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Grecia-Turchia, il dialogo fra le due sponde dell’Egeo

La concomitanza di crisi diversificate, come la guerra, il grano, il gas, l’invasività cinese nel Mediterraneo e le nuove strategie indo-pacifiche, richiede un humus di stabilità nella macro area a cavallo tra il quadrante euromediterraneo e quello mediorientale. Una ulteriore contrapposizione tra le due sponde dell’Egeo non aiuterebbe. E Grimaldi privatizza il porto di Igoumenitsa

Una finestra di opportunità in vista dell’imminente vertice Mitsotakis-Erdogan a New York. Atene e Ankara tornano a parlarsi davvero e senza toni perentori: o almeno ci provano. Troppo incombenti le nuove minacce alla stabilità macro regionale rappresentate dalla guerra in Ucraina, dalla crisi del grano e dal dossier energetico. Ragion per cui i due nuovi ministri degli esteri, su stimolo dei leaders, a loro volta stimolati da una moral suasion a stelle e strisce, hanno iniziato a stabilire un dialogo costante e tarato il più possibile su spunti costruens e non destruens.

Tutt’altro che agevole, visto che i punti di scontro restano intatti sul tavolo, ma con una differenza rispetto al recente passato: questa prima fase sembra caratterizzata dalla volontà di cercare affinità e al contempo mettere, seppur per un momento, da parte gli elementi divisivi. Un esercizio non scevro da rischi.

Dialogo a tappe

L’incontro ad Ankara tra i ministri degli Esteri Giorgos Gerapetritis e Hakan Fidan ha avuto il merito di mettere nero su bianco un cronoprogramma diplomatico, basato su una data da cerchiare in rosso: il prossimo 16 ottobre si svolgerà il forum in cui si discuteranno nel merito i dossier più complessi tra i due paesi. L’atmosfera, al momento, è propositiva anche se uno dei punti più controversi, quello relativo alla zona economica esclusiva (determinante per lo sfruttamento degli idrocarburi) dovrebbe essere portata all’attenzione dell’Aja.

Il vertice ha portato ad una piattaforma programmatica comune: è stato stabilito un canale di comunicazione formale tra i due ministri degli Esteri, sempre aperto, che in caso di crisi (come in passato gli scontri a Evros, gli sconfinamenti degli F-16 turchi) rappresenterà il primo step per una de-escalation. In secondo luogo si lavora alla nascita del Consiglio Supremo di Cooperazione Grecia-Turchia (SCC), che verrà varato verosimilmente entro la fine del 2023, per costruire ai ‘lati’ dei governi un’infrastruttura che attenui le differenze e provi a valorizzarne le similitudini.

Impegni

“È importante – ha spiegato il ministro greco – che le nostre relazioni bilaterali mantengano il clima di calma nella nostra regione, astenendoci da una retorica aggressiva e da azioni unilaterali che potrebbero minare l’approccio che stiamo tentando. Ciò contribuirà in modo sostanziale alle nostre discussioni bilaterali. La responsabilità che ci assumiamo è commisurata all’opportunità storica offerta ad entrambi i governi di consolidare una lunga relazione di buon vicinato per il reciproco vantaggio dei nostri popoli e uno stato di pace sostenibile nella nostra regione più ampia”.

Secondo la controparte turca, Ankara è pronta a proseguire il dialogo avendo iniziato una nuova era positiva: “Possiamo risolvere le nostre differenze nel rispetto reciproco dei diritti e degli interessi, sulla base del diritto internazionale. I problemi potranno essere risolti attraverso un dialogo costruttivo. Abbiamo divergenze di opinioni nell’Egeo. Abbiamo discusso questi temi nei colloqui esplorativi”. L’iniziativa politica, quindi, è quella di utilizzare gli spunti propositivi manifestatisi in occasione del vertice di Vilnius, per investire risorse e alleanze in questa agenda positiva.

Scenari

Non mancano i rischi, per entrambi i governi. La Turchia di Erdogan prova, con meno clamore rispetto al passato, ad incarnare il ruolo di mediatore principalmente sul grano e, tramite questa nuova consapevolezza, provare a emergere come un player macro regionale conciliante. Non sarà semplice, di contro, far “dimenticare” le forti intemperanze legate alle provocazioni nella Cipro occupata, alla Zee con la Libia che “dimentica” Creta, alla realizzazione da parte di Rosatom della centrale nucleare di Akkuyu, alla richiesta degli F-16 Usa dopo l’espulsione dal programma degli F-35 (che ora andranno in Grecia), alle minacce relative alle isole del Dodecaneso. Ma Erdogan, nel pieno del suo nuovo mandato, prova a recitare la parte del pacificatore mediterraneo e, ovviamente, non può che rivolgersi ai vicini di casa più prossimi.

La Grecia di Mitsotakis, dopo essersi rialzata dalla catastrofe economica legata alla troika, vive una fase di floride relazioni internazionali, con ottime prospettive di investimento da parte di India, Qatar, Eau, Israele: in questo frangente così delicato si rende necessario, parimenti, un rasserenamento dei fronti più caldi proprio al fine di attirare capitali stranieri e non intimorirli, (anche in vista delle elezioni negli Usa): l’ultima acquisizione in ordine di tempo è da parte del gruppo italiano Grimaldi relativamente al porto di Igoumenitsa. 

Per cui, è la vulgata che si sta testando in queste settimane, la concomitanza di crisi diversificate, come la guerra, il grano, il gas, l’invasività cinese nel Mediterraneo e le nuove strategie indopacifiche richiede un humus di stabilità nella macro area a cavallo tra il quadrante euromediterraneo e quello mediorientale. L’ulteriore contrapposizione tra le due sponde dell’Egeo non aiuterebbe.

@FDepalo



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