Dopo la partecipazione al Budapest Demographic Summit Giorgia Meloni ha incontrato il Primo Ministro ungherese: eccellenti le relazioni bilaterali tra Roma e Budapest. Meloni: “Viviamo in un periodo in cui tutto quello che apprezziamo è esposto a degli attacchi. Senza identità non siamo altro che meri numeri”. Orban: “Ai nostri fratelli d’Italia diciamo avanti ragazzi”
In primis i risultati del Budapest Demographic Forum, con l’obiettivo comune di sottolineare il tema della famiglia anche alla luce della sfida demografica che l’Europa deve affrontare, con l’Italia protagonista in negativo in virtù della bassa natalità. Passaggio valorizzato dall’incontro con Katalin Novak, presidente dell’Ungheria. In secondo luogo il terreno comune (già arato) su Kiev e migranti. Giorgia Meloni e Viktor Orban a Budapest hanno messo l’accento su valori comuni e sulle eccellenti le relazioni bilaterali tra Roma e Budapest.
I due premier hanno condannato l’aggressione russa all’Ucraina e al contempo hanno auspicato una pace giusta, proseguendo nel sostegno a Kiev e nel perseguimento della forte “unità degli Stati membri dell’Ue in un sostegno ampio e multidimensionale all’Ucraina”.
Identità e numeri
In Italia è previsto un calo di 11 milioni di persone nei prossimi anni, passando dagli attuali 59 milioni di abitanti ai 48 milioni. Questa la ragione che spinge il governo a programmare una serie di politiche ad hoc. Lo ha spiegato il premier dal palco di Budapest quando ha sottolineato che “noi abbiamo il coraggio per affermare che per il futuro i dati sono molto preoccupanti. Una delle ragioni di questa crisi è come viene affrontata la questione dal punto di vista dei media. Pensiamo ai modelli sociali che vediamo in televisione e di come sono cambiati nel corso del tempo, l’immagine tipica di una famiglia è svanita”. Aggiungendo che “viviamo in un periodo in cui tutto quello che apprezziamo è esposto a degli attacchi. Questo è pericoloso per la nostra identità nazionale, religiosa, familiare. Questo nuovamente richiama l’attenzione sui nostri diritti e deve far scaturire la forza per difendere i nostri diritti. Senza questa identità non siamo altro che meri numeri”.
Migranti
I numeri del 2023 dimostrano che l’emergenza si sta trasformando in consuetudine, ragion per cui è necessario un intervento risolutivo, al netto delle diverse sensibilità europee. Orban e Meloni hanno sottolineato ancora una volta che la migrazione è una sfida comune per l’Unione europea che richiede una risposta collettiva. Per questa ragione hanno ribadito la necessità di concentrarsi sulla dimensione esterna per prevenire le partenze, soprattutto attraverso un deciso sostegno politico ed economico ai Paesi di origine e di transito dei migranti, in attesa della Presidenza ungherese del Consiglio dell’Unione europea prevista nel secondo semestre del 2024.
La situazione attuale a Lampedusa è sotto gli occhi di tutti, ambito su cui il premier ha specificato le proprie convinzioni: “Gli immigrati servono all’Occidente per risolvere la crisi demografica? Io non sono d’accordo con questa narrazione. Sono convinta che le grandi nazioni devono prendersi la responsabilità di costruire il proprio futuro. I migranti, se pienamente integrati, possono dare un contributo ma dobbiamo essere più responsabili per noi”.
Dimensione esterna
Il ragionamento ribadito a Budapest tocca il delicato tema della dimensione esterna dell’unione, con particolare riferimento a quei paesi che rappresentano la cintura più larga dell’Ue. L’Italia è assieme alla Grecia e alla Spagna in prima fila in questa fase, ma a differenza di Madrid e Atene è soggetta a due settori iper critici di ingresso: la rotta balcanica e il canale di Sicilia. La prima si sta progressivamente ingrossando, dal momento che i migranti scelgono di puntare direttamente al confine italiano, bypassando tutti gli altri paesi del costone balcanico. Partono dalla Siria e dalla Turchia e affrontano circa 2000 km. A soffrire più di tutte è Trieste, dove i numeri sono inquietanti.
Il secondo fronte, come è noto, è quello mediterraneo aggravatosi in virtù del progressivo aumentare delle tensioni politiche e geopolitiche in un serie di realtà complesse come Niger, Mali, Libia, Tunisia e Centrafrica. Le pressioni della brigata Wagner rappresentano un preciso perno geopolitico.
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