Dal presunto accordo di cooperazione con Pyongyang al rifiuto di un cessate il fuoco, fino alle voci di un secondo round di mobilitazione, Putin sembra essere intenzionato a continuare a combattere a lungo. Ma tutto dipende dall’esito della controffensiva
Il treno corazzato di Kim Jong Un non arriva a Mosca, ma si ferma a Vostochny. La scelta del cosmodromo di recente costruzione come luogo dell’incontro da parte del presidente russo Vladimir Putin non è affatto casuale. Come sottolineato dallo stesso leader russo ai giornalisti prima dell’inizio del vertice, la sua controparte nordcoreana “ha mostrato un grande interesse per la tecnologia missilistica”. Il riferimento poco celato alle aspirazioni militari di Pyongyang arriva come ulteriore conferma della natura dell’incontro.
Il grande tema di fondo è quello della cooperazione militare. Il Cremlino potrebbe fornire a Pyongyang sia un supporto tecnologico (si parla di satelliti spia e di sottomarini a propulsione nucleare) che uno alimentare, per aiutare l’alleato a fronteggiare la forte carestia in corso; dal canto suo, la Corea del Nord è in grado di offrire alla Russa impegnata nel conflitto ucraino un’importante quantità di munizioni, che cominciano a scarseggiare all’interno degli arsenali della Federazione a causa delle forti dinamiche d’attrito sul campo di battaglia.
Una guerra che sembra essere destinata a durare ancora a lungo. Secondo quanto suggerito da Putin stesso a Vladivostok, durante il suo intervento all’Eastern Economic Forum, Mosca non ha volontà alcuna di cercare un cessate il fuoco, poiché esso verrebbe sfruttato da Kyiv per riamarsi e riorganizzare le proprie truppe, rendendole nuovamente pronte a sostenere i combattimenti. Aggiungendo a questo riguardo che, proprio per evitare quest’eventualità, nessun tipo di negoziato potrà essere intavolato fintanto che l’attuale controffensiva (dipinta come fallimentare da Putin) sarà portata avanti, adottando una narrativa secondo cui sia Kyiv ad essere la parte coinvolta che impedisce di intavolare trattative di pace.
Inoltre, alcune fonti vicine al Cremlino riportano come la leadership politico-militare del Paese continui a discutere in modo concreto riguardo ad una seconda tornata di mobilitazione delle riserve nei prossimi mesi, dopo quella avvenuta nell’autunno dello scorso anno, che dovrebbe rendere operativi tra i 170.000 e i 175.000 riservisti. Opzione che al momento sembra però essere fortemente osteggiata da molti dei componenti della cerchia stretta di Putin.
A Mosca si guarda dunque già oltre la fine dell’attuale controffensiva ucraina, la quale però non sembra destinata ad esaurirsi così presto. Fonti delle forze armate di Kyiv hanno dichiarato che i militari ucraini stanno conducendo operazioni offensive sia nell’area di Bakhmut che, soprattutto, in quella a sud di Robotyne: qui continua ad espandersi la duramente guadagnata testa di ponte oltre il multilineare sistema difensivo russo, testa di ponre in cui le forze di Kyiv stanno ammassando rifornimenti e unità necessari per lanciare un deciso lungo la direttrice meridionale, puntando alle città di Melitopol, Mariupol e Berdyansk. La cui occupazione permetterebbe un parziale accerchiamento delle forze russe impegnate nel settore, e la recisione die collegamenti con la penisola di Crimea.
A questo riguardo, il Military Media Center ucraino ha anche osservato che le forze russe stanno sempre di più spostando le riserve dalle profondità del territorio russo verso la linea del fronte in Ucraina per paura di uno sfondamento che potrebbe avere conseguenze disastrose.
Nel frattempo intorno a Kupyansk sono le forze armate russe ad essere passate all’offensiva, nel tentativo di alleggerire la pressione nella regione meridionale del fronte. Tentativo apparentemente coronato dal successo, considerando che per respingere l’assalto Kyiv abbia riposizionato in quel settore alcune unità di paracadutisti veterani che potrebbero svolgere un ruolo fondamentale nel caso di rottura delle linee nemiche.