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Con Pechino la libertà non è in vendita. E sull’Indo Mediterraneo l’Italia c’è. Parla Formentini

Dal G20 al G7 il Paese può trovare una nuova centralità sullo scenario internazionale in particolare sul rapporto con l’Africa e suo ruolo che gioca nel Mediterraneo, così come giocherà da protagonista nell’ambito del progetto Imec. Con Pechino l’Italia deve essere chiara: si al commercio (vendiamo meno di Francia e Germania) ma ferrea difesa di un ordine internazionale basato su diritti umani, libertà di commercio e diritti civili. Conversazione con il vicepresidente della Commissione Affari Esteri alla Camera

“Bri e partenariato strategico sono strumenti: l’importante è ribadire sempre che infrastrutture critiche, aziende strategiche e valori di libertà non sono in vendita”. La pensa così il vicepresidente della Commissione Affari esteri e Comunitari alla Camera, Paolo Formentini (deputato della Lega).

A Formiche.net, alla vigilia dei lavori dell’avvio in commissione del Comitato permanente sulla politica estera per l’Indo Pacifico, Formentini traccia un bilancio degli incontri avuti dal premier Giorgia Meloni durante il G20 con uno sguardo – di prospettiva – anche al G7 italiano. Dal rapporto con Pechino all’alla centralità del Mediterraneo, declinato nell’impegno in particolar modo sull’Africa.

Il premier Meloni ha incontro svariati leader internazionali durante questo G20, a partire dai presidenti di Usa e India, fino al premier cinese. Africa, interconnessioni globali e supply chain, sicurezza alimentare e intelligenze artificiali sono i grandi temi sul tavolo. Qual è la rotta italiana e cosa porta a casa il presidente del Consiglio dal vertice, anche pensando al nostro G7?

Dal G20 al G7 l’Italia può davvero essere protagonista, anzi essenziale. L’Occidente smarrito e sopito è stato colto di sorpresa dall’attivismo diplomatico (Bri), finanziario, economico di Pechino, oggi si sta risvegliando. Dalle interconnessioni globali tra democrazie e stati in via di sviluppo, da una supply chain sicura, al governo, a livello legislativo, dell’intelligenza artificiale passa il futuro del mondo libero e il miglioramento delle condizioni globali delle condizioni di vita dell’umanità.

Arriviamo al G7 italiano.

Al centro del G7 italiano ci sarà l’Africa, ottimo l’impegno del nostro paese nel cercare di coinvolgere sempre più l’Europa, risultato importante anche l’ingresso nel G20 dell’Unione Africana (ricordiamo che la sola Cina aveva finanziato la sede dell’Unione ad Addis Abeba). Anche in ambito Nato, deve essere l’Italia a coinvolgere sempre più gli alleati in un Mediterraneo in turbolenta evoluzione, quel Fianco Sud dell’Alleanza spesso trascurato.

Durante il G20 è stato presentato il progetto Imec, “un’impresa monumentale” per usare le parole del presidente Usa, Joe Biden. L’Italia ne è parte, con interessi a più livelli. Cosa c’è in ballo per il nostro Paese in questo nuovo concetto di Indo Mediterraneo?

Connettere via mare e via terra India e Medio Oriente e via Mediterraneo l’Europa è sicuramente un’impresa monumentale, una sfida anche tecnologica che vedrà l’Italia avere un ruolo di primo piano sia per la collocazione geografica, al centro del Mediterraneo, sia per la grande competenza delle proprie aziende, penso ad esempio a Ferrovie dello Stato.

Come vede, in questo quadro, il ruolo di Israele?

Israele, in questo contesto, rappresenta un anello essenziale su questa via di commerci. Imec e PGII (Partnership for Global Infrastructure and Investment, ndr) sono i progetti che ridaranno, se vi si dedicheranno le necessarie energie, alle democrazie nuova capacità attrattive e ‘fascino’ presso quei paesi del cosiddetto Sud Globale che hanno (avevano?) aderito ad altre Vie commerciali e connessioni.

A proposito “altre Vie”, nell’incontro con il cinese Li Qiang, il premier ha messo in luce il valore del partenariato strategico Italia-Cina (faro delle relazioni). Ma Meloni ha anche iniziato a introdurre la possibilità dell’uscita italiana dalla Belt & Road Initiative, di cui Imec è un competitor. A che punto siamo del rapporto con Pechino?

Con Pechino l’Italia deve essere chiara: sì al commercio (vendiamo meno di Francia e Germania) ma ferrea difesa di un ordine internazionale basato su diritti umani, libertà di commercio e diritti civili. Bri, parternariato strategico, sono strumenti: l’importante è ribadire sempre a gran voce che infrastrutture critiche, aziende strategiche e valori di libertà non sono in vendita. L’Occidente è la nostra casa, non dimentichiamo mai quanto il nostro Paese ha dato nei secoli. Solo così potremo ancora, orgogliosamente, essere protagonisti del nascente progetto politico in difesa della libertà di commercio e, auspichiamo, di pensiero.


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