni, generi, territori e competenze. Questo significa affermare con maggiore determinazione il più ampio concetto di democrazia economica, che costituisca il presupposto per una crescita equilibrata e duratura, che non lasci indietro nessuno”.

UN CAPITALISMO AL SERVIZIO DEL PAESE

Anche Sergio Mattarella, che ha stretto la mano alla primogenita di Silvio Berlusconi, è salito sul palco dell’Auditorium, accolto da uno scroscio di applausi, prima e dopo il suo intervento. Hanno colpito due passaggi. Primo, il fatto che non possano e non debbano esistere aziende che vivono al di sopra della legge, a cominciare dai cosiddetti over the top, spesso identificati con i colossi della rete. “Va scongiurata qualsiasi tentazione di egemonia delle istituzioni, ma allo stesso modo sono da respingere pretese di pseudo-assolutismo imprenditoriale. Con eguale determinazione vanno rifiutate spinte di ingiustificate egemonie delle istituzioni nella gestione delle regole o, all’opposto, di pseudo-assolutismo imprenditoriale, magari veicolato dai nuovi giganti degli Over the top che si pretendono, spesso, legibus soluti, ovvero al di sopra delle leggi”.

Non è finito. Giganti o meno, chi fa impresa deve farlo al servizio del Paese, senza equivoci. “Il sistema delle imprese è veicolo di crescita e agente di libertà, mentre nella Costituzione non c’è spazio per il capitalismo di rapina. Le aziende sono al centro di un sistema di valori, non solo economici. Siete voi, a ricordare che l’impresa ha responsabilità che superano i confini delle sue donne e dei suoi uomini. E, aggiungo, dei suoi mercati”.

Insomma, “le imprese sono veicoli di crescita, innovazione, formazione, cultura, integrazione, moltiplicazione di influenza, fattore di soft-power. E sono, anche, agenti di libertà. Generare ricchezza è una rilevante funzione sociale. Non è il capitalismo di rapina quello a cui guarda la Costituzione nel momento in cui definisce le regole del gioco. Il principio non è quello della concentrazione delle ricchezze ma della loro diffusione. Il modello lo conosciamo: è quello che ha fatto crescere l’Italia e l’Europa”.

 

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