Il presidente del Consiglio ha incontrato il fondatore di LinkedIn, oggi esperto di Intelligenza artificiale, per parlare di questa tecnologia in termini di opportunità, rischi, impatto sull’economia, democrazia ed etica. Roma intende porre la governance IA al centro della sua presidenza G7 nel 2024
Lunedì sera il presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha ricevuto a Palazzo Chigi Reid Hoffman, fondatore di LinkedIn e uno dei maggiori esperti mondiali sullo sviluppo dell’intelligenza artificiale (AI). Secondo una nota ufficiale, i due hanno discusso “le opportunità e i rischi” di questa tecnologia, specie gli effetti sul mondo del lavoro e sulle economie, ma anche l’impatto sul futuro delle democrazie, i “grandi temi etici” e la “conseguente necessità di governare i cambiamenti futuri” per evitare di subirli.
Il tema di come approcciarsi alla governance dell’IA è presente in una serie di contesti multilaterali, non da ultimo lo scorso summit del Gruppo dei Sette a trazione giapponese. Quando si sono riuniti a Hiroshima, a maggio, i leader G7 hanno concordato sulla necessità di regolamentare l’IA generativa e le tecnologie immersive. In quest’ottica, hanno avviato una serie di discussioni ministeriali – note come “Hiroshima AI Process” – e promesso di riferire i risultati entro la fine dell’anno.
Tra gli incontri in agenda c’è quello annunciato dal primo ministro britannico Rishi Sunak: un vertice globale sull’IA, che si terrà in autunno a Bletchley Park, dove i progenitori dei computer sono stati utilizzati per decifrare la crittografia dei messaggi tedeschi, Enigma, e cambiare il corso della Seconda guerra mondiale. Ma anche Roma, in accordo con gli alleati, sta aumentando l’attivismo sul tema: l’esecutivo a guida Meloni intende rendere la questione un tema “centrale” nel G7 a guida italiana del 2024.
“L’uomo, con la sua identità anche spirituale, deve sempre restare al centro di tutto”, specifica il comunicato di Chigi. È questa la cifra della preoccupazione che Meloni ha sollevato in una serie di sedi multilaterali – tra cui i vertici del G7 di Hiroshima e del Consiglio d’Europa – e con una serie di personalità di altissimo profilo, come il leggendario Segretario di Stato americano Henry Kissinger e l’imprenditore tech Elon Musk.
Le parole di Meloni sull’IA trasmettono l’urgenza di agire, quella che emana dai pionieri del settore e che il leader italiano sembra aver interiorizzato. “Non si può evitare di governare il processo”, diceva a luglio durante la sua visita a Washington, evidenziando che l’evoluzione dell’IA corre “molto più velocemente” dei tempi della politica, tanto più quella dei forum multilaterali – che poi è il luogo in cui serve costruire la governance, perché l’efficacia delle iniziative a livello nazionale sarebbe fortemente limitata, osservava Meloni.
Riuscire a regolamentare lo sviluppo dell’IA – e renderlo antropocentrico, come auspica il primo ministro – significa evitare quanto avvenuto con la globalizzazione, l’espansione acritica dei legami geopolitici predicata sul libero mercato che negli ultimi anni è stata messa in discussione dalla crescente securitizzazione delle relazioni. Su questi binari si muove il pensiero dell’analista politico Ian Bremmer, che su queste colonne ha spiegato come l’IA stia già rimodellando la geopolitica come la conosciamo. La governance dell’IA deve essere trattata a livello sovranazionale, ha esortato, immaginando una convergenza tra aziende tech e governi per stare al passo dello sviluppo e creare un sistema di regolamentazione che funzioni per tutti. Ed è attraverso la presidenza G7 che l’Italia può influenzare il corso del futuro.