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La lezione del funerale laico di Giorgio Napolitano

Le esequie del Presidente emerito si sono tenute alla Camera dei deputati, dopo la camera ardente al Senato. Un ultimo saluto che è un simbolo, forse un messaggio, per chi resta, incarnato dai luoghi e da chi ha preso la parola per porgere un ultimo saluto

Un funerale laico alla Camera dei deputati, dopo la camera ardente allestita presso il Senato della Repubblica. Se i simboli contano, e contano, l’ultimo saluto a Giorgio Napolitano, Presidente emerito della Repubblica italiana, è il simbolo di una vita trascorsa nell’impegno politico e parlamentare, nella riflessione sulla gestione della cosa pubblica e nella ricerca continua di risposte alle domande che l’evoluzione della società e i cambiamenti degli equilibri internazionali hanno imposto a chi siede negli scranni più alti di ogni istituzione.

Lo ha ricordato Anna Finocchiaro, già ministra e ora presidente della Fondazione Italiadecide: “Giorgio Napolitano è stato, sopra a tutto, parlamentare. I dirigenti politici consideravano più importante l’impegno politico piuttosto che quello parlamentare. Lui vi si è invece ‘immerso’, perché lo considerava il luogo per l’approfondimento e la riflessione sulle questioni, il confronto tra forze politiche, la ricerca della migliore tra le transazioni per la cura dell’interesse collettivo e perché credeva fermamente che nella qualità della rappresentanza risiede la forza e l’autorevolezza del Parlamento e delle istituzioni repubblicane. Garantire efficacia ed efficienza dell’agire delle istituzioni per garantire la democrazia e per corrispondere alle esigenze del Paese resterà un suo continuo monito, una sua ossessione”.

Uno sguardo, quello di Napolitano, che non si è mai fermato ai confini dell’Italia, ma si è spostato oltre. “Il suo richiamo all’Europa non era retorica – ha ricordato il commissario europeo Paolo Gentiloni, già presidente del Consiglio -, era il frutto di un cambiamento di rotta all’interno del suo partito, il Pci, per il quale Napolitano si era battuto sul piano politico e culturale”. Evoluzione che andò “di pari passo con la scelta atlantica: anche di questa Napolitano, senza mai rompere con la sua parte politica, fu precursore e sostenitore coerente per mezzo secolo”. Per Napolitano, ha sottolineato ancora Gentiloni, “la scelta europea è stata scelta di campo, di vita, di libertà. Non era un’Europa qualsiasi, era l’ideale progetto di un’autentica integrazione europea. Un’Europa più unita”, che dunque potesse essere “più forte sul piano geopolitico in difesa della libertà e più giusta per l’avanzamento dei ceti popolari. Progetto quanto mai attuale”, che “è stata la bussola di Napolitano nel corso dei decenni”.

“Tarderà a nascere un italiano con le sue qualità, non a caso una delle citazione più belle che compaiono nei suoi discorsi è di quel giovane condannato a morte della Resistenza che scrive alla madre: ‘Ci hanno fatto credere che la politica è sporcizia o è lavoro da specialisti e invece la politica, la cosa pubblica, siamo noi stessi’. Giorgio Napolitano lo ha insegnato a tutti noi”, ha detto Giuliano Amato, già presidente della Corte costituzionale e più volte ministro e presidente del Consiglio. “Dell’Europa fece una missione per sé e per l’Italia. Portò lui al Parlamento europeo Altiero Spinelli”, ha aggiunto Amato, “elogiava la democrazia parlamentare che consente, oggi direi, consentiva il confronto” tra maggioranza e opposizione “offrendo un processo in cui si incontrino e si dia luogo a una legge che non è una creatura della maggioranza, ma dell’istituzione, del Parlamento”.

A prendere la parola anche un altro protagonista della vita politica italiana, Gianni Letta, che ha vissuto con Napolitano momenti che negli ultimi giorni sono tornati a popolare le pagine dei quotidiani. Giorgio Napolitano e Silvio Berlusconi erano “due persone così lontane, due storie distanti, due mondi opposti, due figure diverse, chiamate a condividere i massimi incarichi dello Stato. Poteva essere difficile quella convivenza e non fu sempre facile, non mancarono i momenti di tensione e le polemiche, ma da tutte e due le parti non vennero mai meno la volontà e la forza di mantenere il rapporto nei binari della correttezza istituzionale”, ha sottolineato Letta. “Mai in Giorgio Napolitano è venuto meno in lui l’altissimo senso delle istituzioni, che lo ha sempre guidato nel suo impegno politico, specie nelle fasi più difficili per lui, ovvero i governi Berlusconi”, sottolinea l’ex sottosegretario alla presidenza del Consiglio. Dopo la scomparsa di Berlusconi ora quella del presidente Napolitano a tre mesi di distanza, nota Letta. “Mi piace immaginare che incontrandosi lassù possano dirsi quello che non si sono detti quaggiù”, chiarirsi “e ritrovarsi nella luce”.

Un funerale laico, sì, ma lo ha ricordato il cardinale Gianfranco Ravasi, Napolitano era “attento al discorso spirituale, nel senso più ampio e alto, non confessionale”. Ha raccontato alcuni episodi della loro amicizia, in particolare come il 5 ottobre 2012, ad Assisi, nell’ambito dell’iniziativa “Il Cortile dei gentili”, “Napolitano tenne una straordinaria lezione sul rapporto società-religione, ma soprattutto alla fine raccontò il momento in cui lasciò la sua pratica religiosa, ma confessò di rispondere sempre a un intimo desiderio di raccoglimento, sfuggendo all’assillo degli impegni da cui si rischia di non sollevare lo sguardo”.

Ad aprire le esequie, però, la famiglia. Di fronte alla compagna di una vita, Clio Bittoni, hanno ricordato Napolitano il figlio, Giulio, e la nipote, Sofia May. Difficile, hanno ricordato, scindere la vita personale da quella politica, quando l’impegno è così profondo e radicato. “Per mio padre, la politica non era solo un’attività intellettuale: era scelta etica e motivazione morale, partecipazione fisica e affettiva insieme alle persone, ai lavoratori e ai cittadini, nelle campagne, nelle fabbriche, nei centri di studio e di cultura, nelle assemblee popolari, nelle piazze d’Italia – a cominciare da quelle della sua amata Napoli -, nelle sezioni e feste di partito, come nelle aule parlamentari, negli uffici ministeriali e istituzionali, giorno dopo giorno, senza mai risparmiarsi”, ha detto Giulio Napolitano. “Ha combattuto buone battaglie e sostenuto cause sbagliate e cercato via via di correggere errori, di esplorare strade nuove tra questi nuovi percorsi”.

“Ci ha insegnato a trattare chiunque con rispetto e cortesia a prescindere dalle convinzioni. Ci scriveva sempre, anche quando non sapevamo ancora leggere, ci telefonava quando vedeva dei cartoni in televisione che pensava ci sarebbero piaciuti. Ci veniva a prendere a scuola e ci portava a villa Borghese per un gelato. Ha sempre trovato il tempo per me e Simone, nonostante i suoi impegni”, ha detto la nipote Sofia May Napolitano. “I consigli che ci ha dato ci fanno sentire fiduciosi in noi stessi quando dobbiamo affrontare scelte personali”.

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