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Dallo stop alle armi polacco alle debolezze Ue. La guerra in Ucraina vista da Coratella

Secondo Teresa Coratella, programme manager dell’European Council on Foreign Relations di Roma, sono tre le dimensioni da prendere in considerazione: quella europea, quella dei singoli Stati-membri, e quella statunitense. Ognuna per i propri motivi

Sin dall’inizio del conflitto, tanto i Paesi europei quanto gli Stati Uniti si sono dimostrati compatti nel fornire supporto di ogni tipo all’Ucraina. Dopo più di un anno e mezzo, il fronte transatlantico continua a essere solido. Ma nelle ultime settimane stanno emergendo alcune frizioni interne. A commentare la situazione per Formiche.net è Teresa Coratella, programme manager dell’European Council on Foreign Relations di Roma.

Con il passare del tempo e l’esaurirsi dell’impeto della controffensiva ucraina, nel grande fronte occidentale di sostegno all’Ucraina sta iniziando a percepire qualche piccola frattura. Qual è la situazione?

Il fronte di solidarietà nei confronti di Kyiv sta effettivamente iniziando a mostrare alcune debolezze, su tre livelli differenti: quello dei singoli Stati-membri, quello europeo e, ovviamente, quello statunitense. Le dinamiche in ciascuna di queste tre dimensioni sono però completamente diverse. Il caso polacco è forse quello più importante nel primo di questi tre livelli. Tendiamo sempre a dire che tutte le elezioni nazionali sono “cruciali” per il futuro del singolo Paese, ma nel caso delle consultazioni in Polonia è più vero che mai: esse saranno un vero spartiacque per la politica polacca come mai dalla caduta del Muro. Il risultato determinerà veramente il futuro del Paese, in Europa e oltre. Nel caso di vittoria dell’attuale coalizione di governo si entrerà in un terzo mandato del Pis, una vera e propria egemonia del partito come nel caso ungherese. A riprova di una deriva “orbaniana” della Polonia che è già in corso, basti pensare allo scontro con le istituzioni dell’Ue sulla questione dello stato di diritto e principi democratici. Se invece a trionfare fosse il polo “europeista” guidato da Donald Tusk, assisteremo a un netto cambio di rotta per la Polonia, soprattutto all’interno dell’Unione. Ad oggi “Diritto e Giustizia” (il partito conservatore alla guida dell’esecutivo) ha ancora la maggioranza nei sondaggi, ma è una maggioranza molto fragile: il partito è consapevole della possibilità di essere sconfitti alle elezioni, ed è per questo che sfrutterà al massimo questi ultimi 20 giorni per convincere l’elettorato di quanto il governo sia impegnato nel proteggere l’interesse nazionale. Gli attacchi continui contro Tusk, definito come “prima spia” prima dei russi e poi dei tedeschi, ne sono solo un esempio. E se a questo scopo sarà necessario sacrificare gli aiuti all’Ucraina, il governo è pronto a farlo.

Non crede che questo potrebbe avere delle ricadute che si estendano oltre la dimensione nazionale?

Assolutamente sì. Per la prima volta si è creata una breccia nella solidarietà degli Stati membri, e soprattutto della fascia “orientale” degli Stati membri (escludendo ovviamente l’Ungheria, che dall’inizio della guerra ha sempre mantenuto un atteggiamento pro-Russia e totalmente a favore di Vladimir Putin, ostacolando più volte in seno all’Ue l’adozione di pacchetti di sanzioni nei confronti di Mosca). La Polonia rappresenta un primo caso di messa in dubbio della coesione nella solidarietà all’Ucraina sul piano militare. Quindi, anche se va interpretata come un tentativo disperato da parte del governo di segnalare ai propri elettori che esso continuerà a dare la priorità all’interesse dei cittadini polacchi, essa rimane comunque una mossa “azzardata”, mossa a cui il presidente Andrej Duda ha già cercato di porre rimedio con le sue dichiarazioni di sostegno all’Ucraina. Rimane una situazione politica molto delicata, e nei prossimi 20 giorni questo scontro, legato a quello sul “grano ucraino”, è destinato a perdurare. Ma ricordiamo come, nonostante persegua questa strategia, per la Polonia solidarietà nei confronti di Kyiv rimane comunque necessaria, in funzione di Difesa dalla Russia. Varsavia sta facendo un “gioco pericoloso”, superando volutamente un certo confine ma sapendo che poi farà marcia indietro. Fino alle elezioni la dialettica del dibattito pubblico rimarrà questa. Anche perché adesso il governo polacco è sotto attacco per lo “scandalo dei visti”: diversi consolati polacchi avrebbero elargito dietro mazzette i documenti necessari per raggiungere prima il Messico e poi gli Stati Uniti; si parla di circa 250mila visti negli anni, una cifra importante, che rende questa vicenda uno dei principali scandali ad aver colpito la Polonia negli ultimi anni. Oltretutto riguarda la questione “migrazioni”, particolarmente rilevante per il governo polacco, ed è possibile anche che la scelta della Polonia di annunciare la sospensione del sostegno militare a Kyiv sia stata fatta per sviare l’attenzione dallo scandalo, il quale sta mettendo alla prova la tenuta dell’alleanza elettorale “populista” a pochi giorni dalla fatidica data del 15 ottobre.

Passiamo al livello successivo. Quali sono i sintomi della “debolezza” che menzionavamo poco fa sul piano europeo?

Sul piano europeo, le elezioni in Polonia saranno le ultime consultazioni nazionali in un grande Stato-membro prima delle elezioni europee. Contro ogni pronostico, i cittadini europei hanno mantenuto un forte livello di sostegno all’Ucraina sin dall’inizio della guerra. Al netto di casi particolari come l’Italia, possiamo dire che a 18 mesi dall’inizio dell’invasione russa la solidarietà dei cittadini europei si mantiene abbastanza stabile. Tuttavia mancano 300 giorni alle elezioni europee, e in questo lasso di tempo assisteremo a degli sviluppi interni ai singoli Stati-membri che sicuramente avranno un impatto sulla solidarietà politica europea nei confronti di Kyiv. Prendiamo ad esempio la Francia, dove Emmanuel Macron sta vivendo una crisi sostanziale del proprio ruolo politico mentre Marine Le Pen gradualmente rafforza la propria posizione. Inoltre, ci sono delle alleanze transnazionali che stanno nascendo o si stanno rafforzando all’interno dell’Unione: basta pensare a quella di Le Pen con Matteo Salvini, i quali cercano di coinvolgere anche il partito polacco Konfederacja che sarà sicuramente determinante per la formazione del prossimo governo, sia esso a trazione conservatrice che guidato da Tusk. Tutti questi “sviluppi interni” avranno come conseguenza l’indebolimento della posizione dei governi nei confronti di Kyiv, e quindi della posizione comune delle 26 capitali (escludendo Budapest a priori) nei confronti del sostegno all’Ucraina e della denuncia dell’azione russa. Vediamo come anche all’interno delle macroregioni politiche in Europa le architetture di cooperazione regionale si siano fortemente indebolite all’indomani della guerra, come nel caso del gruppo Visegrad.

A proposito di Visegrad, si stanno avvicinando le elezioni in Slovacchia. Che tipo di impatto avranno sulla situazione?

Le elezioni slovacche avranno un fortissimo impatto per quel che riguarda le dinamiche di cooperazioni regionali intra-Ue. Tornando sul gruppo Visegrad, esso è attualmente congelato in una situazione di stallo, con l’Ungheria isolata per via delle sue posizioni su Russia ed Europa, la Polonia in attesa della cruciale tornata elettorale, Polonia che ha perso la sua special relationship con l’Ungheria proprio a causa delle diverse visioni sulla guerra, ma che ha bisogno dell’Ungheria (e viceversa) per combattere la battaglia dei migranti in sede europea. Poi abbiamo gli Stati più piccoli come Repubblica Ceca e la Slovacchia che in questi mesi di guerra hanno cercato di mantenere la propria posizione all’interno del gruppo, ma che stanno subendo le conseguenze di questa stasi in termini politici. Le elezioni slovacche saranno significative per influenzare lo sviluppo futuro della strategia del gruppo Visegrad.

Anche il caso tedesco è significativo. Che sta succedendo in Germania?

In Germania la leadership al potere è attualmente molto in bilico. I motivi sono vari. Il dibattito interno alla maggioranza, la crescita di Alternative für Deutschland sul piano regionale e nazionale, ma anche per il rapporto complicato con la Francia: questo è uno dei momenti in cui i rapporti tra le due componenti del motore franco-tedesco sono più deboli. E sarà interessante vedere nei prossimi mesi cosa succederà in Germania, una Germania con una certa instabilità economica che attira anche attenzioni dell’Europa e degli altri Stati-membri. Tutti questi fattori fanno della Germania un attore da osservare con molta attenzione, per vedere come la posizione di Berlino cambierà su innumerevoli dossier, in primis quello ucraino.

Rimane la terza dimensione, quella statunitense. Anche su questo fronte, le novità per l’Ucraina non sono particolarmente positive.

Decisamente no. La visita di Zelensky non ha avuto esito particolarmente positivo. Accanto alla dichiarazione polacca sulla sospensione della fornitura di armi si è aggiunta anche quella statunitense. Ci sono molte variabili in gioco per il futuro: non è chiaro se sarà ancora Joe Biden, fino ad ora uno dei più forti sostenitori di Kyiv, a rappresentare i democratici nella corsa elettorale; inoltre, ricordiamoci che la Cina rimane di interesse primario per gli Usa, mentre quello per l’Europa è un interesse indiretto come conseguenza del conflitto in Ucraina. Tutti questi elementi non creano una base serena per la tenuta del fronte di sostegno a Kyiv, sostegno che le ha garantito fino ad oggi di respingere l’assalto di Mosca. Più ci avvicineremo alla data delle elezioni, più entrambe le parti faranno della questione degli aiuti all’Ucraina uno dei cavalli di battaglia della contesa elettorale. In questo c’è una grande differenza tra le due sponde dell’Atlantico: se noi guardiamo le dinamiche interne degli Stati-membri, la guerra ha un grande ruolo e i leader fanno grandi proclami, ma essa non indirizza il dibattito pubblico. Negli Usa la situazione è diversa, anche per il bipolarismo perfetto che obbliga i leader delle due coalizioni rivali a “scontrarsi” sulla guerra in Europa come tema di campagna elettorale. Sappiamo quanto le posizioni dei due leader siano fortemente in contrasto al riguardo, così come quelle nei confronti di Putin. Ma sarà la Cina il vero oggetto di confronto elettorale negli Usa; l’invasione russa sarà affrontata come questione “secondaria”, sia in ottica dei rapporti Russia-Europa che, soprattutto, in ottica di rapporti Cina-Russia. Gli Usa guardano con attenzione non solo all’Indo Pacifico in generale, ma nello specifico anche alla “rivalità sistemica” tra Mosca e Pechino, rivalità che però può, in base alle circostanze, mutare in un’alleanza solidale finalizzata a minare l’azione di Washington, così come la credibilità e la solidarietà dell’Europa.

Proviamo a capovolgere la nostra lente. Fino ad ora abbiamo visto come il sostegno europeo all’Ucraina abbia influenzato le dinamiche politiche interne al blocco euro-atlantico. Quanto invece l’esito delle varie tornate elettorali può incidere sul grado di sostegno mostrato finora a Kyiv?

Nessun’elezione nazionale europea potrà mai scalfire o indebolire la solidarietà europea nei confronti dell’Ucraina. Anche in Polonia, qualsiasi sarà il risultato elettorale, il governo continuerà a sostenere Kyiv. È interesse della Polonia farlo, in quanto membro Ue posto al confine con “l’orso russo”. La differenza la faranno le elezioni americane. Fino al novembre del 2024 sia le istituzioni che i governi europei condurranno una politica “flessibile”, che permetta loro di riposizionarsi in base al nuovo corso che sarà preso dalla Casa Bianca. L’Europa è atlantista, lo è sempre stata dalla fine della Seconda Guerra Mondiale; se la guerra in Ucraina non ha intaccato il rapporto transatlantico, è difficile credere che nei mesi che mancano alle elezioni europee possa avvenire qualcosa in grado di portare cambiamenti sostanziali in questo senso. Né tantomeno, è credibile che le elezioni nazionali riusciranno a farlo.

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