L’arresto del sindaco di Derna e di sette funzionari, le questioni geopolitiche legate al gas tra Turchia, Grecia e Libia, e la vicenda dell’azienda Arsel in relazione all’alluvione del 11 settembre in Libia mettono in luce una complessa serie di eventi legati a interessi energetici e a problemi di gestione delle infrastrutture nel contesto mediterraneo
Il procuratore generale della Libia ha emesso un ordine di arresto nei confronti del sindaco di Derna e di sette funzionari ed ex funzionari delle autorità responsabili delle risorse idriche e delle dighe del Paese. Le misure sono parte delle indagini relative all’alluvione catastrofica di due settimane fa, causata da una tempesta che ha colpito principalmente la parte orientale della Libia, portando alla rottura di due dighe vicino a Derna, città della Cirenaica, e causando gravi danni e la perdita di oltre 11.000 vite.
Cattiva gestione, storica
L’accusa contro gli otto funzionari è di cattiva gestione delle infrastrutture e negligenza, in quanto i segnali di pericolo riguardo alle dighe erano stati precedentemente segnalati. Inoltre, otto altri funzionari sono stati convocati per essere interrogati nei prossimi giorni. Le autorità libiche stanno cercando di superare le divisioni esistenti (il Paese è di fatto diviso tra due governi, uno amministra la Tripolitania e l’altro la Cirenaica) e stanno provando a fare chiarezza su una tragedia che segna la storia del Paese.
Oltre i dati ufficiali, si ritiene che circa ventimila persone abbiano perso la vita quando la tempesta Daniel ha scagliato la sua massa d’acqua sulla Libia. Queste dighe, Abu Mansour e Derna, erano state costruite da una società jugoslava negli anni ’70, ma hanno iniziato a mostrare crepe nel 1998. In quel momento fu una società di consulenza italiana a raccomandare la costruzione di una terza diga per scaricare il carico idraulico. Nel 2007, sotto il governo di Muammar Gheddafi, un appaltatore turco, la Arsel Construction Company, è stato assunto per le riparazioni e la costruzione della nuova diga.
Tuttavia, i lavori hanno dovuto affrontare diverse sfide, tra cui problemi finanziari, corruzione, malgoverno e poi il caos della rivoluzione libica e delle divisioni interne susseguenti. Il sito web della società diceva che le opere erano iniziate sulle dighe di Derna e Abu Mansour nel 2007 e poneva la “data di completamento” come 28 novembre 2012, l’anno dopo la rivoluzione libica che ha rovesciato Gheddafi. Il sito web però è stato rimosso pochi giorni dopo il disastro di Derna, ha scoperto Middle East Eye.
Secondo il procuratore generale della Libia, l’azienda ha iniziato il suo lavoro solo nell’ottobre 2010 a causa della mancanza di fondi e si è fermata meno di cinque mesi dopo a causa della rivoluzione. I lavori di sistemazione non sono mai stati completati. Abdulhamid Dabaiba, primo ministro del Governo di unità nazionale libico con sede a Tripoli che rivaleggia con l’amministrazione nell’est della Libia dove si trova Derna, la scorsa settimana ha detto che il progetto della società turca è stato interrotto perché “non sono stati forniti i budget contrattuali per il progetto”.
La Arsel e i guai della Libia
“I veicoli da costruzione sono stati sequestrati dai militanti, tra cui camion, gru, auto”, ha scritto il giornale pan-arabo londinese Al Arab, “mentre gli ingegneri e i lavoratori turchi sono stati costretti a tornare nel loro Paese”. La vicenda apre ulteriori scenari sul ruolo mosso da aziende, come quelle turche, che hanno acquisito sostanziale influenza nel corso del tempo, principalmente negli ultimi anni, dopo l’intervento militare di Ankara al fianco del precedente governo onusiano. In un report del 2021, l’Ufficio di revisione contabile libico ha criticato il ministero delle Risorse idriche per non aver chiuso gli stanziamenti del fondo dopo che erano scaduti.
Quattro anni prima, la Arsel aveva dichiarato bancarotta. Arsel ha avviato una procedura di insolvenza nel febbraio 2017. Anche se la società è stata dichiarata fallita, i suoi due azionisti hanno citato in giudizio la Libia nel 2020 in arbitrato per riscuotere più di una dozzina di contratti presumibilmente non pagati per il lavoro che ha detto di aver svolto nel Paese. Una fonte che ha familiarità con il caso ha detto a MEE che la diga di Derna non era tra i contratti che sono stati portati all’arbitrato. Non è chiaro se sia perché ha ricevuto denaro per il contratto delle dighe (e dunque ottenuto compenso per un lavoro non fatto?) o meno.
I danni climatici avvicinano Libia e Grecia?
Sul malgoverno si abbina il peso di infiltrazioni straniere che hanno provato a sfruttare spazi (per interessi) nel teoricamente ricco Paese nordafricano. A tutto questo, va aggiunta la violenza con cui i fenomeni climatici si stanno abbattendo in questo periodo sul pianeta. Il Mediterraneo è stato evidenziato come un hotspot per i rischi legati ai cambiamenti climatici, sottolineando l’importanza di ridurre la vulnerabilità e aumentare la resilienza agli eventi meteorologici estremi.
Come la Libia, anche la Grecia ha registrato piogge più intense e inondazioni più forti a settembre, probabilmente anche legate al cambiamento climatico indotto dal riscaldamento globale. Fattori che rendono gli eventi di pioggia estrema significativamente più probabili in entrambe le regioni, con una probabilità fino a 50 volte superiore in Libia e fino a 10 volte superiore in Grecia, spiega in un’analisi Ajit Nirajan, che per il Guardian si occupa di Clima. Tuttavia, al di là delle cause legate al clima, anche i fattori umani che hanno esacerbato l’impatto sono comuni, come la costruzione in aree a rischio di inondazioni, la deforestazione e la manutenzione inadeguata delle dighe.
Non è un caso se la Grecia sia stato uno dei Paesi che ha risposto immediatamente all’emergenza libica, dunque. Si sta creando un sentimento di comunione nel Mediterraneo, dove la gestione del rischio climatico è un elemento di contatto anche tra contesti precedentemente complicati. Su questo l’Italia insiste da tempo con azioni di carattere tecnico e diplomatico che vedono Roma come punto di riferimento sia a livello di qualità della Protezione civile, sia come centro accademici e di ricerca sui rischi.
L’invio di mezzi di soccorso greci in Libia (tra l’altro alcuni soccorritori sono stati protagonisti di un incidente mortale) si può però anche collegare infatti alla volontà di Atene di mostrarsi partecipe per cercare di lavorare con i libici su un interesse di primo livello: le zone di ricerca di idrocarburi in mare. La Grecia infatti non riconosce un accordo marittimo turco-libico che prevede anche il possibile sfruttamento del gas libico da parte di Ankara. La Turchia ha sfruttato l’aumento di influenza in Libia per accaparrarsi un ruolo all’interno del contesto geopolitico del Mediterraneo orientale, dove molte delle dinamiche sono mosse attorno ai reservoir gasiferi. Atene sta anche pensando a questo (e storie come quella della Arsel la potrebbero aiutare, anche vista la reazione popolare nei contro la mala gestione del territorio e della cosa pubblica che ha seguito la vicenda di Derna?).