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L’Onu, l’Italia e la necessità di una visione globale. Scrive Salone

Riaccendere la speranza sulla possibilità di costruire un modello di sviluppo più giusto e sostenibile: l’impegno di Guterres per mobilitare i Paesi in un momento di tensione internazionale, le priorità dell’Italia alla luce dell’Agenda 2030, il ruolo della società civile con l’“inviato” Enrico Giovannini. La questione migratoria al centro dell’attenzione. L’intervento di Filippo Salone, Fondazione Prioritalia, coordinatore Gruppo di Lavoro ASviS sul Goal 16

SDG Summit e Agenda 2030: l’appello di Guterres e l’auspicio dell’ASviS

L’Sdgs Summit del 18 e 19 settembre, l’appuntamento quadriennale organizzato dalle Nazioni Unite e voluto fortemente dal segretario generale dell’Onu António Guterres per fare il punto sull’attuazione dell’Agenda 2030 (che contiene i 17 Obiettivi di Sviluppo Sostenibile, Sdgs, approvati nel 2015) ha richiamato ancora una volta l’esigenza di rilanciare un approccio multilaterale allo sviluppo sostenibile e di consolidare il  sistema di governance globale per costruire politiche visionarie e risolutive su pace, crisi climatiche e migrazioni.

Il summit ha rappresentato il fulcro della settimana di “alto livello” dell’Assemblea generale dell’Onu e ha fornito alcune significative indicazioni per provare ad affrontare le molteplici sfide, tra loro interconnesse, che il mondo si trova ad affrontare. L’ASviS (Alleanza italiana Sviluppo Sostenibile) ha seguito il Summit con grande attenzione, con il direttore scientifico Enrico Giovannini presente a New York come “inviato” delle oltre 300 realtà aderenti all’Alleanza, che dal 2016 indirizza gli sforzi della società civile, di istituzioni e politica, imprese, mondo dell’università e della ricerca per promuovere lo sviluppo sostenibile in Italia.

“È uno scenario per certi versi desolante ma anche entusiasmante”, la chiosa di Giovannini al termine del Summit. “Desolante perché molti degli obiettivi previsti dall’Agenda sono ancora molto indietro nel cronoprogramma di attuazione; entusiasmante perché è un dato di fatto che non si sia mai vista una mobilitazione mondiale intorno a un’agenda comune come quella cui abbiamo assistito dal 2015 a oggi. Se ci pensiamo bene, l’Agenda 2030 è il punto più alto nella storia dell’umanità di condivisione di dove vogliamo andare e come dovrebbe essere il futuro”.

Dal Summit quindi si possono cogliere segnali di fiducia. Nel suo rapporto Guterres ha fatto notare che: “Nonostante tutto, nonostante il mondo non sia ancora sulla strada giusta, gli Sdg sono ancora alla portata. Ragione in più per raddoppiare l’impegno di tutti”. Alcune proposte sono particolarmente interessanti, come quelle che riguardano il finanziamento delle azioni dell’Agenda 2030, la riforma della governance internazionale e del Consiglio di sicurezza, e potrebbero mettere in moto un circolo virtuoso nei negoziati globali, a partire dal G7 dell’anno prossimo, che sarà guidato dall’Italia.

“L’Agenda 2030 è un sistema completamente interconnesso. Io credo che si debba insistere e andare avanti, lavorando sulle soluzioni già presentate dalle Nazioni Unite”, è la conclusione di Giovannini, che ha commentato i lavori del Summit durante un evento ASviS Live in diretta da New York, insieme a esponenti delle istituzioni e della società civile

Sulla crisi in Ucraina, il Summit ha ribadito i principi promossi nel documento presentato a Luglio dall’Onu ‘A new agenda for Peace’, chiedendo misure forti per prevenire i conflitti a livello globale e affrontare le divisioni geopolitiche, dando priorità alle attività diplomatiche. “La politica è compromesso, la diplomazia è compromesso, una leadership efficace è compromesso. I leader hanno la responsabilità di raggiungere un compromesso nella costruzione di un futuro di pace e prosperità per il nostro bene comune”, aveva affermato Guterres e luglio.

Il mantra rimane dunque quella attuazione dell’Agenda 2030, riconoscendo che la “prevenzione a tutte le forme di violenza e conflitto e lo sviluppo sostenibile sono interdipendenti e si rafforzano a vicenda”. L’evidenza del rapporto? tra guerra, clima e fenomeni migratori è stata al centro del Summit e su questo tema si può focalizzare anche la principale chiave di lettura destinata all’Italia al cospetto del suo ruolo in Europa e nel mondo.

Le sfide dell’Italia: le parole di Meloni e Mattarella sulle migrazioni

Il premier Giorgia Meloni, che è intervenuta all’Assemblea generale dell’Onu il 20 settembre ma non ha partecipato al Summit sugli Sdgs, ha rilanciato sulla necessità di una nuova stagione di cooperazione internazionale sui fenomeni migratori a partire dal pieno coinvolgimento dei Paesi Africani, citando la Conferenza di Roma su migrazioni e sviluppo e il Piano Mattei per l’Africa. “Occorre invertire la rotta. L’Italia vuole contribuire a creare un modello di cooperazione, capace di collaborare con le Nazioni africane affinché possano crescere e prosperare grazie alle risorse che possiedono. E così, offrire un’alternativa seria al fenomeno della migrazione di massa, un’alternativa fatta di lavoro, formazione, opportunità nelle nazioni di provenienza, e percorsi di migrazione legale e concordata e dunque anche integrabile”.

Nelle parole di Meloni c’è l’auspicio di una centralità del ruolo dell’Italia per l’integrazione euromediterranea ma anche, visto il riferimento a “una scelta tra Nazione e caos”, uno scetticismo di fondo verso il compimento di politiche effettivamente multilateraliste, a partire dalle divergenze in Europa, perché rimangono forti e convinti i passaggi sulle prerogative nazionali, laddove sono stati più volte rimarcati concetti quali confini, identità, Patria.

È opportuno d’altra parte ricordare, in piena coerenza col fondamento istitutivo dell’Sdg Summit, il recente intervento del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella che si è appellato alla necessità di una visione diacronica e globale sul tema delle migrazioni. Al termine dell’incontro dello scorso 21 settembre a Piazza Armerina con il suo omologo tedesco Frank Walter Steinmeier, Mattarella ha infatti invocato soluzioni europee per gestire la crisi migratoria secondo una “visione del futuro coraggiosa e nuova “.

“È sempre più evidente a tutti la dimensione e la caratteristica storica e globale del fenomeno migratorio – ha affermato il Capo dello Stato – che risale a molte cause che sono ambientali, di violenze, di diverse ragioni che spingono le persone a emigrare, a lasciare la loro terra. Davanti a questo è sempre più evidente che occorre definire, studiare e porre in campo soluzioni nuove, coraggiose e non superficiali, di breve momento e approssimative. Occorrono soluzioni naturalmente europee, perché questo non è un problema che un paese da solo può affrontare, neppure il più grande. Ognuno ha le sue idee ma sta ai governi porle in campo e confrontarle”.

Le nuove soluzioni, ha aggiunto Mattarella, dovranno prevedere il superamento del trattato di Dublino: “Io credo che occorra, di fronte a un fenomeno così, pensare in maniera adeguata. Altrimenti è come usare strumenti rudimentali e superati di fronte a fenomeni totalmente nuovi. Anche per questo, ad esempio, le regole di Dublino sono preistoria. Voler regolare il fenomeno migratorio facendo riferimento agli accordi di Dublino è come dire realizziamo le comunicazioni in Europa con le carrozze a cavalli, era un altro mondo quello”. “Pensare e fare riferimento, come alcuni Paesi dell’Unione fanno ancora, basandosi sulle regole di Dublino significa fare un salto nel Pleistocene, in un’altra era storica, zoologica o minerologica. È proprio fuori dalla realtà”, ha concluso il Presidente della Repubblica. Una presa di posizione in sintonia con la visione lunga, proiettata al futuro, che sta alla base dell’Agenda 2030.

* Il Sustainable Development Report 2023, redatto da un team di esperti indipendenti della United Nations Sustainable Development Solutions Network (SDSN) e pubblicato il 21 giugno, dice chiaramente che considerando l’attuale tendenza di attuazione “nessuno degli obiettivi” potrà essere raggiunto a livello globale nel 2030 Per approfondire


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