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Accordo sul grano e non solo. Il faccia a faccia tra Erdogan e Putin

A Sochi, Erdoğan è ospite di Putin per parlare di faccende contingenti e di scenari strategici. Da un lato c’è la necessità di ravvivare l’accordo sul grano ucraino che la Russia ha interrotto due mesi fa. Da un altro c’è la possibilità (per Usa, Ue, Nato) di usare la Turchia come canale per mantenere il dialogo con Mosca attivo. Anche pensando all’ottica negoziale, quando le condizioni sul campo lo permetteranno

Il presidente russo, Vladimir Putin, ha dichiarato che Mosca è “aperta a negoziati” per tornare a un accordo sul grano (ucraino) che passa dal Mar Nero, precedentemente mediato dalle Nazioni Unite e poi sospeso per volontà di Mosca come arma di coercizione economica all’interno della campagna militare di invasione in Ucraina. È l’antipasto all’incontro con il presidente turco, Recep Tayyip Erdoğan, uno dei pochi leader internazionali appartenente anche al mondo occidentale (via Nato) che non ha perso il contatto con il satrapo del Cremlino.

Narrazioni e interessi

Durante una dichiarazione congiunta prima del faccia a faccia odierno nella città di Sochi, la Camp David di Putin, il presidente russo ha affermato che le due parti “non eviteranno questioni legate alla crisi ucraina”. “So che vuoi sollevare la questione dell’accordo sul grano. Siamo aperti a trattative”, ha detto Putin. Erdoğan ha dichiarato che un accordo sul grano sarebbe “molto importante” per i Paesi in via di sviluppo in Africa: “Il mondo sta aspettando quale sarà il risultato di oggi”. Ankara, come Mosca, ha tra gli obiettivi della sua grand strategy internazionale di farsi veicolo per le necessità di quei Paesi che appartengono al Global South, dove la questione della guerra in Ucraina è vista con un’ottica molto pragmatica legata agli approvvigionamenti di materie prime (anche alimentari come il grano) e non al dualismo democrazie contro autoritarismi.

Il grain-deal

L’incontro tra Putin ed Erdoğan avviene quasi due mesi dopo che Mosca si è ritirata dall’accordo sul grano, che consentiva l’esportazione di circa 33 milioni di tonnellate del cereale prodotto in Ucraina attraverso il Mar Nero. Il leader turco ha cercato di porsi come mediatore tra la Russia e l’Occidente. Ankara ha rifiutato di aderire alle sanzioni occidentali contro la Russia, e i due paesi hanno approfondito i loro legami economici da quando è iniziata la guerra in Ucraina lo scorso anno. La Turchia, membro della Nato, ha svolto però anche un ruolo chiave nella negoziazione dell’accordo sul grano originale, che è stato siglato nel luglio 2022 (secondo il Comitato di coordinamento dell’accordo, oltre la metà del cibo era stato consegnato ai paesi in via di sviluppo, tra cui proprio la Turchia). L’uscita della Russia dall’accordo ha suscitato timori di una potenziale crisi alimentare in alcune parti dell’Africa, del Medio Oriente e dell’Asia. Mosca ha poi aperto a delle eccezioni durante il vertice con i Paesi africani di fine luglio. Dovevano servire per alleggerire il peso delle mancate spedizioni, ma a conti fatti il grano che la Russia invierà direttamente sarà indirizzato soltanto a nazioni amiche nel continente.

Il confronto sul Mar Nero

Senza un accesso sicuro ai porti del Mar Nero, gli esportatori ucraini sono stati costretti a modificare le rotte delle esportazioni di grano via terra e attraverso i porti del Danubio, con costi significativamente più elevati, il che potrebbe portare a una riduzione della coltivazione di colture, alimentando i timori di una futura carestia alimentare.
A dimostrazione del deterioramento della situazione nelle ultime settimane, la Russia ha lanciato una serie di attacchi nella regione meridionale dell’Ucraina, compresi i porti del Danubio come Izmail. Kyiv sostiene addirittura che gli attacchi notturni di lunedì in quell’area hanno attraversato il fiume e colpito il territorio della Romania, membro della Nato.

La Commissione europea ha dichiarato che “l’aspettativa generale è che la Russia almeno rientri nell’accordo sul grano del Mar Nero” e che smetta di “prendere di mira in particolare le esportazioni di grano ucraine”. Gli attacchi ai porti del Danubio “dimostrano ulteriormente come la Russia stia aggravando la crisi alimentare globale con le sue azioni, che mettono a rischio milioni di persone vulnerabili in tutto il mondo”, ha aggiunto la Commissione.

Cosa cerca Erdogan

Prima dell’incontro con Erdoğan, Mosca aveva presentato una lista di richieste per rientrare nell’accordo. La Russia ha a lungo sostenuto che l’accordo originale è stato applicato in modo ingiusto, sostenendo che le sanzioni occidentali hanno impedito l’applicazione di un accordo parallelo per consentire l’esportazione di prodotti agricoli di vario genere di Mosca – la Russia è particolarmente irritata perché non è stata in grado di esportare ammoniaca, un componente chiave dei fertilizzanti, attraverso il territorio controllato dall’Ucraina. Su questo contesto il presidente turco cerca spazi diplomatici. Innanzitutto vuole rivendicare di essere l’attore chiave nel Mar Nero, su cui la Turchia è il Paese che affaccia con più chilometri di costa e attualmente la potenza regionale di riferimento per l’Occidente. Ruolo che rivendica anche nel dialogo generale con Mosca. Per quanto ambigua, Ankara è un canale utile per la Nato (e dunque per Usa e Ue, i principali oppositori internazionali della Russia) per tenere vivo un contatto con Mosca. Soprattutto adesso che qualcosa potrebbe realmente iniziare a muoversi a livello negoziale – sempre che dal campo arrivino le condizioni reali per poter andare avanti con la diplomazia.



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