L’analisi del vicepresidente esecutivo dell’associazione Italia-India: “Tra i due Paesi un rapporto antico di tradizione. Pochi lo ricordano, ma la motorizzazione privata in India è stata creata da Fiat-Piaggio: questo ancora vale molto nell’immaginario collettivo. Adesso stiamo avviando una fase di sviluppo importante nel rapporto bilaterale, che però va rafforzato”
Il Global South è stato riconosciuto come uno dei dati fondamentali di questo G20 ed è stato certamente un risultato molto importante, sul cui significato si dovrà ragionare a lungo. È una bellissima definizione ma, al momento, è una definizione molto controversa, nel quale c’è tutto e il suo contrario. Così a Formiche.net l’ex ambasciatore italiano in India, Antonio Armellini, attualmente vicepresidente esecutivo dell’associazione Italia-India, presieduta da Emma Marcegaglia secondo cui se da un lato il corridoio India-Asia-Europa è strategico per gli equilibri futuri, dall’altro l’Europa si presenta frastagliata, con i suoi attori che si fanno concorrenza fra loro, rinunciando a mettersi assieme per vere un peso maggiore.
La via del cotone, da Mumbai a Venezia, passando per Israele e Arabia Saudita: che risultato è?
È un espediente interessante per mettere nell’angolo, ancor di più famosa Via della seta cinese. Di fatto una mossa intelligente, da questo punto di vista, su cui l’Europa si è attivata concretamente e che potrà durare a lungo. Certamente è stata una buona cosa come risultato ottenuto, ma in sostanza non aveva un legame diretto con il G20.
Dal vertice quali passi in avanti emergono e quali criticità permangono?
Intanto ci conferma che il G20 non è più il luogo dove la democrazia allargata e l’Occidente dettano la linea, ma è un luogo di incontro fra realtà diverse, molto spesso contrapposte tra loro, il che non è necessariamente un dato negativo. È in atto una ridefinizione degli equilibri mondiali: qui l’Occidente non è in declino, come hanno scritto alcuni, è certamente in posizione di forza. Ma l’Ucraina, al tempo stesso, non è un tema condiviso da tutto il mondo.
Nelle parole finali cosa legge?
La dichiarazione finale ha rappresentato un successo tattico della diplomazia indiana, tanto più sorprendente in quanto gli indiani non sono noti per la loro capacità di compromesso. È stato un rapporto diplomatico che va riconosciuto, accanto all’indebolimento della posizione cinese. Io conservo l’idea che si chi si è astenuto non lo ha fatto perché per la Cina l’India è un problema significativo ma non fondamentale, mentre per l’India la Cina rappresenta il quadro intorno al quale ruota tutta la sua politica estera.
Cosa ha mosso la decisione di Pechino?
Forse ha deciso di poter prendere tempo e distanziarsi da un quadro, come quello del G20, in cui vedeva prevalere le linee fondamentali di una politica da Occidente liberale. Ha fatto un errore perché è caduta in una serie di trappole: il peso del fronte sud, di cui tanto si parla, adesso è stato riconosciuto come uno dei dati fondamentali di questo G20 ed è stato certamente un risultato molto importante, sul cui significato si dovrà ragionare molto a lungo. Il nuovo sud del globo sarà una bellissima definizione ma, al momento, è una definizione molto controversa, nel quale c’è tutto e il suo contrario.
In che modo va riempita e quale può essere il contributo che può dare l’Italia?
Come può essere riempito lo si vedrà. Chi certamente si è messo in lista per esercitare un ruolo di punta nel globo è proprio l’India, la quale ha centrato questo G20 sull’inclusione del sud del mondo fra i partecipanti attivi e decisori nel contesto del G20 : quindi ha rivendicato un’ambizione di leadership di un gruppo estremamente variegato battendo la Cina con intelligenza, dal momento che perché Pechino con l’ampliamento del Brics aveva battuto la stessa strada.
Ovvero?
Quella di porsi come riferimento di un luogo in cui è unito costantemente all’Occidente rispetto ai due grandi competitor intorno ai quali si sta ridisegnando l’equilibrio mondiale. L’India aspira ad essere l’interprete e il portavoce: ha alcune carte in mano per poterlo fare diversamente dalla Cina, che presuppone un’adesione anche di tipo ideologico. L’India è sostanzialmente una democrazia, è anche una pratica di mercato, ma è un Paese con una forte componente autoritaria. Quindi allearsi all’India non presuppone una scelta di campo, ma può rafforzare una voce collettiva: questo secondo me è il possibile futuro di questo nuovo interlocutore. E il G20 ha, direi per la prima volta, internalizzato formalmente fra l’altro anche con l’adesione dell’Unione africana.
L’India entra di fatto nel Mediterraneo allargato: quale il ruolo dell’Italia, sia come molo naturale nel Mare Nostrum sia come prossimo organizzatore del G7?
L’Italia con l’India ha un rapporto antico di tradizione, c’è stato un momento in cui è stata anche decisiva per le sorti. Pochi lo ricordano, ma la motorizzazione privata in India è stata creata da Fiat-Piaggio: questo ancora vale molto nell’immaginario collettivo. Adesso stiamo avviando una fase di sviluppo importante nel rapporto bilaterale, che però va rafforzato.
In che modo?
L’Italia è un partner importante dell’India, non è un partner decisivo: c’è una simpatia in questo momento fra i due Governi. Fra l’altro la storia politica dei due leaders presenta dei punti di contatto abbastanza interessanti che forse sono anche alla base di una considerazione personale. Noi dobbiamo guardare all’India perché è un mercato fondamentale, è un Paese che crescerà con tutte le sue fattezze, ma crescerà molto, tenendo conto che possiamo avere un ruolo importante. Ma l’India guarda all’Unione Europea con un’attenzione a dir poco distratta. Quindi la conclusione è che fra i grandi partner dell’India ci sono sicuramente gli Stati Uniti e la Cina, in seguito c’è l’Europa che si presenta frastagliata, con i suoi attori che si fanno concorrenza fra loro, rinunciando a mettersi assieme per vere un peso maggiore.
@FDepalo