Skip to main content

L’India offre al G20 la sua terza via. L’analisi di Jean

L’assenza di Xi richiederà a Modi un grande sforzo per conseguire appieno il suo obiettivo di consolidare l’influenza indiana e la sua “terza via” fra Usa e Cina nel mondo, che non è più bipolare, come nella guerra fredda, ma multipolare e molto più complesso da gestire. L’analisi del generale Carlo Jean

Il G20 è un’organizzazione internazionale specializzata in questioni economiche e finanziarie. Fu creato nel 1999, all’inizio del grande balzo della globalizzazione, per favorire una migliore concertazione tra le maggiori economie mondiali non partecipanti al G7, coinvolgendole nella gestione della globalizzazione globale, anche per evitare che il processo fosse considerato una “ri-colonizzazione” da parte dell’Occidente e per mantenere una maggiore rappresentatività delle decisioni concernenti i suoi compiti statutari: crescita economica e stabilità finanziaria. Data la riduzione della percentuale del Pil mondiale degli Usa e dei loro alleati europei e asiatici, è divenuto complementare più che competitivo del G7. Tra i suoi membri include quelli del G7 e quelli dell’organizzazione che si pone in competizione con quest’ultimo, cioè il Brics (recentemente passato da 5 a 11 Stati membri e opposto all’egemonia degli Usa e del dollaro), costituendo un foro di incontro e, se necessario, di dialogo fra i due.

Il G20 ha come membri permanenti l’Ue e i 19 Paesi più ricchi del mondo. A parte i Summit annuali, sono previste riunioni dei ministri dell’economia e dei governatori delle banche centrali. Alle sue riunioni partecipano anche le maggiori organizzazioni internazionali (Imf, Banca Mondiale, Omc, ecc.). Taluni paesi non membri, vi sono sempre invitati. Altri lo sono occasionalmente, da parte del presidente di turno. Un certo scalpore ha fatto il mancato invito in India dell’Ucraina, che aveva partecipato al precedente Summit in Indonesia. Il presidente del G20, l’indiano Narendra Modi, ha deciso di non invitarla per evitare che la riunione, anziché essere incentrata sui problemi economici, ritenuti centrali molto importanti per l’India, si bloccasse sulle dispute relative alla guerra, rendendo impossibile una dichiarazione finale, come era avvenuto nelle riunioni preparatorie di marzo e di luglio dei ministri dell’economia.

L’India attribuisce al successo del Summit una grande importanza, per consolidare il suo prestigio nel “Sud Globale”, per la cui leadership è in competizione con la Cina. Pensa di poter conseguire risultati positivi anche per la sua posizione di equidistanza fra l’Occidente e la Cina (sempre più preponderante anche in Russia). Aveva dovuto accettare l’allargamento del Brics e continua ad opporsi alla “militarizzazione” della Sco. Sa inoltre che per qualche anno ancora non sarà in grado di bilanciare l’influenza cinese, malgrado la crisi economica di Pechino, i suoi contrasti con gli Usa e i loro alleati e la vulnerabilità strategica dell’Arunachal Pradesh, la regione nordorientale rivendicata dalla Cina che l’aveva occupata nella guerra himalayana del 1962. Le polemiche territoriali fra i due Paesi sono state rinfocolate recentemente dalla pubblicazione a Pechino di una carta geografica che include la regione nel Tibet, nonché dalla fornitura di armi cinesi al Pakistan e dal sostegno di Pechino alla minoranza musulmana in India e ai terroristi “naxaliti”. Il G20 e le altre organizzazioni alternative all’egemonia occidentale (Brics, Sco, ecc.), a cui partecipano sia New Delhi che Pechino sono divenute terreno di scontro o, almeno, di competizione fra i due paesi.

A parer mio, l’India si trova in posizione di vantaggio, che cercherà di sfruttare al G20. Il suo prestigio – strutturale per la moderazione della sua politica e per la sua capacità di mantenere “i piedi in due staffe” (quella con l’Occidente e quella con la Cina) – si è rafforzato per il tasso di crescita della sua economia, unito alla crisi di quella cinese, e per il successo dell’allunaggio, fallito invece alla Russia. Questo la fa sperare di poterlo accrescere con il successo delle sue iniziative al G20 particolarmente importante per molti Paesi del “Sud Globale”: banca multilaterale di sviluppo; riforma dell’Imf e del Wto; ristrutturazione del debito dei paesi più poveri; soddisfacimento delle esigenze sanitarie, alimentari ed energetiche mondiali; compensazioni per  l’inquinamento del passato, fatto dai paesi avanzati; trasferimento delle tecnologie digitali e di quelle dell’Intelligenza Artificiale; ecc.

Al Summit non parteciperanno né Vladimir Putin Xi Jinping. Per il primo i motivi sono chiari, ma la sua assenza non influirà grandemente sulle probabilità di successo della riunione. La mancata partecipazione del presidente russo è praticamente irrilevante. Più importante è quella di Xi. Sui suoi motivi sono state avanzate varie ipotesi. Nelle precedenti riunioni dell’organizzazione, Xi era sempre stato presente e aveva fatto la “parte del leone”, accrescendo l’influenza cinese nel “Sud Globale”. L’attuale crisi cinese, unita alla crescita indiana e al supporto che Modi riceverà dagli Occidentali, gli impedirebbe di evitare una “magra figura”. Tuttavia, la mancata partecipazione di Xi Jinping impedirà a Narendra Modi di ottenere un successo che rafforzi il prestigio indiano tra i paesi del “Sud Globale”, tesaurizzando i recenti successi ottenuti dall’India, quali il forte aumento del Pil e la buona riuscita dell’allunaggio, fallito invece alla Russia.

A parer mio, si è trattato di eventi che hanno accresciuto il “peso” internazionale del Paese, ormai divenuto il più popoloso del mondo e che con la sua politica estera moderata, può utilizzare il supporto dell’Occidente sia per la sua sicurezza che per il coordinamento delle politiche verso i Paesi più poveri. Altri motivi potrebbero essere il suo stato di salute oppure la preoccupazione dello scoppio di una crisi politica. Comunque sia, l’assenza di Xi richiederà a Modi un grande sforzo per conseguire appieno il suo obiettivo di consolidare l’influenza indiana e la sua “terza via” fra Usa e Cina nel mondo. Esso non è più bipolare, come nella guerra fredda, ma multipolare e molto più complesso da gestire, anche per il predominio nei vari Stati degli interessi di politica interna su quelli di politica estera e per la marginalizzazione di quelli globali anche per la ristrutturazione in corso nella globalizzazione.

×

Iscriviti alla newsletter