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Il caso Gentiloni nello shaker del populismo. L’opinione di Tivelli

Quella dell’aggressione sostanziale ad opera dei vari leader delle forze politiche che compongono il governo all’ex premier e Commissario europeo è una vicenda molto triste. Denota il grande provincialismo con cui ci si atteggia rispetto alle questioni europee

Il caso Gentiloni, figlio dello slogan e della cultura (per così dire) del “prima gli italiani”, mi sembra solo l’ultimo dei casi di questa strana estate allargata agitati nello shaker del populismo sempre in funzione, come quello di certi bar di Forte dei Marmi. Già era stato agitato nello shaker il caso Vannacci che aveva alimentato il “vannaccismo”. Anche lo stesso effetto annuncio inziale del taglio agli utili bancari mi sembra rientrasse nella linea di fare l’occhiolino ai populisti diffusi tra una parte significativa degli italiani.

Vari sostengono che anche il forte lancio mediatico sull’inasprimento alle pene dei minori è un altro ingrediente agitato nello shaker del populismo. Ma ci sono ingredienti e ingredienti in questo pericoloso shaker. E quello basato sull’equivoco del “prima gli italiani” sul caso Gentiloni che tanto sta intrattenendo opinione pubblica e lettori è tra i più pericolosi. Penso spesso ad Altiero Spinelli, al manifesto di Ventotene, al federalismo europeo e mi chiedo cosa avrebbe detto Altiero Spinelli in questi casi. Così come, sempre guardando “quel manifesto di Ventotene” mi chiedo spesso cosa direbbe sempre l’altro firmatario Ernesto Rossi che si è battuto contro l’Italia dei clan, delle corporazioni, dei cerchi magici di allora, a vedere in azione certi cerchi magici, clan, oligopoli e monopoli.

Ora, credo che Gentiloni venendo da una sana cultura laica (mi sembra si sia avviato alla vita politica con l’esperienza di Assessore nella giunta Rutelli a suo tempo intorno al 2000 a Roma), non possa che ispirarsi ai trattati e principi fondamentali che regolano l’Unione Europea. Fra questi c’è l’art. 17 che specifica che “i membri della Commissione non sollecitano né accettano istruzioni da alcun governo, istituzione, organo o organismo”.

Forse è vero che si è battuto perché nell’istruttoria del Patto di Stabilità non vi fossero tre fasce e l’Italia quanto a condizioni e livello del debito pubblico stesse nell’ultima fascia (serie c), ma questo riguardava un modello di istruttoria ai fini della definizione del Patto di stabilità dell’Unione. Ma da figlio della miglior cultura laica europeista sa bene che il suo ruolo e la sua delega nella Commissione non è finalizzata a fare una sorta di leader del partito del “prima gli italiani”, ma per fare al meglio gli interessi dell’Unione Europea.

Mi sembra una vicenda, quella dell’aggressione sostanziale ad opera dei vari leader delle forze politiche che compongono il governo all’ex premier e Commissario europeo alla fin fine molto triste. Denota non solo l’ulteriore rigurgito di populismo (mescolato con non poco dilettantismo) ma il grande provincialismo con cui ci si atteggia rispetto alle questioni europee. Un provincialismo che, in quanto espresso anche da rappresentanti dei vertici di governo, ci potrebbe penalizzare pure nel corso dell’iter di definizione del nuovo Patto di stabilità.

Altro che Altiero Spinelli, qui si rischia di dimostrare una sorta di populismo e dilettantismo agitato in uno shaker fino a formare un cocktail che contiene un triste tocco di angostura ed un rigurgito di vetero nazionalismo. Quanto ci premia ciò per l’immagine dell’Italia rispetto all’Europa è facile da dedurre.



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