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Dietro il dialogo tra Erdogan e Aliyev c’è (anche) l’energia

Non solo Nagorno-Karabah, così la tela turca si lega indissolubilmente all’Azerbaigian (via gasdotto) e all’Iran (via Development Road). Ankara accelera anche sul progetto regionale di infrastrutture e trasporti che collegherà l’Iraq meridionale alla Turchia

Turchia e Azerbaigian trovano la quadra (politica, geopolitica e commerciale) sul nuovo gasdotto di 85 chilometri dalla provincia orientale di Igdir in Turchia a Sederek nell’Azerbaigian occidentale, con una capacità annuale di 500 milioni di metri cubi e una capacità giornaliera di 1,5 milioni di mcm. Il progetto ha un suo peso nella questione conflittuale del Nagorno-Karabah, per cui Ankara chiede la creazione di corridoi di pace al fine di integrare ulteriormente la regione e aprire una fase nuova nel Caucaso meridionale.

Energia

La partnership sorgerà tra la società turca Botas e la compagnia petrolifera statale dell’Azerbaigian Socar, così come hanno concordato Aliyev ed Erdogan in occasione della visita di ieri del presidente turco nella regione autonoma di Nakhchivan e hanno partecipato alla cerimonia di inaugurazione del gasdotto Igdir-Nakhchivan, “affiancato” da una base militare. L’accordo tra i due Paesi era già stato raggiunto tre anni fa in un memorandum d’intesa, ma oggi alla luce dei nuovi sconvolgimenti macro regionali (guerra in Ucraina, tensione in Nagorno) assume un peso specifico ancora maggiore.

Nagorno-Karabah

La tesi di Erdogan è che è stato “consolidato” il risultato dell’operazione militare azera, ovvero la sovranità dell’Azerbaigian sull’intero Karabakh, per cui si è ufficialmente aperta “una nuova finestra di opportunità per l’instaurazione di pace e stabilità permanenti nella regione”. Un passaggio storico e politico a cui il presidente turco non intende rinunciare, per questa ragione si aspetta che l’Armenia “dimostri una forte volontà invece di ritardare il processo”.

Ankara è convinta che i progressi nel processo di pace tra Azerbaigian e Armenia potranno offrire anche un impulso alla normalizzazione regionale, quel Caucaso meridionale che ha assunto negli ultimi due lustri una rilevanza oggettiva e indiscutibile. Non a caso gli occhi di Mosca restano particolarmente aperti su quel fazzoletto di terre. Non a caso in quella zona è stato applicato dal 2009 il cosiddetto partenariato Ue, che include sei Stati dell’ex Unione sovietica: Armenia, Azerbaigian, Bielorussia, Georgia, Moldova e Ucraina. L’obiettivo è promuovere l’impegno riformista per rafforzare la democratizzazione. Tutti i paesi, tranne la Bielorussia, inviano delegazioni all’assemblea parlamentare Euronest.

Development Road

Ma non è tutto, perché al contempo la Turchia spinge sull’acceleratore sul progetto regionale di infrastrutture e trasporti che collegherà l’Iraq meridionale alla Turchia: si chiamerà Development Road, la bretella da 17 miliardi di dollari che mira a collegare il porto di Grand Faw all’Europa, attraverso una rete di ferrovie e autostrade. Non solo merci: la nuova infrastruttura potrà rendere più agevole anche il movimento di risorse energetiche dal Golfo all’Europa attraverso il porto di Grand Faw nella provincia di Bassora. “Il progetto Development Road è un’iniziativa globale che comprende i paesi del Golfo Persico, Iraq e Turchia”, ha affermato Erdoğan, sottolineando in particolare l’interesse degli Emirati Arabi Uniti per l’iniziativa.

Aiea

La strategia energetica turca prevede che entro il 2050 il Paese si doti di 20 gigawatt di capacità di energia nucleare, diventando così un’economia a zero emissioni di carbonio. Così recita il Piano energetico nazionale, come spiegato dal ministro dell’Energia e delle risorse naturali Alparslan Bayraktar in occasione della 67a Conferenza generale dell’Agenzia internazionale per l’energia atomica. Secondo il governo Erdogan l’energia nucleare svolgerà un ruolo vitale nel raggiungimento della neutralità carbonica entro il 2053, grazie anche a piccoli reattori modulari (SMR).

 


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