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L’operazione verità che nessuno ha mai fatto prima. Il corsivo di Cangini

Un discorso intellettualmente onesto quello di Giorgia Meloni sul tema migranti: l’ammissione della differenza che passa tra la faciloneria di chi si trova all’opposizione e le oggettive difficoltà di chi ricopre funzioni di governo. Se si è trattato di semplice tattica, queste parole non porteranno a nulla. Ma se la scelta fosse strategica potrebbero rivelarsi il presupposto di una svolta decisiva. Il commento di Andrea Cangini

Lo scorso 25 settembre il centrodestra vinceva le elezioni e, secondo tradizione, i giornali pubblicano oggi pensosi bilanci di questo primo anno dell’era Meloni. A parte il Giornale, nessuno ha letto in positivo l’ultima uscita del presidente del Consiglio in materia di immigrazione. Quei pochi che se ne sono occupati, l’hanno fatto in chiave critica: un segno di impotenza. Lettura legittima, ma forse parziale.

Di sicuro la gestione dei migranti è il nervo più scoperto del governo in carica, ma averlo messo a nudo in tutta la sua complessità è stata una novità assoluta. “Abbiamo lavorato tantissimo, i risultati non sono quelli che speravamo di vedere. È un problema molto complesso, ma sono certa che ne verremo a capo. Questo tema merita una seconda fase”, ha detto Giorgia Meloni. Un discorso intellettualmente onesto, l’ammissione della differenza che passa tra la faciloneria di chi si trova all’opposizione e le oggettive difficoltà di chi ricopre funzioni di governo.

Se si è trattato di semplice tattica, queste parole non porteranno a nulla. Ma se la scelta fosse strategica potrebbero rivelarsi il presupposto di una svolta decisiva. Dai migranti alle tasse, dall’Europa alle banche, dai tassisti all’identità della Destra, Giorgia Meloni ha il problema della coerenza. Ma nessuna coerenza è possibile nel passaggio fisiologico dalla demagogia alla politica. “Governare – diceva il cancelliere tedesco Otto von Bismarck – è l’arte del possibile”. Piuttosto che continuare a promettere l’impossibile, o minimizzare i problemi, o attribuirne la colpa a nemici oggettivi creati ed hoc contribuendo all’esasperazione di un quadro politico già fortemente polarizzato, meglio sarebbe ammetterli e spiegarne la complessità senza finzioni né ipocrisie. Un’operazione verità che assicurerebbe al presidente del Consiglio l’aura dello statista e che le garantirebbe la simpatia e la stima dell’elettorato moderato oggi riparato nell’astensionismo, dei partner internazionali e dei mercati finanziari. È vero, nessuno l’ha mai fatto prima. È vero, come è vero che da trent’anni a questa parte nessuno è mai riuscito a vincere due elezioni politiche di fila.



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