Dumoulin e Shamiev (Ecfr), spiegano il contesto (anche storico) su cui si sviluppa la nuova crisi tra Azerbaijan e Armenia, con una lettura sul ruolo complicato che spetta alla Russia
Da martedì scorso, l’Azerbaijan ha avviato una nuova operazione militare nel Nagorno Karabakh, un territorio separatista situato in Azerbaijan, ma controllato dall’Armenia. Uno scenario con una lunga storia di tensioni etniche e territoriali tra i due Paesi, che ha già scatenato due guerre con migliaia di vittime. C’è il timore che questi nuovi scontri possano riacutizzare le tensioni e portare a una nuova guerra in una zona già priva di beni e servizi essenziali.
Il contesto
Il Nagorno Karabakh è una regione montuosa di circa 11.000 chilometri quadrati situata all’interno dell’Azerbaijan, ma è etnicamente, religiosamente e culturalmente più vicina all’Armenia. Nel 1988 ha dichiarato l’indipendenza dall’Azerbaijan con il sostegno dell’Armenia, scatenando una serie di conflitti che hanno portato alla prima guerra tra il 1992 e il 1994, vinta dall’Armenia, e alla seconda guerra nel 2020, vinta dall’Azerbaijan. Anche se la comunità internazionale riconosce il Nagorno Karabakh come parte dell’Azerbaijan, è in gran parte sotto il controllo armeno.
Un ulteriore elemento di complessità è la geografia della zona. Il Nagorno Karabakh non confina direttamente con l’Armenia ma è collegato tramite un piccolo passaggio di terra noto come “corridoio di Lachin”, vitale per il rifornimento di beni di prima necessità. Tuttavia, questo passaggio è stato chiuso più volte dall’Azerbaijan, causando gravi carenze alimentari e di medicinali.
L’Azerbaijan nega l’isolamento della regione, sostenendo restrizioni per prevenire il traffico illegale di armi. La Russia dovrebbe agire come garante per mantenere aperto il passaggio tra Armenia e Nagorno Karabakh, ma finora non è intervenuta in modo significativo.
Alcuni abitanti del Nagorno Karabakh ritengono che l’Azerbaijan stia cercando di affamare la popolazione per costringerla ad abbandonare la regione. Nonostante vari tentativi di mediazione diplomatica, la situazione rimane tesa, con segnalazioni recenti di bombardamenti nella capitale Stepanakert da parte dell’esercito azero.
Marie Dumoulin, direttrice del Programma Europa ampliata dell’Ecfr, spiega che sin dalla prima guerra intorno al Nagorno-Karabakh e dal cessate il fuoco concordato nel 1994, l’Azerbaigian ha insistito sulla violazione della propria integrità territoriale, mentre l’Armenia sottolineava il diritto all’autodeterminazione della popolazione armena locale. Sullo sfondo della guerra in Ucraina, l’Azerbaigian si vede legittimato.
Nuove tensioni
“Negli ultimi mesi, il primo ministro armeno ha riconosciuto il Nagorno-Karabakh come parte del territorio dell’Azerbaigian, ma ha spinto per una discussione sui diritti della popolazione armena locale e sulle garanzie di sicurezza di cui godrebbe all’interno dell’Azerbaigian”, continua Dumoulin. Il punto è che Baku non ha intenzione di negoziare su una questione che considera interna, e si sta muovendo per riprendersi un territorio che persino l’Armenia riconosce come parte dell’Azerbaigian.
“Gli armeni — continua la think tanker — sono delusi dalla mancanza di sostegno da parte della Russia, che consideravano il loro principale garante della sicurezza e un alleato all’interno dell’alleanza militare Csto (Organizzazione del Trattato di Sicurezza Collettiva, ndr). Il contingente russo dispiegato in Nagorno-Karabakh dopo il cessate il fuoco del 2020 non è stato in grado di impedire nessuna delle azioni militari azere, né di impedire all’Azerbaigian di stabilire il blocco del corridoio di Lachin, una strada che collega l’Armenia al Nagorno-Karabakh. Non è nemmeno in grado di fermare l’attuale offensiva”.
Dopo aver mediato il cessate il fuoco del 2020, la Russia non ha voluto schierarsi nel conflitto, permettendo di fatto all’Azerbaigian di gestire la situazione. Ora resta da vedere se la Russia sia ora in grado di mediare un nuovo cessate il fuoco e il costo politico per il governo armeno, probabilmente un alto, che questo comporterebbe.
Roulette russa
Come spiega Kirill Shamiev, visiting fellow dell’Ecfr, dalla caduta dell’Urss, la Russia ha dovuto fare da equilibrista tra l’Azerbaigian e l’Armenia. Entrambi i Paesi sono stati partner importanti per Mosca nella regione, anche nel settore della difesa e della sicurezza. I dati dell’Istituto internazionale Sipri rivelano che dal 2011 al 2020 la Russia è stata il principale esportatore di armi sia in Armenia che in Azerbaigian. In questo arco di tempo ha fornito quasi tutti i principali armamenti dell’Armenia e ha rappresentato quasi i due terzi delle principali acquisizioni di armi dell’Azerbaigian.
“Gli obiettivi della Russia in questo conflitto sono prevenire incursioni dirette nel territorio armeno riconosciuto a livello internazionale, evitare un confronto militare diretto con l’Azerbaigian e garantire la sicurezza delle forze di pace e la relativa incolumità della popolazione locale in Karabakh”, spiega Shamiev nei commenti che il think tank paneuropeo ha inviato a Formiche.net.
“La Russia non ha né la volontà né le capacità di sostenere l’attuale governo armeno in Karabakh. L’Armenia ha avuto il tempo di prepararsi alle prossime ostilità, ma dubito che sia riuscita a farlo con successo, come dimostrano le frenetiche mosse di politica estera del governo armeno negli ultimi mesi”.